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 2012  agosto 30 Giovedì calendario

I MERCANTILI CON LE VELE PER RIDURRE L’INQUINAMENTO —

Per ora si tratta solo di progetti o di prototipi. Ad uno stadio avanzato ma pur sempre progetti. Però nulla vieta di sognare: navi cargo che filano in mare spinte anche dalle vele. Per risparmiare e inquinare meno. Diversi centri di ricerche — dall’Asia all’Europa — ci stanno lavorando con impegno, suggerendo soluzioni interessanti che devono però trovare chi ci crede e che ci mette il denaro. Servono finanziamenti e interesse concreto. Come in ogni innovazione che comporta una scommessa.
L’idea base è quella di dotare alcune categorie di mercantili — una fascia compresa tra le 3 mila e le 10 mila tonnellate — di vele che aiutino i sistemi propulsivi tradizionali. Una sorta di ritorno a metodi «antichi» dove alla potenza del vento viene affiancata quella dei motori.
L’Università di Tokio ha di recente presentato un modello di nave dotata di nove «alberi» che «tengono» vele realizzate in alluminio e plastica. Non meno interessante — come sottolinea il New York Times in un articolo sul tema — il piano della B9 Shipping nordirlandese. È un mercantile di 3 mila tonnellate, lungo 100 metri, dotato di tre alberi alti 50 metri circa. Il progetto prevede che il motore sia a biogas in modo da ridurre l’impatto ambientale. I tecnici della B9, dopo aver eseguito delle prove in mare con una versione ridotta, si dicono ottimisti e incoraggiati dall’esperimento. Del resto devono esserlo se vogliono convincere qualcuno a metterci del denaro per andare avanti. Gli ingegneri nordirlandesi precisano che la costruzione del primo cargo potrebbe costare circa 40 milioni di euro e richiederebbe tre anni di lavoro. Ma ci sono uomini d’affari o società pronte a farlo?
Gli esperti rispondono con prudenza. I cantieri navali hanno un interesse limitato: loro costruiscono le navi ma sono altri che si accollano i costi del carburante. Dunque è a questi ultimi che deve arrivare il messaggio. Loro sanno come la spesa per il «pieno» sia sempre più elevata. Il New York Times scrive che il prezzo del carburante è cresciuto, in dieci anni, del 600 per cento. E allora questo può essere un incentivo a trovare il modo per «tagliare» introducendo le vele. E si ricorda l’apparato SkySails, realizzato circa dieci anni fa in Germania, che prevede l’applicazione di una gigantesca vela. Se tutto va bene — affermano i costruttori — si riduce il consumo di carburante tra il 10 e il 35 per cento.
Quanti seguono il mondo della navigazione aggiungono che l’adozione di propellente verde non è comunque solo una scelta. Le unità che entrano nelle acque statunitensi devono usare un tipo di carburante meno inquinante che costa circa il 60 per cento in più di quello tradizionale. Ed è possibile che anche le Nazioni Unite decidano delle restrizioni nella battaglia contro l’effetto serra. Quindi è necessario trovare delle risposte alternative. L’innovazione potrebbe riguardare una classe di mercantili particolare, quella che comprende cargo fino a 10 mila tonnellate. Il quotidiano americano, facendo due calcoli, parla di circa 10 mila unità, circa un quinto della flotta mondiale. Una fetta di mercato comunque importante che dovrebbe affrontare una trasformazione tutta da elaborare.
Nessuno ha fretta. Si vuole capire quali siano i margini di manovra, valutare i vantaggi del cambio e le eventuali controindicazioni. Chi osserva da vicino il settore avverte: «Non aspettatevi scelte rapide. C’è sempre paura di compiere passi sbagliati». Ma negli studi di ricerca sono convinti che il vento, prima o poi, spingerà quelle vele.
Guido Olimpio