Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  agosto 30 Giovedì calendario

I MAGRI «RISPARMI» DEL TESORO SUGLI INTERESSI

La riduzione dei rendimenti dei BoT piazzati ieri in asta non farà forse piacere ai tanti risparmiatori che ancora si affidano al titolo di Stato a breve termine, ma resta pur sempre una buona notizia per l’Italia intera perché il Tesoro può infatti risparmiare sul costo degli interessi. Certo, emettendo i titoli per 9 miliardi a un tasso lordo dell’1,585%, le casse dello Stato hanno potuto sborsare quasi 40 milioni in meno rispetto a quanto avrebbero fatto se i tassi fossero rimasti al 2,454% di un mese fa: una goccia nel mare del debito pubblico italiano, che viaggia invece dritto verso i 2mila miliardi.
Se però una riduzione dei tassi simile la si proiettasse sui BTp a 5 e 10 anni in emissione oggi il «risparmio» rispetto al mese scorso sarebbe più sostanzioso e si avvicinerebbe ai 500 milioni nell’arco dell’intera durata dei titoli. In un recente studio, UniCredit Research ha anzi calcolato che se i tassi si riducessero di 100 punti base su tutte le scadenze, il costo medio annuale del funding del Tesoro si ridurrebbe al 3,06% dal 3,41% attuale: un impatto quantificabile in circa un miliardo di euro e tutt’altro che disprezzabile.
Il problema è che se sulle scadenze brevi (i BoT) si è assistito a un sensibile calo dei rendimenti, sulle durate più elevate non siamo poi molto distanti dai livelli di un mese fa. Se i valori che giravano ieri sul mercato secondario dovessero infatti essere confermati all’asta odierna, il nuovo BTp decennale sarebbe emesso al 5,86% anziché al 5,96%, quello a 5 anni al 4,72% invece del 5,29% e il «risparmio» complessivo sarebbe di poco superiore ai 100 milioni.
Finora infatti le mosse della Bce, quelle realmente effettuate (l’azzeramento della remunerazione sui depositi «overnight» delle banche) e quelle che il mercato si aspetta di vedere a breve dopo le parole del presidente Mario Draghi (il riacquisto dei bond sovrani) hanno infatti avuto grande impatto sui titoli a brevissimo termine, qualche effetto fino alle scadenze a 3 anni (quelle probabilmente interessate dai nuovi interventi), e sono passate invano sulle obbligazioni di durata superiore.
Negli ultimi mesi il Tesoro è riuscito a gestire le emissioni in modo da ridurre la durata media del debito italiano (scesa dai 6,99 anni di fine 2011 ai 6,69 di giugno) e quindi il suo costo. È evidente però che una mossa del genere, per quanto utile, non possa essere sufficiente per evitare il progressivo allargamento della spesa per interessi: la risposta deve essere cercata altrove, a cominciare da quello scudo anti-spread azionato dai fondi Efsf ed Esm sul quale si fatica, per adesso, a trovare l’accordo.