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 2010  aprile 16 Venerdì calendario

ROMA - 120

milioni di euro la Lega, declinata in tutte le sue forme.

Oltre 750 la galassia che oggi è incarnata nel Pd, ma che è stata Pds, Ds, Margherita, Ulivo, Unione.

900 milioni e passa il Pdl, sommando le sue quote a quelle di Forza Italia, An e precedenti vari.

Sono i soldi che i partiti hanno incassato dallo Stato dal 1994 a oggi.

Sapevamo che si trattava in totale di 2,3 miliardi di euro. Adesso - grazie a un lavoro certosino fatto dai Radicali sulle Gazzette Ufficiali fornite dal Parlamento - sappiamo come sono stati divisi quei fondi negli ultimi 18 anni. In base ai voti e al consenso ottenuti. Consentendo l’ingigantirsi di alcune macchine partito che oggi, senza i soldi pubblici, non saprebbero come andare avanti.

Dovrebbero dismettere sedi, licenziare persone. Andrebbero in bancarotta, dicono Pd e Udc. Del Pdl, sappiamo che già nel 2010 aveva un passivo di 6 milioni.

Antonio Di Pietro continua dire che vuole abolire il finanziamento pubblico via referendum e devolvere la quota di luglio al ministro Fornero. La sua tesoriera, l’onorevole Silvana Mura, ha però ammesso con Repubblica che i soldi cui intende rinunciare sono 4 milioni sugli 11 in arrivo, quelli che riguardano le elezioni politiche. E che lei pensa che il finanziamento vada abolito, certo, ma andrebbe già bene ridurlo di un quinto: «Perché io nel mio bilancio 2011 ho un milione e duecentomila euro solo di stipendi». E quindi, anche l’Idv si è ben nutrita di soldi pubblici. Non dal ’94, non c’era. Dal 2001 però ha incassato nelle sue diverse forme (è stata anche solo lista Di Pietro) 53,3 milioni di euro. Che dire della Lega? Ieri il governatore del Veneto Luca Zaia invocava l’abolizione dei fondi pubblici, il capogruppo alla Camera- il maroniano Gianpaolo Dozzo - ha annunciato che il Carroccio devolverà al sociale i milioni in arrivo a luglio (sarebbe interessante capire se si riferisce a tutta la quota, 11 milioni, o anche lui solo ai rimborsi delle politiche). Nel frattempo ha preso (con l’apporto regionale di Liga veneta Padania, lega nord Liguria padaniae via dicendo) un totale di 120,2 milioni di euro. Per tutti, si parla di soldi già incassati. Altri sono da venire per le rate mancanti delle elezioni di Camera e Senato, delle regionali, delle europee.

E ancora, l’Udc: se guardiamo agli anni passati, e riteniamo suo diretto antenato il Ccd e i cristiano democratici di Pier Ferdinando Casini, il partito ha ottenuto negli anni 121,4 milioni di euro. Se restringiamo il campo al partito attuale, sono 99 milioni. Così come restringendo all’attualità il giovane Pd ne ha presi 194 e il Pdl 230. Il passato però conta. All’interno dei partiti che hanno cambiato nomi e volti ci sono le stesse persone che hanno gestito un fiume incontrollato di denaro pubblico senza sentire l’esigenza di invocare certificazioni e stringere le verifiche prima del caso Lusi.

Prima che arrivassero le inchieste a far capire che in un sistema come questo, che consente di prendere soldi - e tanti - anche ai partiti morti, il cancro è dietro l’angolo. Ha ragione il segretario pd Pier Luigi Bersani quando dice che i fondi sono già stati diminuiti: erano di 289,8 milioni nel 2010, sono stati 189,2 nel 2011, saranno 165 nel 2013 e andranno a regime diventando 143 nel 2015. I radicali credono non basti, e soprattutto, che si debba conoscere come sono stati spesi i soldi che non sono serviti alle campagne elettorali.

Non devono dirlo solo Margherita e Lega. Devono dirlo tutti. Anche i partiti scomparsi che sopravvivono in fondazioni. Anche i piccoli: solo per le politiche del 2008 - stando alla Corte dei Conti - La Destra di Storace ha diritto a 6,2 milioni di euro, la Sinistra l’Arcobaleno a 9,3 milioni, Associazioni italiane in Sudamerica a 383mila euro, Autonomie Liberté democratie a 605mila, il Movimento associativo italiani all’estero a 487mila, il Movimento per l’Autonomia Alleanza per il Sud- quello del governatore siciliano Raffaele Lombardo - a 4,7 milioni di euro. Prende i soldi chi ottiene l’1 per cento, anche se non entra in Parlamento. Le cose da cambiare sono molte. Il Parlamento vuole cominciare dai controlli, col ddl targato Alfano, Bersani, Casini. Chissà se basterà.
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