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 2012  agosto 12 Domenica calendario

«Ha copiato». L’America censura Zakaria – I cecchini dell’effrazione etica tornano a impallinare un intellettuale americano

«Ha copiato». L’America censura Zakaria – I cecchini dell’effrazione etica tornano a impallinare un intellettuale americano. Dopo il falso, è l’ora del plagio. E in un crescendo esponenziale del tasso di celebrità coinvolto, siamo passati da un giornalista scientifico popolare, ma non celeberrimo, a una vera star, una delle pochissime in grado di brillare al crocevia tra il sistema multimediale e la comunità accademica. Una settimana fa, Jonah Lehrer era stato costretto a dimettersi dal «New Yorker», dopo l’ammissione di aver inventato di sana pianta alcune citazioni di Bob Dylan contenute nel suo bestseller Imagine. How Creativity Works. Ora, a essere colto con le mani sporche di marmellata è nient’altri che Fareed Zakaria, uno dei più autorevoli analisti politici globali, commentatore di «Time», editorialista di punta della Cnn, guru dei nuovi scenari strategici del terzo millennio. Zakaria è stato sospeso venerdì sera sia dal settimanale che dal network televisivo, dopo aver ammesso di aver copiato alcuni passaggi di un suo articolo apparso sul numero di «Time» in edicola. Un intero paragrafo del commento (una difesa ragionata della necessità di controllare la vendita di armi negli Usa) è infatti, se non proprio identico, molto simile a un passo contenuto in un saggio della storica Jill Lepore, dedicato allo stesso argomento e pubblicato sul «New Yorker» del 23 aprile. A scoprire e denunciare la scopiazzatura sono stati i facts-checkers del sito conservatore NewsBusters, sicuramente gongolanti all’idea di poter crocifiggere un analista considerato molto vicino all’amministrazione Obama. Ma quale che sia stata la motivazione politica, l’evidenza era inoppugnabile. E a Zakaria non è rimasto che riconoscere il suo peccato e scusarsi: «Hanno ragione — ha detto in una dichiarazione inviata ai media —. Ho fatto un terribile errore. È una mancanza seria ed è soltanto colpa mia. Mi scuso senza riserve con Jill Lepore, con i direttori di "Time" e con i lettori». Gli annunci delle contromisure sono arrivati dopo poche ore. Il settimanale ha spiegato di voler sospendere per un mese in via preventiva la rubrica di Zakaria, in attesa di una revisione complessiva del rapporto. La Cnn non ha posto alcun limite alla sospensione da tutti i programmi che lo hanno per protagonista. Mentre il «Washington Post», che pubblica regolarmente i suoi editoriali, ha spiegato di voler «rivedere con lui il suo lavoro». Le conseguenze dell’infortunio potrebbero essere più ampie e toccare anche l’altra faccia dell’impegno di Fareed Zakaria, quella accademica. Egli è infatti membro del consiglio accademico della prestigiosa Yale University, chiamato anche a giudicare gli studenti che commettono atti di plagio. La sua posizione, secondo l’«Huffington Post», è quindi insostenibile e il prossimo passo potrebbero essere le dimissioni dal board dell’ateneo di New Haven. Più in generale, lo scandalo rischia di infliggere un colpo mortale alla credibilità e all’autorevolezza di uno dei pensatori più interessanti e innovativi dell’ultimo decennio. Di origine indiana — è nato a Mumbai nel 1964 da una famiglia di intellettuali, suo padre era un uomo politico del Partito del Congresso, sua madre è stata direttrice del «Sunday Times of India» — Fareed Zakaria ha studiato scienze politiche e relazioni internazionali ad Harvard, dov’è stato allievo di Samuel Huntington e Stanley Hoffmann. Ha diretto «Foreign Affairs», quindi l’edizione internazionale di «Newsweek», prima di approdare a «Time» e Cnn. Due suoi libri editi in Italia da Rizzoli, Democrazia senza libertà del 2003 e L’era post-americana del 2008, hanno segnato come pochi altri il dibattito strategico e politico del dopo 11 settembre. La visione e la gestione di un mondo dove gli Stati Uniti non sono più la sola superpotenza gli sono valse l’attenzione di Barack Obama, di cui è stato consigliere nella campagna presidenziale di quattro anni fa. Le sue analisi brillanti hanno fatto di Zakaria uno dei più richiesti guru della modernità. Ogni suo intervento davanti a platee selezionate viene ricompensato con 75 mila dollari. La Cnn gli affida le interviste ai grandi della Terra. Mentre i suoi articoli su tutti i principali temi dell’attualità vengono pubblicati dai media di tutto il mondo, compreso il «Corriere della Sera». E forse è stata proprio l’hybris di questo enorme successo a tradirlo, un vortice di troppe attività che lo ha costretto probabilmente a delegare, forse anche a far scrivere da altri le prime stesure delle troppe cose cui cercava di tener testa. Peccato, perché il valore di Fareed Zakaria, al netto dell’errore pur grave — un paragrafo copiato — resta assoluto.