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 2012  agosto 29 Mercoledì calendario

LA CUCINA TEDESCA TENTA IN ITALIA

Non è che voglia annettermi il Piemonte, ma alla notizia dedica quasi un’intera pagina la Welt am Sonntag, che la riporta con compiacimento, misto a stupore. Due signore tedesche hanno osato aprire un ristorante di cucina teutonica a Torino. Una sfida alla città sabauda, dove si mangia bene, ma una sfida anche ai pregiudizi degli italiani.

E, contro le stesse aspettative dei loro italianissimi mariti, il locale ha avuto successo. Non sono mai stato alla «Deutsche Vita», come si chiama, e probabilmente neanche ci andrò. Io, che alla tedesca si mangia bene, lo so da sempre.

Claudia Franzen, di Solingen, e la socia Sabine Schumacher, di Münster, dimostrano che i piatti della loro patria non si limitano a würstel con crauti, allo stinco di maiale o alla Wiener Schnitzel, che poi non è neanche tedesca ma, come suggerisce il nome, una specialità austriaca. Ma l’ignoranza è quasi totale. Perfino il nostro premier Mario Monti, quando lo Spiegel gli ha chiesto che cosa abbia dato all’Europa la sua Lombardia, ha citato la «cotoletta alla milanese», aggiungendo che è un buon esempio di spirito europeo: o Radetzky la copiò dai milanesi, o fu lui a insegnare ai locali come friggere una Wiener. Ma la «milanese» con l’osso non ha nulla a che vedere con la sottile cotoletta alla viennese. Solo le imitazioni si assomigliano.

Sono convinto che non sia una questione secondaria. Scoprire che i tedeschi hanno una buona cucina, per quanto diversa dalla nostra, è un passo fondamentale per cominciare a capire la patria di Frau Angela, e sconfiggere altri e più pericolosi pregiudizi. In un mio vecchio libro sui tedeschi, due capitoli suscitarono la ripulsa dei lettori. Quelli in cui sostenevo che la lingua di Goethe sia più facile dell’inglese e che in Germania si può mangiare bene. Il mio editore ricevette una cinquantina di lettere di insulti da passare a me. Ero, quantomeno, un perverso.

Ammetto che è difficile convincere qualcuno, se anche i tedeschi dubitano delle loro abilità culinarie, come dimostra la commossa sorpresa della Welt. A Berlino si trovano un migliaio di ristoranti italiani. Difficile mangiare alla tedesca. Una volta, invitato dalla Bmw a visitare una fabbrica, mi trovai alla mensa dei dipendenti con un gruppo di colleghi orientali, cinesi, giapponesi. Loro pregustavano manicaretti bavaresi, würstel con crauti. Invece era la settimana della cucina cantonese: ci accontentammo degli involtini primavera in salsa teutonica.

Una specialità della «Deutsche Vita» sono le Frikadellen, dette anche Bouletten, che poi sarebbero gli hamburger nati ad Amburgo, come dovrebbe essere evidente, anche se gli americani sono convinti di averli inventati loro insieme con la pizza. Non bastano le condanne dei gastronomi, arrivano anche i teologi. Le anseatiche polpette sarebbero senza Dio. Un cibo ateo, sentenzia il teologo Massimo Salani. Gli hamburger di McDonald’s o di McBurghy, siano tedeschi o americani, hanno radici nel protestantesimo. Il fast food sarebbe colpa di Martin Lutero, responsabile dunque della cucina tedesca e della sua cattiva reputazione. «L’hamburger non è da cattolici», avverte Salani, «l’avanzata del fast food è la completa dimenticanza della sacralità del cibo. Nel fast food si soddisfa la fame il più in fetta possibile per poi dedicarsi ad altro. Il rapporto individualistico tra l’uomo e Dio instaurato da Lutero si riflette anche sul modo di mangiare».

Per la verità, sotto l’ondata delle proteste, il bravo teologo ha fatto marcia indietro. Anche lui è stato frainteso, anche l’hamburger come ogni cibo è un dono di Dio: «Non volevo offendere i protestanti, ma comunque è vero che si deve a Lutero un certo rapporto con il cibo. Una sana atmosfera conviviale aiuta ad avere un sano rapporto con il cibo e con Dio, che non si può trovare ingurgitando patatine fritte».

Il monaco ribelle condannò la Roma dei prelati crapuloni, predicò il ritorno alla vita semplice e, abolendo la quaresima, tolse il piacere della tavola: solo dopo il digiuno, si può gustare appieno un manicaretto. Lutero amava mangiare, come testimoniano i suoi ritratti firmati da Cranach, ma, in polemica con i prelati crapuloni di Roma, propendeva per piatti sostanziosi e poco sofisticati. A tavola ci si nutre, e non si gode. Alla «Deutsche Vita» dimostrano che aveva torto.