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 2012  agosto 29 Mercoledì calendario

«GIOVANNA E L’INUTILE SENSO DI COLPA»

L’amore è stato tanto e talmente definito da sfuggire a nuove definizioni: è il tempo che si occupa di ampliare o ridimensionare il suo valore. Ma ci può stare che una passione apparentemente esplosiva venga retrocessa, già nel giro di poche ore, a colossale equivoco.
«A me è capitato — racconta Giovanni Gastel, 56 anni, fotografo, poeta, cavallerizzo, nonché nipote dandy di Luchino Visconti — e m’ha fatto capire quanto si debba essere cauti nel valutare sentimenti e situazioni. Tanto più da giovani, quando ci sentiamo al centro del mondo...».
Spostiamo le lancette indietro di 40 anni, inizio dei ’70, camicie strette, minigonne, gioventù molto politicizzata ma pure in trincea sulla frontiera delle libertà sessuali.
Giovanni, il più giovane dei sette figli dell’imprenditore Giuseppe e di Ida Pace Visconti di Modrone (sorella minore del regista), ha 16 anni e gode della libertà concessa (mentre i fratelli maggiori rosicano) all’ultimo arrivato. «Un bellissimo periodo anche se al liceo ero un asino patentato: passavo il tempo scrivendo poesie e mandando bigliettini amorosi ad Alessandra, una mia compagna di classe, bella, mora, occhi verdi. Stavamo bene insieme, si studiava poco ma s’andava molto al cinema e al mitico Giamaica di Brera, posto frequentato da grandi fotografi. Lì forse ho cominciato a sognare questo mestiere».
Dato il profitto scolastico e il crescente interesse per la fotografia, esaltata da film come Blow Up e Z-L’orgia del potere, il longilineo Giovanni comincia a frequentare laboratori fotografici per inebriarsi degli odori di sviluppo e fissaggio nelle camere oscure. Ma non solo.
«Una sera capito da un amico in uno studio, con molta gente, vicino a via San Vittore. Io ero solo. A un certo punto si presenta Giovanna, bionda strepitosa, un po’ più grande, ultimo anno di liceo. Cado come in trance: parlavamo ma non sentivo nemmeno quello che mi diceva, capivo però che non le dispiacevo affatto. Non so come, a un certo punto rimaniamo soli e succede il patatrac. Mi sembrava d’essere su un altro pianeta, non avevo mai fatto l’amore con un tale trasporto...».
Dopo aver accompagnato a casa la maturanda Giovanna, per l’aspirante fotografo Giovanni si apre il conflitto morale. Perché pur nella disinvoltura amatoria degli anni 70, certe emozioni presentano poi il conto. Che fare dunque? «Avevo già voglia di rivederla, mi sentivo innamorato, inebriato dal suo amore anche se mi struggevo all’idea di lasciare Alessandra. Mi sono messo a girovagare per le vie deserte, ho fatto l’alba in piazza Mercanti, preso un triplo caffè in Galleria. La prima luce m’ha fatto vedere le cose chiaramente. Amavo Alessandra, con Giovanna era stata una follia: le avrei telefonato, mi sarei scusato per averla illusa e ferita...».
Così il tremante giovanotto compone il numero e confida alla ragazza il suo tragico stato d’animo, chiedendole di scusarlo e di non odiarlo: già ci pensa lui ad autodisprezzarsi.
Dall’altra parte imbarazzato silenzio, poi la risposta: «Ma che mi dici? Stai tranquillo caro, non avevo assolutamente intenzione di fidanzarmi con te. È stata una splendida serata, perché complicarla? Ora però scusami, ho molto da fare. Stai su eh, mi raccomando!». Ma come? E quel senso di colpa per aver rovinato la vita della bella sconosciuta? L’angoscia che lei non potesse sopravvivere a un congedo così brutale? Elucubrazioni d’un conquistador sedicenne: lei non se lo filava per niente. «M’aveva fatto sentire un maschio tronfio e presuntuoso: Giovanna era molto più libera e avanti di me. È stata una salutare lezione d’umiltà: ho capito che gli altri possono fare a meno di me».
Com’è finito poi quel curioso triangolo? Giovanna s’è eclissata per sempre. «Con Alessandra siamo stati insieme altri 3 anni, poi anche lei m’ha mollato. È tuttora una cara amica: se ho fatto il fotografo lo devo al suo incitamento».
E Giovanni? Un anno dopo l’addio di Alessandra incontrerà Anna Radice Fossati, come lui appassionata di cavalli. Ma certo non soltanto per questo diventerà poi sua moglie e mamma di Marco e Luchino.
Gian Luigi Paracchini