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 2012  agosto 12 Domenica calendario

QUANDO MILANO SI COMPRÒ IL MARE

Non avevano il mare, i milanesi (cento anni fa non c’era nemmeno l’Idroscalo). E allora, semplicemente, se lo comprarono. «Visitate la pineta baciata dal mare, la Costa Verde adriatica Cervia Milano Marittima». «Ogni lotto conterrà una villa circondata da quel giardino naturale che è la pineta fornita di acqua potabile e disposta in modo che tutte le ville abbiano la via diretta al mare». «Milano Marittima, spiaggia incantevole, aree villini nel pineto ». Già allora i milanesi ci sapevano fare, con la pubblicità. La “Costa Verde” fu inventata per fare concorrenza alla prestigiosa Costa Azzurra. Industriali e nobili della città della Madonnina andavano già in vacanza in Francia e soprattutto sulle spiagge liguri ma lì potevano solo costruire ville, non una città intera. E così nacque «il sogno di una città ideale, di una città giardino dove la poesia si sposasse alla praticità di vivere ». Trecento chilometri di treno, poi con una carrozza a cavalli o con le prime auto i tredici chilometri da Cesena
alla costa. E all’arrivo la soddisfazione di poter dire: siamo sempre a Milano, e c’è pure il mare. La “Società Anonima Milano Marittima s. a.”, capitale sociale centomila lire, nasce nel 1911 ma solo il 14 agosto 1912 firma, davanti al notaio Venturini, il rogito d’accordo con l’amministrazionecomunale.Nellasocietà — racconta il libro
Milano al mare
di Letizia Magnani — ci sono un senatore, tre avvocati, due pittori, un capomastro, un commerciante… “Inventore” della Milano adriatica è uno dei pittori, Giuseppe Palanti, illustratore alla Scala, architetto, pubblicitario. Capita a Cervia, sede del Comune, per dipingere vele, pescatori e belle ragazze e vede che al di là del porto canale c’è soltanto «un bosco meravigliosamente selvaggio». I salinari di Cervia chiamano
questo bosco con le dune intatte «la marena di
fre
», la marina dei frati, perché poco lontano c’è un convento di francescani. I cervesi entrano in pineta solo per raccogliere legna e pinoli. Storia e leggenda si mescolano nel racconto della nascita della città giardino. Un fatto è certo: il pittore Palanti è bravissimo in quella che oggi si chiamerebbe la promozione di un evento. Ai concittadini milanesi, invitati a costruire strade e ville nel bosco intatto, racconta che tanto la foresta sarebbe comunque in pericolo. «Già si è iniziato l’abbattimento, per farne campi di riso o barbabietole [...] non per mancanza di buon gusto, ma per creare mezzi di sussistenza alla comunità». Ecologista ante litteram, assicura che saranno tagliati solo pochi pini, negli spazi necessari per costruire
«villini, parchi e giardini atti ad attirare su questa spiaggia una numerosa colonia balneare». Al Comune di Cervia — cui chiede la pineta in concessione gratuita — promette lavoro per tutti: per costruire la nuova Milano e poi per gestire questa «città nel pineto».
Turismo, in quegli anni, era a Cervia parola quasi sconosciuta. Rimini e altre città della riviera romagnola erano già famose, con i loro kursaal e stabilimenti balneari. La città del sale aveva provato a mettersi fra «le fortunate sorelle bagnate dalle salse onde dell’Adriatico», ma non aveva avuto fortuna. E dire che — correva l’anno 1873 — si era presentata sul mercato con molta umiltà. «Non invitiamo i prediletti dalla fortuna — questo il manifesto preparato dal Comune — che hanno il beneficio di una rendita giornaliera dalle L.20 in su, invitiamo invece il povero impiegatuccio dallo stipendio mensile delle L.60 fino alle L.80 perché possa mandare ai bagni la malaticcia consorte, o qualche figliuolo. Invitiamo in una parola tutti i poveri diseredati». Ma ben pochi avevano scritto al sindaco per prenotare «stanze disposte e preparate». Come dire no, allora, a questi milanesi non certo diseredati e pieni di progetti?
«I milanesi al mare — scrive il sindaco Giuliano Pisapia nella prefazione al libro di Letizia Magnani — hanno portato
sviluppo, apertura internazionale, cultura e tanti esempi di urbanistica e architettura di qualità. Hanno portato un turismo di élite che però ha aperto la strada alla vacanza per tutti». I primi anni non sono però facili — cinque in tutto le ville costruite — e poco dopo arriva la Grande guerra. Tacciono i cannoni, i cantieri riaprono e l’idea della città giardino comincia a farsi conoscere. Si aprono i viali che permettono di arrivare al mare e le rotonde che fino ad allo-
ra si erano viste solo a Parigi.
