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 2012  agosto 11 Sabato calendario

PECHINO IN DISCESA, CROLLA L’EXPORT

L’economia cinese, definitivamente, è in calo – molto più rapido e molto più significativo di quanto non si aspettassero mercati ed analisti. Le esportazioni cinesi, infatti, sono cresciute solo dell’1% in luglio, e la produzione industriale è ai livelli più bassi degli ultimi tre anni. Ma non si tratta solo dell’abbassarsi della domanda da Europa e Usa: la crescita delle importazioni, per esempio, è calata al 4,7%, la più lenta da aprile, e molto inferiore alle aspettative. Le attese statistiche pubblicate ieri, infatti, vanno a completare un panorama al ribasso che già da qualche mese mostra che dopo lo stimolo multimiliardario del 2008, che ha ritardato l’introduzione di alcune importanti riforme economiche, i nodi cinesi stanno venendo al pettine.

La tentazione di riprodurre gli effetti artificiali dello stimolo fiscale è forte, ed ecco che la spesa fiscale registrata in luglio è aumentata del 37.1% rispetto allo scorso anno – rispetto al 17.7% che si era visto in giugno. I mercati, ancora una volta, stanno anticipando che il governo cinese, alle prese con una delicata successione politica decennale, non voglia correre il rischio di vedersela con una popolazione inasprita da un improvviso calo economico, e l’aumentare della spesa pubblica porterebbe a dar loro ragione. Ma non dobbiamo dimenticare che stando ai dati ufficiali, i governi locali cinesi sono già pesantemente indebitati, e che per quanto sia stata innalzata la barriera d’allarme per i debiti in sofferenza che le banche sono autorizzate ad accettare, la cifra di 2 trilioni di dollari Usa che grava sulle località non è facile da ricapitalizzare.

Parte della spesa fiscale è lungimirante: 32% in più per l’educazione, per esempio, può solo essere applaudito, e lo stesso dicasi dell’aumento del 25% nella sanità. Ma la nuova indigestione di infrastrutture, ricca di elefanti nel deserto e progetti immobiliari, non è certo salutare. Anche perché questo nuovo stimolo non sta dando i frutti sperati. La crescita complessiva continua a calare, ormai da un anno e mezzo, e i nuovi prestiti erogati dalle banche, malgrado le pressioni del governo centrale, sono anch’essi in netto calo.

Cosa aspettarsi, allora, se le azioni del governo finora non hanno portato ai risultati auspicati? Molti prevedono che la prossima settimana porti ad un ulteriore taglio nell’RRR (required reserve ratio, ovvero il capitale collaterale necessario per autorizzare prestiti), e forse un ulteriore taglio nei tassi d’interesse per cercare di stimolare il desiderio di immettere capitali nell’economia.

Ciò nonostante, Pechino ha anche annunciato di voler aumentare le tasse sulle vendite dell’immobiliare – i cui prezzi imbizzarriti degli ultimi anni hanno portato ad una bolla speculativa così precaria da preoccupare tutti, sia in Cina che all’estero. Già adesso, gli stranieri che non risiedono in Cina non possono acquistare immobili (chi vi risiede può acquistare un’abitazione), ed è stato severamente limitato il numero di immobili acquistabili dai cittadini cinesi.

Le ultime statistiche cinesi hanno portato le Borse a perdere un po’ dei guadagni degli ultimi giorni, e in particolare sono state penalizzate le aziende legate agli scambi commerciali: Li & Fung, il colosso del sourcing mondiale con sede a Hong Kong, ha perso più di un quinto nella sessione di venerdì.

Unico, sorprendente dato positivo: cresce del 58% l’importazione di alcol di lusso – dallo champagne ai vini pregiati, passando per single malt e cognac: che Pechino beva per dimenticare, o che brindi sul Titanic?