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 2012  agosto 10 Venerdì calendario

STATO, VALGONO 50 MILIARDI GLI IMMOBILI «DISPONIBILI»

La strategia sta cambiando in corsa. E sul patrimonio immobiliare pubblico (inteso come Stato, enti pubblici ed enti locali), oltre ad accavallarsi gli importi più fantastici, l’uscita di Angelino Alfano ha fatto sognare più di qualcuno. Il fondo totale finale, nel quale far conferire subito e coattivamente tutti i patrimoni, cambierebbe ancora una volta lo scenario e consentirebbe alla Sgr (e al Demanio, si suppone) di agire con un dinamismo sinora sconosciuto, soprattutto sotto il profilo dell’offerta da articolare sul mercato.
Il quadro normativo è stato definito (per l’ennesima volta) dal Dl 95/2012 dopo la conversione in legge avvenuta il 7 agosto. In sostanza, ora esiste la reale possibilità di costituire un unico fondo in cui conferire tutti gli immobili pubblici «non utilizzati per finalità istituzionali». E già questo pone dei limiti forti ai progetti faraonici: perché il «patrimonio indisponibile», cioè gli immobili in uso governativo che ospitano sedi della pubblica amministrazione, rappresenta i due terzi del «patrimonio dello Stato»; va detto che l’espressione «finalità istituzionali» è volutamente vaga e potrebbe consentire sconfinamenti.
Di sicuro c’è, per ora, il resto: circa 9mila unità immobiliari e 10mila terreni sono effettivamente «disponibili». Ma se le stime hanno sempre parlato di un valore di libro (praticamente quello catastale) complessivo di 56 miliardi, non è del tutto assurdo ipotizzare che il patrimonio disponibile possa arrivare a 50 miliardi "veri". Importi ben maggiori raggiungerebbero gli enti locali, la cui fetta viene definita, nell’audizione del 26 luglio scorso alla commissione Bilancio della Camera del dirigente generale del Tesoro Francesco Parlato, «gran parte» del totale.
Va però detto che si possono sempre costituire dei fondi in cui conferire immobili statali in uso alla Pubblica amministrazione centrale (esclusi quindi quelli di proprietà degli enti locali), come è già avvenuto in base all’articolo 4 della legge 351/2001 con la creazione del Fip (fondo immobili pubblici). Questa modalità è stata richiamata con il Dl 95/2012 ma non estesa, perché in questo momento il Demanio è impegnato nell’immane compito di ridurre e razionalizzare le locazioni passive, cioè gli immobili che la pubblica amministrazione occupa da inquilino spendendo 1,2 miliardi l’anno. Un fondo a cui si dovesse pagare affitti (come è avvenuto con Fip), quindi, non rientra nella strategia attuale dell’Economia.
Il «patrimonio disponibile», quindi, nel quale giacciono gioielli di cui si parla da anni (come il castello Orsini a Soriano nel Cimino), è pronto per una mega operazione. Poi però si tratterà di usare la frizione della politica dell’offerta per cambiare la marcia delle vendite. Se cioè il processo di valorizzazione, con il reperimento del consenso del Comune al cambio d’uso richiesto dal mercato (questione chiave), dovesse trascinarsi a lungo, solo l’avvio di un vastissimo numero di operazioni potrebbe consentire di tracciare un quadro convincente per gli investitori: ora, con le regole poste dal Dl 201/2012, la ricerca dell’intesa con i Comuni anticipa la valorizzazione vera e propria, consentendo così di arrivare a maggiori certezze. Ma oltre non si può andare. Quindi, conferire 350 immobili del patrimonio disponibile (si veda l’altro articolo nella pagina) non presenta particolari difficoltà ma valorizzarli sì. Così come non ci vorrà molto per convincere i Comuni a tumulare lì dentro il mattone dell’ormai defunto federalismo immobiliare (lo prevede il Dl 95/2012 ma con il consenso dei municipi): basterà agitare lo spauracchio dei trasferimenti, visto che dai conferimenti si potrebbe almeno incassare la quota corrispondente. Del resto si tratta di soli 7 miliardi, il resto è escluso perché in uso alle amministrazioni centrali. Ma agli enti locali resta la (libera) possibilità di metterci il resto e arrivare così ai sospirati 240-320 miliardi di cui si è parlato nei giorni scorsi.
E a questo punto c’è da chiedersi chi saranno i sottoscrittori. Una partita di giro, con l’intervento della Cdp o degli enti previdenziali pubblici e privati, come del resto già previsto per legge? Oppure soldi veri e propri, presumibilmente provenienti da chi, all’estero, riesce a intravedere elementi di certezza della messa a reddito di questi immobili?