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 2012  agosto 10 Venerdì calendario

PENSIERI E PAROLE


Aprile 1971. Gli anni Settanta fanno il loro debutto in società: e si vede. È rivolta in Calabria per la scelta del capoluogo di regione: Reggio Calabria contro Catanzaro. Inizia tutto nel luglio del 1970, quando nasce l’Ente Regionale: al grido dannunziano di “boia chi molla” è rivoluzione a Reggio Calabria. Scontri con la polizia, autobus rovesciati, bombe molotov in un crescendo sempre più abituale in quel periodo. Oggi sembra un episodio incredibile: guerriglia urbana per il capoluogo di regione. Eppure era così: e non durò poco, con la scia solita di vittime varie tra morti, feriti, incidentati. 16 febbraio. Il Consiglio regionale sentenzia: Catanzaro è capoluogo, mentre Reggio Calabria è sede del Consiglio. Altri incidenti a Reggio, per una soluzione in linea con i tempi: il compromesso, chiave politica forte della Prima Repubblica. Tutto poteva diventare compromesso e quanto adottato in Calabria era esportabile. A fine mese, ci si regola così anche in Abruzzo: L’Aquila diventa capoluogo di regione e a Pescara vanno alcuni assessorati. Incidenti anche a L’Aquila. Compromessi esportabili nel tempo: alla fine degli anni Settanta s’immaginerà il compromesso storico per portare il Pci al governo. Il compromesso: come dire, cerchiamo di far convivere due anime lontane. Proprio in quell’aprile 1971 Lucio Battisti pubblica un 45 giri: sul lato B, Insieme a te sto bene. Sul lato A, Pensieri e parole. Ed è leggenda. Parole di Giulio Rapetti (Mogol) a raccontare pensieri profondi e ambigui. Lucio a dar note e voce a quelle ambiguità, radicate profondamente nella nostra vita quotidiana. Leggenda, si diceva, perché Pensieri e parole sembra nascere fra le perplessità di molti discografici. C’era chi immaginava questa come la prova generale della fine del sodalizio Battisti Mogol e c’era chi – addirittura – prevedeva il voltafaccia del pubblico tutto di fronte a una canzone così apparentemente ermetica. Parola di Mogol: «Quando io e Lucio ci presentammo con il nastrino e lo facemmo ascoltare ci fu chi disse: “Siete finiti, se vi azzardate a pubblicare questa porcheria, avete chiuso, il pubblico non vi capirà mai!”». Era la lungimiranza solita degli addetti ai livori e, forse, gli addetti ai livori avevano una parte piccola di ragione: Pensieri e parole non era immediata e il testo non si afferrava subito.

Risate in classe. S’intuiva un dialogo fra due anime, una contrapposizione fra ricordi e vita quotidiana, una malinconia dolce di rimpianti sfumati. Ma proprio tutti questi pensieri entravano con forza nelle parole dei ragazzi. In quell’aprile 1971 era il passaparola. Anzi: il passa pensieri e parole. Mentre il professore di filosofia parlava di Marco Aurelio, dei pensieri rivolti a se stesso (tà eis heautón), raccontando l’immagine dell’essere umano saldo come uno scoglio nella tempesta, tra i banchi si sussurrava: «È come l’ultimo di Lucio, quando dice “l’amore mio / che ne sai di un ragazzo perbene / è roccia ormai / che mostrava tutte quante le sue pene / e sfida il tempo e sfida il vento e tu lo sai / la mia sincerità per rubare la sua verginità / sì tu lo sai / che ne sai ”». E la si sussurrava cantando insieme tutte e due le parti: quella affermativa, decisa, forte e quella dubitativa con il finale in che ne sai! Tra i banchi ci si chiedeva: «Cosa vuol dire Lucio quando canta “che ne sai di un viaggio in Inghilterra / che ne sai di un amore israelita / di due occhi sbarrati che mi han detto bugiardo è finita”?». E qui, ipotesi su ipotesi superate dal sempre informato, perché figlio di persona dell’ambiente: «È una vacanza in Inghilterra... una sbandata per una ragazza ebrea rigorista e lui per stare con lei si dichiara ebreo rigorista come lei... ma lei si rende conto della bugia, quando stanno per fare l’amore!». «Ma che dici?», sussurrava a voce più alta il compagno un po’ meno smaliziato. Ed erano risate in classe. Il professore non capiva, esattamente come gli addetti ai livori e segnava una nota sul registro per schiamazzi. Non schiamazzi, ma pensieri e parole, gli uni e le altre oramai assorbiti totalmente da tutti i giovani di allora, al di là della politica. Perché girava un’altra leggenda: quella di Lucio Battisti uomo di destra. Pensieri e parole metteva d’accordo tutti: un compromesso musicale a unire giorno e notte, amore e odio. «E nuove notti e nuovi giorni / cara non odiarmi se puoi».