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 2012  agosto 30 Giovedì calendario

CIAK PRIMA, COM’È MOSCIA VENEZIA

La stagione del salasso viene e va. “Scusi, ma la bottiglia d’acqua ieri non costava un euro in meno?”. “Ieri era ieri, oggi è oggi. Inizia il Festival”. Due ore dopo, ad altre latitudini. Bibita e panino, 9 euro: “Lo scontrino? Ci è saltata la corrente”. Con le famigerate cortesie per gli ammutinati, il Bounty veneziano officia le sue liturgie. B&B e 2 stelle esauriti. Cipriani, Excelsior e Danieli con voragini riempite da portieri d’albergo trasformati in zelanti megafoni: “Siamo pieni al 98 per cento”. Residenze di lusso come Villa Laguna, semivuote da lunedì. Nel mezzo di un pomeriggio umido e interlocutorio, le strade del Lido deserte, i poliziotti a sbadigliare in attesa dei temibili sovversivi del Teatro Valle in sinergica protesta con i lavoratori di Cine-città, il Presidente della Biennale Paolo Baratta non è sfiorato dal dubbio. “Le sembra vuota? Sbaglia. Internet non mente. Guardi i dati. Presenze +13%. Abbiamo fatto un lavoro straordinario. Vede alle sue spalle? C’era un buco, adesso c’è un giardino. Manteniamo le promesse, noi”. La promessa, occultare con estetica urgente ma discutibile, una fetta dell’abbaglio gigantista (40 milioni di euro per costruire il nuovo palazzo del cinema e incontrare l’amianto) nascondere oltre le transenne l’altra parte della storia. Superate strisce di prato da circolo tennistico, sedie di plastica, un incongruo rinoceronte dello stesso materiale e una colata di cemento fatturata altri due milioncini, ecco il mostro.
È PROFONDO, presente e forse un giorno, con le sue domande, sparirà. Sarà forse per autoironia che la fermata del Lido (sbarcando da vaporetti comodi come le chiatte che, tra gli squittii dei giapponesi impegnati a fotografare: “Wow, it’s wonderful”, trasportano i camion regia della Rai) è stata ribattezzata “San-t’Elisabetta-Monte d’amianto”. Perché lo sanno tutti, giura il Caronte locale “che ci hanno avvelenato”. Il Sindaco del Pd, Giorgio Orsoni, preferisce continuare a sognare. Da Cà Farsetti (i nomi hanno una loro importanza) blatera di “un grande albergo” da erigere in luogo dello sprofondo, mentre a pochi metri, in stato di abbandono, giace un vanto dell’ex Isola d’oro, l’Hotel Des Bains. Le finestre aperte, la scritta in rovina e il plexiglas verde in guerra con la vegetazione, riportano alla mente Mann e tutte le morti, vere o evocate, di una memoria in sofferenza. Mentre la Rai confinata in pensioni dal prezzo flessibile, fa i conti con la sobrietà di un’era gemella della precedente (80 euro da listino, lievitati del 400%, qualcuno ha mai sentito parlare di stecca?), lo Stato non rinuncia alla cartolina lagunare. Cancellieri (ripartita) E poi Clini, Ornaghi e Catricalà. Tutti in fila per la festa inaugurale. 1.100 invitati. Un menù degno dei “puzzle di spigola” irrisi da Sorrentino. Orge di Astici, vino , baci e abbracci. Nel crepuscolo, ci si riconosce tra simili. In un quadro di Picasso, finestre arrugginite, fili elettrici in libera uscita, major in fuga e dati estivi preweimariani (sale in crollo del 33%), il direttore Barbera proverà a dipingere cinema. Saprebbe come fare. Ha accalappiato randagi di genio (Anderson, Malick). È in buona fede. Sa di cosa parla. Ma al di là di un’oscurità che anche simbolicamente, dal Casinò alla sala stampa, sembra la cifra stilistica di una punizione, non ignora che la sua seconda volta non sarà valutata per l’esclusiva qualità del prodotto. Far ripartire il rimorchiatore mettendo a dieta concorso e lustrini, in un sistema che si pretende industriale, non basta. Carlo Rossella, grande assente (niente cena Medusa, la Rai invece si attovaglierà, in arrivo Tarantola), molto meno: “Vorrei rassicurarvi, non sono morto. Ho naso e Venezia 2012, mi pare mestissima. Arrivo domani per 2 ore, saluto e riparto”. Rimpianti Carlitos? “Je ne regrette rien”. Nessuno. Edith Piaf, Berlusconi al pianoforte. Come eravamo. Qualche nostalgia, si trova sempre.
Eliminati il pericolo maoista in esilio romano e le Dragomira Bonev, servirebbe un salto. Una terza via-fa male dirlo- tra Lapo Elkann e Manoel De Oliveira.
NON L’ECCESSO alcolico dell’ex caudillo di giuria Aronofsky rivolto a Clooney: “Su quella sedia, tra il presidente Napolitano e la Portman, mi pisciai addosso. Ma la sala è stata rinnovata e quindi se c´è nuova umidità non è la mia”, ma un sorriso in equilibrio tra il glamour, mai come ora elemosinato dai potentati legati alla sorella Biennale (Prada, Gucci) e l’arte. Una costruzione capace di annichilire la cappa bulgara che certe languori per le edizioni anni ’50, testimoniate da gigantografie su pareti circondate da tende ocra ospizio, rivelano come summa filosofica. Barbera è convinto di esserci riuscito.