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 2012  agosto 29 Mercoledì calendario

TRA AMICI, TUTTA LA VITA AMARA DEI KIBBUTZ

Storie amare e crudeli di vita nel kibbutz. Sono gli anni 50 e le comuni socialiste israeliane, fatte della stessa materia di cui son fatte anche le altre utopie del XX secolo, tentano una riforma generale del mondo: duro lavoro, ideologia, ogni cosa in comune, bambini separati dai genitori, si vive sotto gli occhi di tutti. Amoz Oz, nei pochi racconti di Tra amici, Feltrinelli, 142 pp., 14 euro, ne mette a nudo gli eroismi, il tran tran, l’aura di minaccia, le vanità, il cameratismo glaciale. Sono storie intrecciate tra loro come sentieri che s’incrociano nei labirinti. Un tizio lascia la moglie per un’altra donna, un giardiniere non sa parlare che di lutti e disgrazie, una ragazza si mette con un insegnante di mezza età che domina il kibbutz col suo marxismo moralistico da borghesuccio, un ragazzo orgoglioso e impaurito non osa chiedere il permesso di lasciare la comune per andare a studiare in Italia ospite d’uno zio che molti anni prima ha lasciato il kibbutz con una scusa e non vi ha mai più fatto ritorno, una donna lascia il marito per qualche ora e lui neppure se ne accorge, un’insegnante se ne va dal kibbutz e da Israele senza salutare nessuno. Tra amici è un libro sconsolato: le comuni socialiste, invece di fare la storia, come avrebbero voluto, non fanno nemmeno la cronaca, e anche in letteratura riescono appena a cavarsela, facendo da sfondo a romanzi tristi.

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Tom Stoppard, con La sponda dell’utopia, Sellerio, 408 pp., 15 euro, pièce del 2002, mette in scena la storia dell’intellighenzia russa dal 1833 al 1868. Non è soltanto un banale episodio di storia degli slavi, cioè di storia altrui. È la pietra, ahinoi, sulla quale sono state fondate le principali chiese del «secolo breve». Solo negli ultimi anni le vicende dell’intellighenzia russa ha perso d’attualità come di senso, fin quasi ad estinguersi anche nell’immaginario del nuovo secolo. Ormai nessuno ricorda più chi fossero Ivan Sergeevic Turgenev, Vissarion Grigorevic Belinskij, Aleksandr Ivanovic Herzen, Michail Aleksandrovic Bakunin. Eppure furono proprio gli scontri, gli incontri e le discussioni tra loro, comprese quelle più frivole, a marchiare a fuoco un secolo di storia universale. Stoppard, inglese d’adozione ma cecoslovacco di nascita, sa bene dove queste controversie per lo più insensate hanno trascinato il mondo.

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Grande chitarrista rock, in studio con gli Stones per la registrazione dell’album Let It Bleed, animatore del Buena Vista Social Club, autore delle colonne sonore di parecchi di Wim Wenders e di Walter Hill, da Paris, Texas a Last Man Standing, o Ancora vivo, il remake in chiave gangster film di Per un pugno di dollari, Ry Cooder è anche un ottimo autore di storie noir, come dimostra il suo libro d’esordio, Los Angeles Stories, Elliot, 252 pp., 16,5 euro. Sono storie di L.A., la città di Philip Marlowe, il detective di Raymond Chandler, che spaziano dai primi anni quaranta all’inizio degli anni sessanta. Musicisti e poliziotti, neri arrabbiati e prostitute, comunisti e persone comune, rapinatori e assassini. Los Angeles Stories non racconta storie morbide e freudiane, storie di scrittori, di registi, d’attori e attricette, di famiglie elisabettiane che abbondavano nei racconti polizieschi dell’età dell’oro ma esplora il lato oscuro e pericoloso della città, i perdenti e i falliti, le musiche sporche dei bluesmen, i locali rugginosi, le case fatiscenti, qualche raro colpo di fortuna, le disgrazie a catena. Cooder si esprime nella prosa scarnificata ed elegante di Dashiell Hammett e, come lui, sembra ambientare le sue storie in un mondo parallelo dove c’è stata una catastrofe che nessuno ricorda, di cui nessuno parla.