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 2012  agosto 30 Giovedì calendario

ALESSANDRIA LA GRECIA IN PIEMONTE


Si suda, ecco cos’è il dissesto finanziario. Camicie madide, appiccicate alla schiena, in sala consiliare. Hanno spento i condizionatori per risparmiare sull’elettricità. L’ascensore principale del Municipio è rotto da cinque mesi, ma non ci sono soldi per aggiustarlo.

E poi hanno ritirato 300 telefoni cellulari giudicati inutili. Revocato 6000 permessi per il parcheggio gratuito, che non avevano ragion d’essere. «Risparmi doverosi». «Razionalizzazione». «Folclore». Ma insomma... In questa piccola Grecia che è la città di Alessandria, «il default» morde soprattutto le caviglie dei più deboli.

Da quattro mesi non vengono pagati straordinari e buoni pasto ai settecento dipendenti comunali. Quello che manca, si inventa. Non ci sono neppure i fogli per le fotocopie. «Chiediamo ai cittadini di portare il necessario da casa» dice Rita Zoboli, impiegata dell’ufficio relazioni con il pubblico. Sta fumando una sigaretta in cortile a fine turno, si definisce «l’ultima ruota del carro, impiegata di fascia b». E di quello che sta succedendo qui, nella pianura bollente di fine agosto, fra Milano e il mare, dice: «Sono giorni di profonda amarezza. La città sta guardando in faccia il suo futuro». Mancano soldi. Mancano soldi per tutto.

Cinque ore di sciopero dei mezzi pubblici. I dipendenti dell’Atm hanno ricevuto solo un acconto di 700 euro sullo stipendio di agosto. «Siamo così mal messi - racconta un autista - che usiamo pezzi di vecchie carcasse per aggiustare i pullman di linea, i pneumatici sono consunti, il gasolio sta finendo». Sciopero ad oltranza dei dipendenti dell’Amiu, raccolta rifiuti, a cui l’ultima busta paga non è proprio arrivata. Il conto in banca della società partecipata è stato pignorato. Così oggi c’è immondizia a marcire al sole anche in via Martiri, all’inizio dell’area pedonale.

Adesso sono tutti davanti alla prefettura a manifestare. «Non si scherza sulla pelle dei cittadini!». «Saremo un’altra Napoli, lasceremo rifiuti ovunque», urlano. Ma si vede che ci credono poco. Qui nessuno è abituato a protestare. Alessandria è una città pacata di provincia, di nebbie, calure e aria immobile. «La cosa che mi fa più male - dice l’impiegata Rita Zoboli - è che si sapeva che saremmo arrivati a questo punto. Ma ora tocca a noi pagare, non a chi ha sbagliato». È una considerazione, forse, non del tutto vera. La procura della Corte dei Conti ha denunciato un danno erariale di 10 milioni di euro. Danno da spartire fra il sindaco, l’assessore alle finanze e il ragioniere capo della passata giunta di centrodestra. Secondo l’accusa, sono loro i responsabili: Piercarlo Fabbio, Luciano Vandone e Carlo Alberto Ravezzano. Rinviati a giudizio per truffa allo Stato, abuso d’ufficio e falso in bilancio. E quello che è successo, si può riassumere così. Per anni si è speso troppo. Entrate per 87 milioni, uscite per 105. Liquidità disinvolta. Bilanci opachi. Magheggi finanziari. Debiti spalmati sul futuro. Ora, però, è venuto il momento della resa dei conti.

Alessandria è il primo grande comune italiano dichiarato in dissesto finanziario. Oggi arrivano i commissari a controllare nei dettagli la situazione. Il buco si aggirerebbe intorno ai 100 milioni di euro. «Ma gli ultimi bilanci sono ballerini - dicono in Comune - interi capitoli cancellati». E così, alla fine, la situazione potrebbe essere anche più grave.

Il sindaco del Pd Rita Rossa, in carica da tre mesi, va in giro sotto la canicola per cercare di rassicurare: «Abbiamo eredito questa situazione dalla sciagurata gestione precedente. Ora siamo disposti a fare sacrifici, ma non intendiamo morire». Si chiude in prefettura con i rappresentanti sindacali. Ogni mezz’ora qualcuno esce per dare aggiornamenti. Alle quattro tocca ad Alessandro Porta della Uilt Trasporti: «La situazione è drammatica, ma stiamo trovando un accordo per la mensilità di agosto. Dovreste vedere la faccia del prefetto, c’è molto stress».

Alessandria è una piccola Grecia perché i bilanci, secondo l’accusa, sono stati truccati. È una piccola Grecia perché il debito è in mano a banche che hanno chiuso i rubinetti. È una piccola Grecia, anche, perché il sindaco Rossa spiega: «Abbiamo bisogno di più tempo per pagare. Se vogliono tutto e subito, rischiamo di morire».

Intorno al Municipio, la città cerca di fare finta di niente. Le signore con i capelli vaporosi bianchi, sedute sulle panchine di Piazza della Libertà, esorcizzano la paura: «Perché Alessandria sì e Parma no? Non stiamo peggio di altri... Non ci piace questa cosa di essere il primo Comune fallito d’Italia». Ancora il sindaco Rossa: «Il governo ha stanziato soldi per salvare la Sicilia e per Napoli. E noi? Devono ascoltarci. Devono darci un segnale. Altrimenti sono pronta a fare gesti clamorosi».

Alle sei di sera si sbloccanoi fondi per gli stipendi di agosto, la prima battaglia è vinta. Per settembre si vedrà. Il parroco Gianni Toriggia: «Non so dire di chi sia la colpa, ma vediamo un disagio molto forte. Bisogna tornare a una gestione virtuosa della cosa pubblica». Alle sette di sera il sindaco spegne le luci, ma proprio tutte le luci del Municipio. La facciata, lentamente, diventa buia. Anche questo è dissesto.