Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  agosto 30 Giovedì calendario

JENS WEIDMANN HERR NEIN

[Chi è, come ragiona il «Signor No» che guida la Bundesbank, l’uomo che si oppone all’acquisto di titoli di stato dei paesi in difficoltà, come ha ribadito nell’ultima intervista a «Der Spiegel», e si sente custode del rigore preteso da Berlino? Dopo l’incontro Merkel-Monti, confronto decisivo il 6 settembre: alla riunione della Bce Mario Draghi dovrà affrontare Weidmann per imporre una visione pragmatica della politica] –
Quando la cancelliera Angela Merkel annunciò la nomina di Jens Weidmann, suo consulente economico, alla presidenza della Bundesbank nel febbraio 2011, lo shock fu palpabile in tutto l’establishment tedesco. Non tanto perché l’allampanato quarantaduenne, il più giovane presidente della storia della banca centrale, con l’aspetto da ragazzino, non si intonava granché con l’immagine brizzolata dei predecessori. Si temeva che, essendo stato uno dei più stretti collaboratori della cancelliera per cinque anni, sarebbe stato poco propenso o non in grado di mantenere l’autonomia dell’istituzione che incarna la disciplina monetaria tedesca. Il quotidiano economico Handelsblatt pubblicò una pungente vignetta (vedere a pagina 72) raffigurante un’imponente signora Merkel che metteva un Weidmann grande come una bambola in una scatola contrassegnata dall’etichetta «Bundesbank». E l’editoriale che accompagnava quell’immagine ammoniva che il «Sacro Graal» dell’indipendenza della banca centrale, sancita dallo statuto, correva il pericolo di restare senza custode. Diciotto mesi dopo quella percezione è cambiata.
Lungi dall’essere uno strumento della cancelliera, Weidmann è diventato un critico sempre più esplicito dei tentativi messi in atto da Merkel per affrontare la crisi dell’eurozona. Weidmann ha espresso pubblicamente un monito contro il superamento dei termini del mandato da parte della Bce: ha infatti criticato l’idea di usare i fondi della banca centrale per acquistare titoli sovrani sul mercato proprio pochi giorni dopo che Merkel sembrava avere dato il proprio benestare affinché Mario Draghi, presidente della Bce, facesse «tutto il necessario» per proteggere l’euro e l’eurozona. Weidmann è stato l’unico a manifestare parere contrario sull’ultimo piano di Draghi, che aprirebbe la strada a nuovi acquisti di titoli di stato da parte della Bce, a condizione che i paesi in difficoltà accettassero le clausole imposte dai fondi di salvataggio dell’eurozona. La questione è se l’uomo di Angela Merkel sia improvvisamente diventato il suo Thomas Becket, il lord cancelliere inglese del XII secolo che fu inviato da re Enrico II come arcivescovo di Canterbury per piegare il potere della Chiesa e che invece ne diventò il più grande difensore, e una spina nel fianco del monarca.
«Ha riportato la Bundesbank alla tradizione » afferma Thomas Mayer, economista della Deutsche Bank «che combatte i cancellieri tedeschi fin dai tempi di Konrad Adenauer. E di solito vince la banca». Eppure Weidmann, che parla con toni pacati, non sembra il tipo che vuole fare la voce fuori dal coro, il difensore della pura fede monetarista e il flagello della cancelliera. Appena ha tempo ama coltivare peonie nel suo giardino in campagna, nel cuore della zona vitivinicola del Rheingau, e inventare dessert esotici da gustare a cena, come il gelato al tè verde fatto in casa (confessa che non tutti i suoi ospiti apprezzano).
Nessuno l’ha mai visto urlare e arrabbiarsi ed è sempre stato un perfetto funzionario di stato, nelle vesti di assistente personale di Horst Köhler, quando era amministratore delegato del Fondo monetario internazionale, poi segretario generale del Consiglio dei consulenti economici e infine capo del dipartimento di politica monetaria della Bundesbank dal 2003 al 2006. Weidmann fu raccomandato a Merkel proprio da Köhler, al tempo presidente della Repubblica Federale, e da Axel Weber, professore di Weidmann all’Università di Bonn, le cui dimissioni dalla Bundesbank hanno comportato la nomina dell’ex braccio destro della cancelliera. Nonostante il comportamento piuttosto schivo, Weidmann ha influito in modo determinante sulla risposta della cancelliera alla crisi dell’eurozona, anche nel raccomandare il coinvolgimento del Fondo monetario in Grecia, contro una forte opposizione da parte di Wolfgang Schäuble, il ministro delle Finanze tedesco. Bert Rürup, che era capo del Consiglio dei consulenti economici quando Weidmann era segretario, una volta disse: «Ha bevuto la politica monetaria con il latte di sua madre». Rürup l’ha definito «resistente allo stress e abile negoziatore », dietro quel sorriso disarmante. Un ex ambasciatore francese che prese parte ad alcuni negoziati con Weidmann sulla proprietà dell’Eads, un’importante azienda del settore aerospaziale, disse che aveva «un pugno di ferro in un guanto di velluto».
«È sempre stato piuttosto combattivo, anche quando lavorava per la cancelliera » ricorda un osservatore di lungo corso della Bundesbank: sostiene che avessero in comune un certo senso della cautela. «Weidmann è stato il principale architetto della strategia dei piccoli passi di Angela Merkel». L’osservatore ritiene che coloro che criticarono la nomina alla Bundesbank avessero «frainteso il modo in cui Weidmann lavora. Era molto felice di tornare a Francoforte e adesso è molto più attento di Weber nel fare funzionare bene la sua istituzione». Weidmann piace al suo staff. «Come diciamo in tedesco, lui ha lo Stallgeruch, l’odore della stalla», ovvero sa sporcarsi le mani con il lavoro, afferma un collega. «L’aveva prima di andare a Berlino e l’abbiamo ritrovato quando è tornato. È molto cortese, amichevole e aperto. Ha intelligenza acuta e solidi principi su cui basa le sue argomentazioni. Weidmann ha deciso che l’indipendenza della banca centrale non deve cadere per la prevalenza della politica fiscale ed è radicato nell’ortodossia della Bundesbank».
E una tale ortodossia non sorprende certo coloro che lo hanno conosciuto nell’ufficio della cancelliera. «Ha sempre tenuto quella posizione nei dibattiti interni» sostiene uno di loro. «Angela Merkel sa che questa è la sua convinzione. L’unica differenza è che il dibattito adesso è pubblico». Per la verità, Mayer ritiene che il ruolo che Weidmann sta giocando sia di aiuto tanto alla cancelliera quanto a Draghi. «È riuscito a ristabilire il ruolo della Bundesbank come coscienza dell’Unione monetaria europea e custode del patrimonio del marco tedesco» dice. «Se non esistesse, la gente in Germania sarebbe molto più preoccupata per la crisi dell’eurozona».
Pertanto, sembra piuttosto improbabile che Merkel abbia la tentazione di ripetere le parole che si suppone re Enrico abbia pronunciato su Becket: «Chi mi libererà da questi preti turbolenti?».