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 2012  maggio 13 Domenica calendario

ALL’OMBRA DELLE LETTERE

Anticipiamo uno stralcio dell’introduzione di «Contro la
signorina Julie» di Per Olov Enquist
che Iperborea pubblica in e-book (€ 1,99, www.iperborea.com) il 14 maggio, centenario della morte di August Strindberg. Enquist – recentemente
ospite di Incroci di Civiltà, manifestazione promossa da Università Ca’ Foscari e Comune di Venezia – nel 1975 aveva debuttato come drammaturgo al Dramaten di Stoccolma, con «La notte delle Tribadi», che tratta del difficile rapporto tra August Strindberg e la prima moglie Siri von Essen. In questo stralcio lo scrittore svedese riflette sul rapporto tra vita e letteratura nell’opera di Strindberg.
Per Olov Enquist

Il 14 novembre 1887 il dramma di August Strindberg Il Padre debutta a Copenaghen. L’autore assiste alla rappresentazione, poi rientra a casa e nel corso della notte scrive una lettera all’amico Axel Lundegård.
Nella lettera afferma di volersi togliere la vita, e aggiunge: «Mi pare di vagare come un sonnambulo; come se vita e arte fossero una cosa sola. Non so se Il Padre sia frutto dell’immaginazione o se la mia vita lo sia; ma ho l’impressione che in un istante sempre più prossimo tutto ciò mi diverrà chiaro, e allora o la follia o i rimorsi o la spinta al suicidio mi faranno crollare. Per troppa letteratura, la mia vita ha assunto un carattere d’ombra; non mi sembra più di camminare sulla terra, piuttosto di fluttuare in un’atmosfera non d’aria ma di tenebra. Se la luce dovesse irrompere in questa tenebra cadrei al suolo spezzato. È singolare che in un sogno ricorrente mi paia di volare, senza peso, e mi sembra del tutto naturale, così come qualsiasi concetto di giusto o sbagliato, di vero o falso ha perso per me ogni consistenza, e tutto quel che accade, per quanto insolito, mi pare rientrare nell’ordine naturale delle cose».
Quel che abbiamo sotto gli occhi – uno sfogo enigmatico e disperato di uno Strindberg esiliato in Danimarca, una citazione su cui tornerò più avanti – non è tuttavia una circostanza esistenziale insolita per Strindberg. Né improduttiva. Nell’anno successivo a questa notte scriverà cinque lavori fondamentali per la sua opera, incluso il terribile romanzo Tschandala, che avrebbe continuato a fornire materiale all’ideologia razzista anche dopo che Strindberg l’ebbe abbandonata e rinnegata; ma a quest’anno risale anche il primo dramma naturalista del teatro mondiale, La signorina Julie; e nello stesso periodo, l’autore verrà accusato di aver stuprato una minorenne, fuggirà disperato a Berlino, divorzierà e schiuderà la porta della crisi di Inferno.
E non ha idea se la sua vita è frutto dell’immaginazione, o se la sua opera è l’unica vita che ha vissuto; e se in questa tenebra dovesse farsi luce, teme che ne sarebbe annientato.
Possiamo prolungare questo anno della vita di Strindberg e usarlo come simbolo di un problema generale per ogni interpretazione di August Strindberg. Cos’era vita per lui, cos’era poesia, o sogno, e cosa si nasconde dietro i diversi volti di Strindberg? Vita e letteratura nel suo caso sono intrecciate in maniera eccezionale, il che ha sempre creato problemi a chiunque volesse interpretarne l’opera. Alcuni dicono: attenetevi ai testi. Altri hanno sostenuto che egli abbia messo in scena la propria vita, catastrofi incluse, traendone materiale per la scrittura. È quasi sicuramente una sciocchezza – quasi – ma esprime lo smarrimento che colpisce chi vuole interpretare il rapporto tra la vita e l’opera di August Strindberg.
Strindberg aveva davvero molti volti. Se si leggono solamente i suoi lavori letterari, si ottiene una immagine particolare – ma non unica – della sua opera: gli innumerevoli drammi teatrali, alcuni mediocri, altri pietre miliari del teatro mondiale. Oppure quelle opere in prosa che hanno dato il via a un’epoca nuova nella storia del romanzo nordico moderno; questa parte della sua produzione purtroppo è poco conosciuta fuori dai confini della Svezia. Se ci si rivolge alle sue lettere invece, si ottiene un’immagine diversa: ne scriveva in maniera compulsiva, e ora sono tutte pubblicate.
Nelle lettere, è un altro. Sono lettere avvincenti, dalla prima all’ultima: s’infuria, si mette sulla difensiva, scherza, si dispera, a dire il vero è giovanissimo: un giovane «solo, dalle spalle piccole, tremante di freddo» come scrisse una volta Stig Dagerman, una persona indifesa, commovente, spesso abbastanza comica. Ma in ogni caso profondamente umana, con cui è facile identificarsi. L’August Strindberg delle lettere apre spiragli su molti dei suoi scritti. Leggendo le lettere diventa impossibile far distinzione tra vita e invenzione nella sua opera.
L’opera di Strindberg è costellata di apologie. Ma quale sia esattamente il capo d’accusa, spesso è difficile comprenderlo. Quando dichiara commosso che la ragazza del dramma Pasqua è innocente del furto di un fiore, ciò serve in qualche modo a velare un’altra colpa (forse il fatto di aver affidato, con la prima moglie Siri, il primogenito a una «fabbricante di angeli», al fine di nascondere una gravidanza prematura; infanticidio, in poche parole). Ma averne certezza è impossibile. La sostanza comunque è sempre: sono innocente! Innocente!
Ma di cosa? L’angoscia, e la colpa, non possono mai essere mascherate del tutto. Conferiscono ai testi un’ardente intensità. E aveva parecchie ragioni per essere disperato. Se a volte era paranoico, può dipendere dal fatto che era veramente perseguitato. E questo perché – oltre al resto! – Strindberg era davvero un homo politicus, costantemente impegnato nelle questioni politiche, costantemente in opposizione a un potere che, sentiva, l’avrebbe schiacciato, e che desiderava mettere continuamente in discussione. Ma il mondo della politica non era per lui una cosa sporca, da cui uno scrittore nobile doveva tenersi alla larga: al contrario, andava affrontato a viso aperto.
In questo modo divenne un modello per molti autori nordici. Scrivere testi politici non era nulla di sbagliato, era anzi una delle missioni degli scrittori. Una missione che egli intraprese con la serietà di un invasato. In seguito è stato spesso accusato di misoginia: sarebbe meglio dire che era un uomo che spesso tendeva a generalizzare le proprie delusioni private. Ferito, fuori di sé e vulnerabile, era più che altro un uomo come gli altri, incapace di fare a meno delle donne, anche di quelle che odiava...