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 2012  agosto 12 Domenica calendario

Mauro, il giardiniere, indica le pannocchie: «Queste qui sono speciali, hanno otto file di chicchi arancioni»

Mauro, il giardiniere, indica le pannocchie: «Queste qui sono speciali, hanno otto file di chicchi arancioni». Intorno sfilano lamponi rossi, melanzane bianche e sedani neri. Più in là c’è il rosaio. L’aria profuma di erbe aromatiche. Siamo a Spello, in Umbria, vicino a Foligno, dove nel 1472 un allievo di Gutenberg, Johann Neumeister, e lo zecchiere pontificio Emiliano degli Orfini stamparono la prima edizione a caratteri mobili della Divina Commedia. È un giardino rotondo che circonda un grande edificio quadrato, un bachificio del Settecento ristrutturato dove ha sede la Campi, l’editore delpiù trascurato bestseller italiano. L’Almanacco Barbanera compie 250 anni – era il 1762, Luigi XV di Francia cedeva la Louisiana a Carlo III di Spagna – senza avere mai saltato un numero. Quest’anno, tra calendario e almanacco, ha venduto 2 milioni e mezzo di copie. Sono numeri da editoria di massa clandestina, o quasi, anche perché in Italia esistono almanacchi in ogni paese. Il Solitario piacentino, il Bugiardino di Genova, il Lunêri di Smémbar di Faenza, Il Casa Mia di Bologna, il Sesto Cajo Baccello di Firenze (lo pubblica Giunti, vende 80 mila copie: «Noi di anni ne abbiamo 137», puntualizza Bruno Piazzesi, detto il Cavaliere, che lo cura da oltre quarant’anni) e Il Gran Pescatore di Chiaravalledi Tortona, 263 anni e 50 mila copie vendute. Infine c’è Frate Indovino, naturalmente, il vero competitor, che però è stato fondato nel 1945 e al confronto è un bambino. Feliciano Campi, l’editore del Barbanera, mette fuori la testa. Ha i capelli bianchi, le bretelle nere e i calzoni rossi. Saluta e scompare. Non vuole apparire. È l’ultimo erede di una lunga tradizione di tipografi editori che si può fare risalire al Cinquecento quando nella piazza del mercato di Foligno iniziarono a essere venduti i primi lunari a stampa. Al centro dell’edificio, nel cuore della casa editrice, c’è uno spazio protetto da vetri, dove Campi ha raccolto e custodisce questa tradizione. I cassetti traboccano di meraviglie: lunari da tasca tedeschi, danesi, giapponesi, calendari inglesi rotondi da ritagliare e incollare sul fondo del cilindro, almanacchi per bambini, donne, soldati. È un tripudio tipografico di rossi, blu e oro che fa pensare alle farfalle e che racconta in oltre quattro mila documenti l’importanza e la bellezza della letteratura sul tempo. Al centro del centro sta “Il famoso Barbanera” del 1762. Si vedono ancora i fori dei chiodi con cui fu appeso a un muro. Spiega Elide Casali, autrice di Le spie del cielo. Oroscopi, lunari, almanacchi nell’Italia moderna, Einaudi: «È una letteratura sfuggente, di consumo, a fortissima deperibilità ». Una letteratura di cui si sa pochissimo. A Foligno si racconta che Barbanera fu un eremita. Per altri la sua origine è più antica: è l’Uomo Nero buono delle leggende umbre che appare dove sta per accadere qualcosa. Già nei primi numeri è una sintesi popolare di sapienti: ha il cappello da Caldeo, il compasso da astrologo e il cannocchiale da astronomo. È sacerdote, alchimista, filosofo della natura, mago di paese. La cultura si deposita a strati, come la geologia. Predice il futuro, ma senza crederci troppo (per il maggio 1958 pronostica un’invasione di licantropi) perché con la bolla Coeli et ter- rae del 1586, Sisto V aveva messo all’indice l’astrologia ed era più prudente adottare un tono ironico e divertito, ribadendo – avviene anche oggi – che Dio, se ne ha voglia, può cambiare l’influsso degli astri. «Il sol, la luna e ogni sfera or misura Barbanera, per poter altrui predire tutto quel che ha da