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 2012  agosto 10 Venerdì calendario

IL MISSISSIPI OFFRE RIFUGIO FISCALE A MILIONARI FRANCESI IN FUGA

L’ ultimo sport anglosassone è la caccia al Paperone francese. Non per spiumarlo (questo lo fa già la nuova amministrazione socialista) ma per indurlo a espatriare. Adesso ci prova Haley Barbour, ex governatore del Mississippi, ex presidente del Partito repubblicano e oggi lobbysta politico. Quando ha saputo che François Hollande vuole portare al 75% l’aliquota delle tasse per chi guadagna più di un milione di euro all’anno, gli è venuta un’idea che, in un’intervista a «Foreign Policy», ha spiegato così: «Mi domando se non dovremmo attirare nel Mississippi i francesi ricchi e le imprese francesi che funzionano. Noi siamo uno Stato dove la tassazione è bassa, ben disposto verso le imprese. Il nostro sistema di regolamenti è razionale. Potremmo stendere il tappeto rosso e issare la bandiera tricolore su Fort Maurepas. Benvenuti, amici miei!».

Quello del tappeto rosso è un vero colpo basso. All’ultimo G20, l’idea era già stata ventilata dal premier britannico David Cameron: «Quando la Francia introdurrà l’aliquota del 75%, srotoleremo il tappeto rosso e accoglieremo più aziende francesi che pagheranno le tasse nel Regno Unito. Servirà a pagare i nostri servizi pubblici e le scuole». Naturalmente, dall’altra parte della Manica la presero malissimo, accusando Cameron non solo di mancata solidarietà europea, ma anche di essere un battutista scadente. Il tono già stava montando, con evocazioni di tutto l’eterno contenzioso franco-inglese, da Giovanna d’Arco al Sei nazioni di rugby passando per Waterloo e Fachoda (un ministro ritirò fuori perfino la perfida Albione), quando Hollande spense la polemica. Ma indispettito: «Ognuno dev’essere responsabile di quel che dice. Io lo sono. Nel momento in cui la coesione degli europei dev’essere forte, non farò niente che possa scalfirla» (intanto la destra gongolava e accusava il Président, già in freddo con Frau Merkel, di aver «isolato» la Francia...).

Adesso ci risiamo. E l’affondo dal Mississippi fa ancora più male perché mister Barbour è in realtà di origini francesi e, se Luigi XIV non avesse preso la disgraziata decisione di revocare l’editto di Nantes, mai sarebbe finito su quelle sponde. «Il mio è un vecchio nome ugonotto - ha spiegato con il suo formidabile accento del Sud -. Il bisnonno del mio bisnonno, Louis LeFleur, un francese, fondò intorno al 1800 uno scalo commerciale che è all’origine della capitale del Mississippi, Jackson».

Insomma, tutto molto pittoresco. Però dietro la tirata di mister o monsieur Barbour c’è l’abisso d’incomprensione che separa gli States liberisti da quell’ultimo fortino del dirigismo economico europeo che è la Francia, specie se in modalità di gauche. Benché considerato un moderato all’interno del Grand Old Party, con Barbour il Mississippi ha firmato «l’impegno a proteggere i contribuenti», insomma a non aumentare le imposte. E un’aliquota del 75% gli appare o incredibile o mostruosa.

Oltretutto, lo Stato, come tutti quelli del Sud degli Usa, sta facendo di tutto per attrarre investitori stranieri. Anche con buoni risultati: sono già sbarcate Nissan e Siemens e la più prestigiosa griffe industriale francese superstite, Airbus, ha recentemente annunciato che assemblerà i suoi jet nella vicina Alabama. «Resta da vedere se i francesi agiati sopporteranno il calore umido del Mississippi», maramaldeggia «Le Figaro». Lì, in effetti, i miliardari scarseggiano: il Mississippi è lo Stato più povero d’America.