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 2012  agosto 29 Mercoledì calendario

ETIOPIA EITREA

Due uomini divisi da dieci anni di età ma per il resto legati da tutto: fede, passioni, battaglie, tanto che molti sono convinti che siano persino parenti. Due uomini che passano la prima metà della vita da fraterni alleati e il resto da furiosi nemici, divisi da un odio insanabile, legati non più dall’amicizia ma dal desiderio di annientarsi a vicenda; e che infine conoscono insieme la malattia, il declino, lo spettro della morte, accomunati loro malgrado anche nei giorni più estremi della vita. Potrebbe essere il soggetto di una buona tragedia, ma è una storia reale, e coinvolge non due individui soltanto, bensì le nazioni e gli Stati di cui entrambi sono alla guida, causando perciò pene e paure a milioni di persone e timori di instabilità a un’intera regione del globo.
Nello scorso aprile il presidente eritreo Issaias Afeworki venne dato per morto. La voce si rincorse per giorni su siti, televisioni, agenzie di stampa finché lo stesso Issaias comparve alla tv di Stato, il 27 aprile - un mese dopo che era stato visto in pubblico l’ultima volta - per dimostrare che la notizia era infondata. Tuttavia la sua riapparizione, impacciato, lento nel parlare, lascia dubbi sul suo stato di salute; ne egli è stato molto presente nei mesi trascorsi da allora.
Adesso è scomparso il presidente dell’Etiopia, Melles Zenawi. La voce è che sia ammalato di una gravissima leucemia e sia in cura in un ospedale belga. Il governo ammette che è ricoverato, ma insiste che non è nulla di serio; le opposizioni annunciano già che è morto; le ambasciate straniere dicono che è vivo ma spacciato. In ogni caso è parecchio che diserta tutti gli impegni di Stato.
È circa un ventennio che l’Eritrea indipendente e l’Etiopia sono in uno stato di guerra ora larvato, ora ferocemente combattuto al prezzo di decine di migliala di caduti, anche se nessuno sa bene per che cosa siano morti, se non un mucchio di sassi al confine e l’orgoglio luciferino dei due leader. Nel 2000 gli eritrei subirono una sconfitta cocente e le armate di Melles si fermarono quando la strada di Asmara era ormai aperta davanti ai loro tank: ma quel momento della verità non ha cambiato ne le politiche ne gli stati d’animo. Anzi. Issaias ha fatto dell’Eritrea un’unica grande caserma; per i giovani la leva militare è una sorta di «fine pena mai», il che spiega il costante flusso di ragazzi senza avvenire che cercano di raggiungere le coste europee. Come in tante storie africane, tutto sembrava cominciato nel migliore dei modi. Issaias e Melles erano compagni d’armi nella lotta comune contro il regime etiopico, che era all’epoca comunista e sanguinario. Erano alla guida di due movimenti ribelli in due province contigue: Issaias in Eritrea, Melles in Tigrai. Il primo combatteva per l’indipendenza; il secondo per un cambiamento politico radicale, il Fronte tigrino era di costituzione più recente di quello eritreo, che gli faceva un po’ da fratello maggiore (Issaias è del ’45, Melles del ’55), e qui sta in parte l’origine dei problemi successivi. Nel 1991 vinsero. I tigrini s’impadronirono di Addis Abeba e concessero l’indipendenza agli eritrei, che concludevano così una lotta costata trent’anni e sacrifici che hanno pochi termini di paragone nella storia umana.
I malintesi iniziarono quasi dal giorno dopo. Il Fronte tigrino, ormai al potere, mal tollerava il perdurante paternalismo della leadership eritrea, troppo prodiga di consigli non richiesti. Ma il suo problema era soprattutto di politica interna. Ad Addis Abeba, fin dai tempi dell’impero, avevano sempre comandalo gli Amhara, ora spodestati dai guerriglieri venuti dal nord che, come primo atto di governo, avevano accettato la separazione dell’Eritrea. Di qui le sorde accuse di tradìre l’interesse nazionale etiopico e l’ansia di Melles e dei suoi di dimostrare il contrario, sciogliendo i legami con il Fronte eritreo, ormai diventato un governo straniero. Issaias reagì accelerando a tappe forzate il processo d’indipendenza, con un atteggiamento che fu considerato provocatorio e ingrato. Il solco si approfondì sempre più.
Qui si annida la questione della parentela, vera o presunta. La mamma di Melles era eritrea, di Adi Quala. La stessa cittadina di cui era originaria la mamma di Issaias. Di qui la diffusa convinzione che i due siano cugini. Ma Melles lo ha sempre fieramente negato, anche in interviste televisive. È impossibile sceverare, però, se neghi perché la cosa è falsa, o perché è politicamente inopportuno dichiarare un legame di sangue con colui che oggi è un nemico giurato.
Per il resto, entrambi hanno larga- mente deluso le speranze che erano riposte in loro quando presero il potere. In vent’anni Issaias non ha mai consentito una libera elezione in Eritrea; chiunque lo abbia messo in discussione è letteralmente scomparso nelle segrete del suo regno del terrore. Il suo regime nega ogni dissenso e viola ogni libertà, ogni diritto. Melles forse ha fatto di più per la sua gente e le elezioni le ha consentite, anche più volte, ma fa minacciare, bastonare, imprigionare ogni oppositore e la sua polizia politica esercita un arbitrio spaventevole. Dopo la guerra del 1998-2000 i due hanno continuato a combattersi sostenendo movimenti nemici nei Paesi vicini. In particolare in Somalia, con una particolare pervicacia da parte di Issaias nell’appoggiare sempre la parte sbagliata.
Adesso, a quanto pare, stanno entrambi lottando per la propria sopravvivenza fisica. Il problema di Issaias è l’alcol, forse anche un disordine psichico, come si può leggere in impietosi dispacci diplomatici americani rivelati da Wikileaks. La sua malattia sarebbe la cirrosi epatica, ormai in uno stadio molto avanzato. Più misterioso lo stato di salute di Melles, che già nel 2004 si era sottoposto a una lunga serie di controlli e cure top secret nell’ospedale privato londinese di Parkside. Sembrano ciascuno il convitato di pietra dell’altro, che trascina il nemico verso l’abisso.