venire». Il suo successo fu immediato e nazionale. Lo attestano innumerevoli tentativi di imitazione. Da un altro cassetto mi mostrano sfilze di Barba d’oro, Barba bianca, Il vero Barba Grigia, e poi ancora Barbanera di Palermo, Napoli, Roma, Loreto, Bologna. Come le scarpe Mike di oggi, anche allora c’era chi alterava i marchi di successo. Elide Casali è convinta: «La lingua italiana deve agli almanacchi, e al Barbanera in particolare, più di quanto debba ai Promessi sposi. Erano diffusissimi e venivano consultati ogni giorno, perfino più dell’Artusi, il manuale di cucina, che era letto solo dai ricchi». Gli almanacchi furono, cioè, la televisione dell’Ottocento. Attirarono l’interesse di alcuni intellettuali (per Carlo Tenca andavano usati per educare il popolo) e il disprezzo di altri (nel 1815 Giacomo Leopardi parla di «miserabili almanacchi» fatti per «mantener le tenebre nelle menti volgari »). Furono le enciclopedie aperte dell’Italia contadina, il luogo in cui veniva raccolto ogni sapere: ricette, semina, rimedi per la tosse, intrugli per farsi il rossetto. Contenevano filastrocche, storielle, proverbi. Ma non furono isolati. Appartenevano a fiorente editoria popolare ottocentesca fatta di oroscopi volanti, «foglioni di fattacci» di nera e di canzoni, che venivano distribuiti dagli ambulanti nei mercati e nelle case dagli spazzacamini. Agostino Campi, padre di Feliciano e figlio del fondatore Giuseppe, diede a questa editoria una struttura industriale. La trasportò nel Novecento. Fece incontrare stampa popolare e mezzi di comunicazione di massa. Nel 1953 fonda Tv Sorrisi e Canzoni( che pubblicherà fino al 1982) e negli anni Sessanta i suoi “Pianeti della fortuna” vendono milioni di copie ogni anno. Barbanera, invece, negli anni del boom appare invecchiato. All’inizio del secolo sono uscite edizioni per soldati ed emigranti (una pubblicata a New York dalla Banca d’Italia). È stato citato da Pirandello, Papini, Bacchelli, Montale e D’Annunzio che in una lettera del 1934 sostiene di tenerlo sempre sul comodino. Ma lo si prende anche in giro. Nel 1943 Totò nella fossa dei leoni (1943) si salva dai cannibali predicendo un’eclisse di cui ha letto sull’almanacco, e Barbanera bel tempo si spera è una rivista del 1953 di Scarnicci e Tarabuse con Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi (musiche di Lelio Luttazzi). I tempi sono cambiati. La modernità è accelerata. Sui calendari agosto non è più il mese del grano, ma degli ombrelloni. Il declino pare irreversibile. Invece esistono anche fossili viventi culturali, animali come il drago di Komodo che si adattano a mode e circostanze in attesa del momento giusto per rimettere fuori la testa. «Dal Barbanera non riuscivo a staccarmi», racconta oggi Feliciano Campi, «sentivo che percorreva ancora come un fiume carsico la nostra società». Prima di tornare a casa dal lavoro alcune ragazze della redauna zione si fermano a raccogliere pomodori nell’orto. Andrea, la moglie austriaca di Feliciano, commenta: «Vivere bene, in fondo, non è complicato». A scorrere i consigli, le ricette di stagione, i rimedi dell’ultima edizione pare che il tempo stia tornando quello di un tempo, che si stia arrotolando di nuovo. O almeno, che questo sia un desiderio diffuso. La parola Dio ha la stessa radice di dies, giorno, misura di mese e niente è più inventivo della nostalgia. L’almanacco conforta perché mostra il presente come un placido annuncio di futuro, come l’eterno ritorno del simile. Oggi è Santa Maria Regina: il sole è sorto alle 6:27 e tramonta alle 19:59; la luna sorge alle 10:52 e se ne andrà alle 21:22. Barbanera prevede che lo farà anche oggi. (L’autore ha pubblicato il romanzo “ I primi tornarono a nuoto” per Einaudi Stile Libero) © RIPRODUZIONE RISERVATA FOTO: CORBIS