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 2012  agosto 29 Mercoledì calendario

L’UMANITA’ CHE LAVORA NELLE VISCERE DELLA TERRA - C’è

un filo invisibile, in questi giorni, che lega il Cadore e il Sulcis. Mentre i lavoratori occupavano un pozzo delle ultime miniere sarde, ad Agordo i turisti riscoprivano cosa è stato per decenni il mondo dei minatori grazie a una mostra piccola e preziosa. È ospitata al Museo mineralogico e offre una ricca esposizione di copertine della Domenica del Corriere e figurine Liebig del collezionista Umberto Repetti tutte dedicate alla miniera. Tema ignoto o quasi ai bambini e ai ragazzi italiani salvo appunto quelli del Sulcis i cui genitori stanno disperatamente battendosi contro la disoccupazione. Anche la valle agordina, un tempo, era zona di miniere. E lo ricorda appunto una copertina di Achille Beltrame (autore anche di un acquarello di Santa Barbara conservato dalla chiesa di Rivamonte Agordino) sulla processione dei minatori in mezzo alla neve per la festa della patrona. Il grande illustratore vicentino, che dipinse tutte le copertine della rivista dall’8 gennaio 1899 fino al novembre 1944, alla vigilia della morte, aveva per il tema una vera passione. E così il suo successore, Walter Molino.
Ed ecco nel 1905 la copertina sul Sempione «finito dopo sette anni di lotta viva, accanita contro l’acqua, il calore, le frane». E poi quella del ’31 sul «duello rusticano» a colpi di piccone fra un francese e un portoghese nel ventre di Saint-Étienne. E quella del ’58 su Elisabetta d’Inghilterra che, col principe Filippo, era scesa in una miniera di carbone in Scozia: «Indossava una tuta bianca: sul capo, coperto da un passamontagna che le proteggeva il collo e le orecchie, portava l’elmetto con la caratteristica lampadina». E quella del ’48 su «la più strana gara: nella galleria principale di una miniera inglese, a più di 100 metri sotto il suolo, alcuni minatori si sono sfidati in una gara di velocità in bicicletta».
La miniera, però, per i due illustratori, era soprattutto lo spunto per raccontare tragedie. Come quella di Marcinelle: «Provenienti dai più piccoli paesi dell’Italia molti parenti delle vittime della spaventosa catastrofe mineraria hanno raggiunto il Belgio: lassù si sono incontrati con i superstiti, le vedove, i fratelli e gli orfani dei caduti e con loro, per giorni e giorni, sono rimasti in ansiosa attesa all’ingresso della miniera, nella speranza che i loro cari potessero essere salvati». I morti delle miniere, per Beltrame, erano tutti fratelli: quelli belgi della miniera di Walerschet-sous-Genek e quelli americani di Boulder in Colorado, gli africani annegati nelle gallerie allagate da un nubifragio a Sciumbani in Rhodesia e i cinesi affogati dall’acqua dopo la rottura d’una diga in Manciuria. Su tutti, il vicentino amava le storie di eroismo come quella dell’ingegner Binder che a Brux, in Boemia, morì nel 1902 per salvare i suoi operai. Spiegava l’articolo: «Un atto di eroismo più nobile certo delle storie di Muzio Scevola e di Orazio Coclite che ancora si insegnano nelle scuole! L’atto del Binder onora veramente l’umanità a cui apparteniamo tutti: l’umanità che pensa, soffre e lavora».