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 2012  agosto 12 Domenica calendario

“DRAGHI LIBERO DI COMPRARE TITOLI LA GERMANIA HA BISOGNO DELL’EURO”

«Il governo federale è contrario agli eurobond, perché aggraverebbero la crisi anziché risolverla». «L’acquisto di titoli sovrani di Stati membri dell’eurozona è un tema su cui la Banca centrale europea decide da sola nella sua indipendenza e con il suo obiettivo della stabilità della nostra valuta comune». «Lancio un appello al governo greco, lo prego di andare avanti sulla via del risanamento e delle riforme con senso di urgenza e consapevolezza della serietà della crisi». E infine, sulla crisi siriana: «Assad andrebbe deferito al Tribunale internazionale dell’Aia». Ecco i segnali urgenti al resto dell’eurozona e al resto dell’Occidente, lanciati dal ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, in questa intervista rilasciata a
Bild am Sonntag
dal suo luogo di vacanze
a Mallorca.
Signor ministro, può spiegarci perché l’euro non riesce ad uscire dalla sua crisi?
«L’Euro non è in crisi. Il problema è invece che la politica dell’indebitamento è fallita in tutta Europa. Con l’euro, non dimentichiamocelo mai, abbiamo una valuta stabile con cui il tasso medio d’inflazione è circa del 2% l’anno. Ricordiamoci bene, a titolo di paragone, che nel 1993 con il marco avemmo un’inflazione del 5,1% da noi in Germania. Dalla crisi del debito sovrano riusciremo a venire fuori solo quando combatteremo contro la sua causa, cioè l’indebitamento facile».
Ma il pressing sulla Germania perché si assuma la responsabilità per i debiti degli Stati più deboli cresce di giorno in giorno. Quanto a lungo il governo resisterà alla pressione dei partner?
«Il governo federale ha chiarito bene, fin dall’inizio della crisi dei debiti sovrani, che noi non ci assumeremo la responsabilità di una copertura tedesca per il debito dell’eurozona intera. Per me questo punto non è negoziabile. E in questo senso, sottolineo che gli eurobond aggraverebbero la crisi, non la renderebbero certo più piccola. Perché caricherebbero noi di un peso eccessivo, e farebbero venir meno la spinta alle riforme negli altri Paesi».
Per quanto tempo ancora dovremo chiedere scusa per la Seconda guerra mondiale?
«Per me è fuori d’ogni dubbio che noi non vogliamo e non possiamo mai dimenticare il tragico periodo storico dell’Olocausto e della Seconda guerra mondiale. E poi, ancora negli anni novanta, abbiamo visto guerre in Europa, guerre che tra l’altro hanno portato oltre mezzo milione di profughi in Germania. Insomma, guai a credere che la pace, il benessere e la libertà siano conquiste ovvie e garantite. Siete venuti a Mallorca a intervistarmi, e solo per questo pensate che viaggiare senza frontiere sia ovvio in Europa da una prospettiva storica? Il diritto di viaggiare, studiare o lavorare ovunque in Europa è un diritto che tutti noi abbiamo costruito passo per passo, con sforzi e pazienza. Io posso solo
sperare che un giorno avremo una vera Costituzione europea, sulla quale si tenga un referendum
».
Non potrà venire un momento in cui lei dovrà dire che l’euro
non è più salvabile?
«Prendiamo l’esempio della Spagna, dove ci troviamo. Se renderemo più facile la politica d’indebitamento, come farà il governo spagnolo a imporre misure
di consolidamento? L’euro e l’Europa non sono minacciati solo da una politica di troppo poca solidarietà, ma anche da un eccesso di solidarietà. Con una responsabilità comune sui debi-
ti sovrani metteremmo in gioco il futuro dell’euro».
Questo suo no a troppa solidarietà vale anche per l’eventuale acquisto di titoli sovrani dei Paesi indebitati da parte della Banca centrale europea?
«No, questo è qualcosa di completamente diverso. Sull’acquisto di titoli sovrani decide da sola, nella sua indipendenza, la Banca centrale europea, con un occhio alla stabilità della nostra moneta comune».
Possiamo e vogliamo ancora mantenere la Grecia nell’eurozona?
«Il destino della Grecia adesso si decide ad Atene. Abbiamo raggiunto intese che possono aiutare la Grecia, ma la Grecia in cambio deve compiere anche grandissimi sforzi per fare dure riforme. Io prego il governo greco di varare e di continuare a portare avanti questa dura politica, agendo con grande serietà, con senso dell’urgenza e in modo attendibile. In Grecia con due campagne elettorali abbiamo perso molto tempo. Adesso ad Atene è il momento di agire, in fretta e prendendo a cuore il problema. Per me è importante restare nell’ambito della correttezza e della dignità nei toni del dialogo, ma sui fatti dobbiamo parlare chiaramente: non può essere ammessa una sostanziale deviazione dal corso di riforme concordato tra la Grecia e i suoi partner».
Non tutti da noi la pensano così. Il ministro delle Finanze Bavarese Soeder ha chiesto di “dare una lezione alla Grecia”, di dare un esempio, magari lasciandola affogare. Non sarebbe uno shock salutare per gli altri Paesi indebitati?
«Io trovo gravemente e volgarmente sbagliata quella frase, quell’invito a dare una lezione a un Paese e così facendo a dare un esempio. Pensiamoci un attimo: se fosse rivolta da altri Paesi a noi tedeschi, una frase del genere come verrebbe accolta da noi in Germania? Saremmo turbati, scossi, feriti nell’onore nazionale. Chi parla in quel modo riesce solo a conseguire il contrario di quanto i giusti moniti vorrebbero ottenere, cioè una vera messa in atto delle riforme in Grecia. E poi in Germania nessun altro Bundesland ha un’economia tanto legata all’export quanto la Baviera, dunque parlar male dell’euro è contro gli stessi interessi bavaresi».
E la Spagna, quanto reggerà senza aiuti dei fondi salva-Stati?
«Il governo spagnolo con il premier Rajoy mostra una grande determinazione a seguire il corso delle riforme. Per questo sono ottimista sulla Spagna».
Insisto, non si aspetta una richiesta spagnola di aiuti dei fondi salva-Stati, magari già entro fine estate?
«Io mi rifiuto di speculare. Se vi dessi la risposta che vi aspettate, voi fareste un titolo di grande effetto, ed esploderebbe un problema serio nell’eurozona. E poi ho già risposto alla domanda: io giudico la Spagna un Paese molto forte e con un’economia competitiva».