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 2012  maggio 13 Domenica calendario

ROMA —

Il terremoto è solo l’inizio. Il dato elettorale che più ha colpito Giuseppe Pisanu è «la dispersione del voto moderato» e ora il presidente della commissione Antimafia sprona il Pdl ad accelerare, per passare dalla scomposizione alla ricomposizione del centrodestra. L’ex ministro non è tra coloro che sperano di isolare Berlusconi, ma certo non lo vede come leader di un’operazione che, nei suoi progetti, porterà alla nascita di un nuovo partito dei liberaldemocratici. A costo di infliggere al suo partito la scissione degli ex An.
Andare oltre il Pdl è ora una prospettiva ineludibile?
«Le amministrative sono state un terremoto. Escluso Grillo, tutti hanno perso voti. E oggi il Pdl può salvare la sua migliore esperienza soltanto confluendo assieme ad altre forze politiche e sociali in un nuovo movimento liberal democratico, laico e cattolico, costituzionale ed europeista, che stia alla larga da ogni forma di estremismo. Altrimenti il Pdl perderà ancora, con il pericolo di rifluire verso la destra più conservatrice».
Teme questa destra, presidente?
«Temo l’altra destra, quella più profonda ed extraparlamentare, che abbiamo visto più volte risalire dalle viscere del Paese per destabilizzare le fasi di transizione. Oggi tensioni sociali, protesta violenta e minaccia terroristica, accompagnate dalla debolezza politica generale, potrebbero richiamarla in campo con tutta la sua forza eversiva. Il contesto si presta allo scatenamento degli opposti estremismi e a nuove strategie della tensione».
Se Berlusconi si ritirasse dalla politica il Pdl non sarebbe più libero nel gioco delle alleanze?
«Più libero probabilmente, molto più povero di voti sicuramente».
Con Berlusconi ancora in campo, chi sarà il leader del nuovo rassemblement? Casini?
«Immagino una leadership collegiale, di cui Casini farà parte. Detto questo, prima o poi anche Berlusconi e Casini si dovranno pur dare appuntamento per definire un progetto comune».
Casini deve scegliere da che parte stare. Anche se il Terzo polo non ha brillato, è sempre lui l’ago della bilancia.
«Non è così. Guardi che l’ago della bilancia non determina nulla, perché registra soltanto la distribuzione dei pesi e va in direzione di quello maggiore. Casini invece è saltato dalla bilancia. Si è rimesso in gioco per contribuire alla nascita di un movimento e di equilibri nuovi, più consoni alla realtà del Paese e alla sua prospettiva democratica».
Esclude che Bersani e D’Alema riescano a portarlo dalla loro parte?
«Non ce la faranno, a meno che Casini non si riduca a far l’ago della bilancia. Io vedo la nascita di due grandi partiti, uno progressista e uno liberaldemocratico».
Questo provocherà lacerazioni e scissioni. Gli ex An da una parte e, dall’altra, Follini, Fioroni e gli ex Popolari...
«Vedremo, ma tutto ha una logica. Se il Pdl si liberasse degli attuali condizionamenti politici, altrettanto dovrebbe accadere nel Pd. Qualcosa devono pagare tutti perché la scomposizione generi una vera democrazia dell’alternanza e consenta la nascita di quell’ideale formazione liberaldemocratica, laica e cattolica, in grado di accogliere la grande maggioranza dei moderati italiani».
E la legge elettorale? L’accordo sembra lontano.
«Certamente i partiti non possono andare alle elezioni del 2013 in ordine sparso, occorre un assetto nuovo. Se non si cambia, il rischio è la paralisi e magari ne farà le spese il governo. Io spero che si trovi l’accordo per un nuovo sistema elettorale che eviti la frantumazione e favorisca la nascita di due grandi partiti a vocazione maggioritaria, capaci di collaborare quando le condizioni del Paese richiedano il massimo di solidarietà e unità nazionale».
Per Bocchino non si può fare il Ppe italiano finché c’è Berlusconi. Meglio l’alleanza con i democratici...
«Attraverso Berlusconi, si esprimono ancora oggi milioni di elettori. È impossibile ignorarli».
Ci sono le condizioni per la discesa in campo di un nuovo «salvatore della patria» come Passera o Montezemolo?
«Passera e Montezemolo hanno il senso della misura e penso che loro per primi rifiuterebbero quei panni: grazie a Dio, la patria non ha bisogno di uomini soli al comando. Se entrambi si impegnassero direttamente, la buona politica ne guadagnerebbe».
E Monti? Lo scenario che sia lui a succedere a se stesso è realistico?
«Se Monti riuscirà a fronteggiare l’emergenza e avviare la crescita, potrà risultare opportuno affidare ancora a lui la guida di un governo, che sia però più politico che tecnico».
Il Pdl è in grado di garantire lealtà al governo attuale?
«Mi auguro di sì. Nonostante le enormi difficoltà pratiche e l’inesperienza politica dei suoi ministri, il governo ha operato sostanzialmente bene. In Europa si è ricavato un notevole spazio di manovra e ora può sfruttarlo al meglio, facendo valere di più le ragioni della crescita su quelle del rigore».
Sicuro che Alfano e Berlusconi non staccheranno la spina?
«Finora lo hanno escluso entrambi e io credo alla loro buona fede. Le elezioni anticipate sarebbero una scelta suicida, innanzitutto perché recherebbero gravi danni all’economia, poi perché una quota consistente dei gruppi parlamentari sarebbe contraria, infine perché si creerebbe per reazione una specie di Fronte di liberazione nazionale contro il Pdl. A legge elettorale invariata, il risultato sarebbe catastrofico».
Il Pdl è alla ricerca di un leader?
«Non mi risulta che qualcuno abbia sollevato il problema e non vedo, all’orizzonte, alternative ad Alfano».
Monica Guerzoni