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 2012  agosto 30 Giovedì calendario

MAI VIOLATO IL SEGRETO I PARTITI ERANO CORROTTI E TUTTI LO SAPEVANO


Onorevole Di Pietro, i rilievi a Mani Pulite dell’ex ambasciatore Reginald Bartholomew sono pesanti, sebbene non inediti da noi.

«E sono curiosi, perché mi hanno accusato del contrario, cioè di essere stato, insieme col pool, un burattino degli Stati Uniti che volevano far fuori i filoarabi Giulio Andreotti e Bettino Craxi. Accuse senza senso, naturalmente. Adesso me ne rivolgono di nuove, che contraddicono le precedenti, e altrettanto insensate. Vorrei entrare nel merito».

Prima accusa: avete violato sistematicamente i diritti di difesa degli imputati.

«Ci sono decine di sentenze che dicono il contrario. C’è una relazione della commissione parlamentare del ’96 secondo cui noi non fummo aguzzini ma semmai vittime di una serie di diffamazioni per le quali siamo stati risarciti. Sono stato sotto inchiesta per queste accuse e prosciolto ogni volta».

Non abbiamo mai avuto la percezione che lei sarebbe stato condannato.

«Perché avevate torto».

Perché ci sembrava non ci fossero i presupposti, diciamo, politici.

«No, perché avevate torto. Sono stato prosciolto tutte le volte per insussistenza del reato».

È vero ma qualche volta, prosciogliendola, i giudici hanno criticato i suoi comportamenti.

«Bisognerebbe vivere due volte per rimediare nella seconda vita agli errori commessi nella prima. Ma non ho mai commesso reati, non ho mai volontariamente violato la legge».

La carcerazione preventiva per estorcere confessioni aveva aspetti da tortura.

«La carcerazione preventiva non serviva per estorcere confessioni, ma seguiva la legge e le regole, come dimostrato da decine di sentenze e mi dispiace che il povero Bartholomew, pace all’anima sua, ci rivolga accuse tanto gravi delle quali, fosse in vita, dovrebbe rispondere in tribunale».

Non lo pensava soltanto Bartholomew. Come dice nell’intervista, riunì sette importanti giudici italiani che concordarono con lui.

«Peccato che Bartholomew non possa più farne i nomi. Mi piacerebbe se saltassero fuori, magari con l’aiuto della “Stampa”. E mi piacerebbe che questi sette giudici ripetessero in pubblico delle valutazioni che fin qui hanno fatto in privato e nell’anonimato. Semmai il caso dimostra che l’ambasciatore basava le sue opinioni su notizie inquinate, e glielo dimostro. Si tratta della seconda accusa, secondo cui avremmo offeso il presidente Bill Clinton recapitando a Napoli un avviso di garanzia a Berlusconi. Primo errore: era un invito a comparire. Secondo errore: non lo abbiamo recapitato a Napoli ma a Roma...».

Onorevole, sono dettagli.

«No, per niente. Infatti noi abbiamo recapitato un invito a comparire a Roma e dopo la chiusura del vertice. Fu il “Corriere della Sera” ad anticiparlo con Goffredo Buccini che si è sempre rifiutato - e io ne rispetto le ragioni - di svelare la fonte. Le inchieste hanno dimostrato che le fonti erano potenzialmente numerose e noi del pool siamo stati assolti».

Bartholomew è noto per una leggenda che gira da tempo. Partecipò, nel giugno ’92, all’incontro sul panfilo Britannia nel quale sarebbero state pianificate le privatizzazioni. Forse voi eravate andati troppo oltre...

«Adesso non esageriamo. E poi io di questo Britannia non so nulla».

Non ci credo neanche se me lo giura su sua madre.

«E che vuole che le dica? Quella nave mi è sfuggita».

Domani (oggi per chi legge, ndr) pubblichiamo un’intervista in cui il console generale Peter Semler la ricorda con più simpatia. Dice che vi incontravate spesso.

(Legge l’intervista, ndr) «Il nome mi torna in mente adesso, non lo ricordavo più. Ma quello che racconta è sostanzialmente vero con alcune imprecisioni».

Compreso il fatto che lei gli anticipò nel novembre del ’91 il coinvolgimento della Dc e del Psi ai massimi livelli?

«Be’, lì temo che faccia confusione, che sovrapponga - sono passati più di vent’anni - conversazioni avvenute in momenti diversi. Non potevo anticipargli il coinvolgimento dei vertici di Dc e Psi perché, in quel novembre, già indagavo su Mario Chiesa ma non avevo idea di dove saremmo andati a parare».

E allora perché Semler lo dice?

«Perché, ripeto, confonde conversazioni avute in tempi e con persone diverse. (Mostra un report inviato da Semler a Secchia, il predecessore di Bartholomew, in cui un esponente della Rete, forse Nando Dalla Chiesa, gli parla dell’imminente fine del pentapartito. L’archivio di Di Pietro è ancora portentoso, ndr). È del 25 febbraio, otto giorni dopo l’arresto di Mario Chiesa. Vede che si confonde?».

Questo non dimostra nulla.

«Sto facendo un’ipotesi. Per dire che Semler incontrava e parlava con molta gente. Ma nel novembre del 1991 non potevo anticipargli ciò che non sapevo. C’è però un punto. Mani Pulite non è cominciata nel ’92. È cominciata a metà degli Anni Ottanta con una serie di inchieste che non portarono a nulla, per ragioni politiche e perché la corruzione è un reato che si compie in due, e quindi ci si protegge a vicenda. Era un eterno coitus interruptus. Noi invertimmo il percorso, partendo dai fondi neri creati per pagare la politica e spezzando così il patto omertoso. Di questo posso aver parlato con Semler. Ma che Dc e Psi e anche il Pci fossero partiti corrotti, in Italia lo sapevano tutti. In fondo Mani pulite fu la scoperta dell’acqua calda».

Perché si incontrava con Semler?

«Perché lo desiderava. Faceva il suo lavoro. Voleva capire e infatti capì perfettamente, a differenza di altri suoi connazionali. E incontrò un sacco di altre persone».

Non è irrituale?

«No. Non ho mai violato il segreto istruttorio».

Vede che il suo rapporto con gli Usa era saldo? Fu invitata anche dal Dipartimento di Stato.

«In America ci ero stato anche prima per atti di indagine. Poi fui invitato come succede a molti. Ma voi che pensate: aveva ragione Bartholomew che diffidava di me, o Semler che mi ricorda volentieri? (Sorride, ndr)».