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 2012  agosto 30 Giovedì calendario

IL PETROLIO DI PASSERA NON PASSER


«Il petrolio di Passera non passerà». Non è un gioco di parole. Il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, non ha fatto in tempo a illustrare il suo piano energetico, che prevede un raddoppio della produzione nazionale di idrocarburi, fino a coprire il 20% del fabbisogno nazionale contro l’attuale 10, che dal Piemonte, il governatore leghista Roberto Cota ha fatto risuonare la sua contrarietà.
Il presidente padano s’è infatti schierato con i cittadini di Carpignano Sesia (Novara) che s’oppongono a una trivellazione nei terreni circostanti, di proprietà comunale, dove l’Eni s’è piccata di trovare l’oro nero. I tecnici della multinazionale guidata da Paolo Scarioni ritengono che sotto a quei campi ci siano 245 milioni di barili, di cui almeno 80 estraibili, e sono disposti a investirci sopra 30 milioni di euro.
Ma già l’idea che si sondi il terreno (non si parla, per adesso, di estrazione), i 2.568 carpignanesi si sono inalberati, hanno fondato un comitato e votato massicciamente in un referendum contro l’ipotesi che il sindaco Giacomo Bonenti, eletto a capo di una lista civica, ha organizzato in trafinefatta.
«Il messaggio che è arrivato ai più alti livelli regionali è chiaro», ha detto Cota, «il 90 per cento di ’no’ nella consultazione popolare non verrà ignorato, anzi». Peccato che fosse un referendum «informale», alla buona, perché come ha scritto l’edizione torinese di Repubblica, si fosse trattato di una consultazione comunale tipo, avrebbe mancato il quorum del 50%.
Il governatore però non s’è formalizzato, anche perché, come ha detto, «tanti nel Novarese hanno ancora negli occhi il disastro del pozzo Tr24 di Trecate del ’94 che provocò danni ambientali enormi. I carpignanesi devono essere ascoltati quando esprimono il loro parere negativo». Fra i tanti c’è Cota medesimo, nato a Novara nel ’68, da padre foggiano e mamma autoctona e che, da queste parti, ha cominciato la sua ascesa politica, con la segreteria del Carroccio nei primi anni ’90.
A Carpignano, quando s’è sparsa la voce della trivellazione-sondaggio, hanno subito inalberato gli striscioni «Più riso, meno petrolio» e hanno invitato Maria Rita d’Orsogna, 40enne abruzzese che insegna matematica alla California State University e che è diventata una vestale ambientalista avendo guidato la rivolta contro le trivellazioni (per il greggio ma anche per il gas) nella sua terra d’origine.
Sul sito del Fatto c’è ancora una sua videointervista, in cui spiega che gli 80 milioni di barili estratti all’anno a Carpignano coprirebbero «solo» 50 giorni di fabbisogno nazionale e «solo» per 20-30 anni, il tempo di sfruttamento del pozzo. «Una quantità infima in cambio della quale avremo modificato la vita e l’economia delle persone», ha spiegato facendo brillare gli occhi azzurri e illuminando il bel viso acqua e sapone, dall’incarnato chiarissimo, incorniciato dai capelli biondi raccolti in una coda. Una fatina, capace però di giudizi durissimi: «È una cosa innaturale: un pozzo in mezzo a boschi e campi, solo una mente malata potrebbe aver partorito un’idea del genere», ha chiosato con grazia.
Non sappiamo se sia stato il blitz piemontese della studiosa o la mobilitazione dei cittadini che non vogliono sentire nemmeno parlare dei 700mila euro ipotizzati da Eni come compensazione a convincere Cota che, come ha riportato la cronaca novarese de La Stampa, però ha precisato: «Non essendo un tecnico, non posso sostituirmi al parere dell’ente regionale che dal punto di vista strutturale sta valutando il progetto. La conferenza dei servizi completerà il percorso di analisi senza condizionamenti. Nell’iter di valutazione però verranno tenuti in dovuto conto i pareri dell’amministrazione locale e dei residenti. Inoltre», ha concluso, «c’è il mio appoggio poiché mi metto dalla parte della gente. Le preoccupazioni non saranno dimenticate e nemmeno sottovalutate».
«La palla passa alla Regione», gli aveva detto Fabrizio Barini, consigliere provinciale del Pd, avvertendolo che «non si potrà appellare a una pozione di neutralità del territorio». Mentre il deputato locale del Pdl, Gianni Mancuso, in seguiti alla presa di pozione cotiana, ha auspicato «un parere negativo» della governo regionale al progetto, avendo lui già presentato, insieme a un altro Pdl, Gaetano Nastri, «un atto ispettivo per esprimere al Governo le perplessità che emergono dall’analisi di questa complessa vicenda». Se però anche Cota si arruola fra i Not in my back yard-Nimby cioè «non nel mio cortile», quanti non vogliono rogne intorno a casa loro, che cosa faranno gli altri comitati sorti in altre parti del Piemonte contro questa o quell’opera?
Da quelli che a Torrazza Piemonte (To) s’oppongono a una piccola centrale a biomasse che serve a scaldare le serre delle fragole idroponiche impiantate grazie a un progetto provinciale, a quelli che nell’Astigiano, a Cunico, non vogliono la centrale a biogas perché hanno calcolato che gli scarti agricoli e le deiezioni animali prodotte in loco non saranno sufficienti ad alimentarla e si dovrebbe farle arrivare da fuori.
E soprattutto i valsusini, che si oppongono alla Tav e ai treni veloci fra Lione e Torino, stigmatizzati un giorno sì e l’altro pure dal governatore, come la prenderanno?