Non tanti milanesi si possono permettere una villa e allora, nel 1924, nasce la Civam, “Cooperativa italiana villini e alloggi al mare e al monte”, presieduta da Gerolamo Pirinoli, direttore della Banca depositi e sconti di Milano. Prezzi modici, pagamento a rate. Si vuol dare un posto al sole «ai lavoratori di tavolino, alla classe media emergente, gravata dal nuovo lavoro intellettuale e impiegatizio». Nascono ville e villini, e
nelle prime il soggiorno parte a metà giugno per arrivare alla fine di settembre. Per permettere ai futuri padroni di casa di seguire i lavori da vicino, nel 1928 si costruisce il Mare e Pineta, hotel di lusso. Ha anche una grande terrazza per le feste danzanti. La nuova città giardino cresce però troppo lentamente, e il podestà si lamenta con «questa brava gente arrivata da Milano» che però, quando si tratta di tirare fuori il portafogli, è un poco pigra. La Società Anonima Milano Marittima, a sua volta, protesta perché le tariffe di muratori e operai «sono troppo alte, in media il doppio o il triplo di quelle vigenti a Milano, dove il costo della vita non è certo inferiore a quello di Cervia».
Si litiga, si minaccia di rompere la convenzione e poi si va avanti. Il Comune sa bene che se si cancellasse il patto la pineta tornerebbe a produrre solo legna e pinoli. Lo stesso Duce sostiene questa Milano al mare, arrivando in visita nel 1937 per inaugurare un viale dedicato al fratello Arnaldo Mussolini. La Federazione dei fasci di Varese chiede di costruire una colonia marina, poi arriva anche la colonia della Montecatini. La risposta del podestà è sempre uguale: costruite pure ma limitate al massimo l’abbattimento dei pini e soprattutto assumete manodopera locale. È un discorso che non cambia nemmeno
dopo la Seconda guerra, quando al posto del podestà si susseguono sindaci del Pci. «Sì, potete costruire un grattacielo (a Milano Marittima ce ne sono due, e il primo nasce nel 1958, in anticipo di due anni rispetto al Pirellone milanese,
ndr)
ma imprese e operai debbono essere nostrani».
Milano Marittima diventa un pezzo di Versilia in terra di Romagna. Feste con signore in abito lungo e uomini in smoking. I milanesi continuano a costruire ville e a comprare appartamenti. Concerti di Mina, Gino Paoli e Ornella Vanoni. Poi, come in tante località “mitiche”, tutto cambia. Il mini appartamento prende il posto della villa, i condomini oscurano i villini degli anni Venti. Cercarli adesso è come andare a funghi. Renato Lombardi, storico, ex
dirigente del Comune, è una guida preziosa. «Ecco, questa era la villa di Giuseppe Palanti. Bellissima». Ma di villa Egle sono rimaste solo le due colonne chereggevanoilcancello,edietroc’èun brutto hotel, già abbandonato. «I viali hanno cambiato nome. Viale Mussolini è diventato viale Matteotti. Ma la pianta della città è sempre quella, si cammina sotto i pini». «Questa è la colonia dei Monopoli di Stato. C’è un progetto per costruire un altro albergo grattacielo, cinquecento posti letto, con centro benessere». Si litigherà molto, su questo progetto. Ma se si proporrà l’uso di manodopera e imprese locali, come sempre tutto sarà risolto. Negli anni Venti i villini costavano dalle 10.500 alle 15.500 lire l’uno. «Oggi un appartamento al metro quadro — dice il sindaco
di Cervia, Roberto Zoffoli — nel capoluogo costa sui 4.000 euro, a Milano Marittima fra i 7.000 e i 9.000 euro. Con Milano il legame è ancora stretto. Ci hanno promesso che noi e la riviera romagnola saremo la spiaggia dell’Expo 2015. Si immagini, venticinque milioni di visitatori…».
Nelle serate del weekend la “città giardino” mostra due facce. Ragazzi che fanno l’aperitivo a dieci euro a bicchiere e poi vanno a dormire nei campeggi o in macchina. Feste e musica, invece, negli hotel di lusso. Ci sono tre 5 stelle, otto 4 stelle superiori e quarantadue 4 stelle. Antonio Batani — proprietario del Grand Hotel di Rimini — qui ha costruito il Select e sta ristrutturando il Mare e Pineta, per portare anche il vecchio hotel del 1928 alle 5 stelle. Russi, inglesi e svizzeri fra i clienti. Quest’anno è arrivato anche il principe Salman al Saud, dall’Arabia Saudita. Trentasette persone per diciassette giorni. Una manna per le boutique. «Hanno comprato il mondo», dice il direttore del Select, Alessandro Orzes. I milanesi, cent’anni fa, si accontentarono di comprare
il mare.