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 2012  gennaio 31 Martedì calendario

TAV RIPARTE IN VERSIONE PIÙ LEGGERA

Un costo ridimensionato da 10,5 a 8,2 miliardi di euro; il finanziamento europeo che sale dal 30 al 40%; la quota a carico dell’Italia che scende dal 63 al 57,9% (al netto dei fondi Ue), pari a 2,8 miliardi. Con questi elementi chiave la parte fondamentale della Torino-Lione, la «sezione transfrontaliera» Saint Jean de Maurienne-Susa/Bussoleno, ha fatto ieri un fondamentale passo avanti. I governi italiano e francese, rappresentati dal vice-ministro alle Infrastrutture Mario Ciaccia e dal ministro dei Trasporti d’oltralpe Thierry Mariani, hanno firmato il nuovo accordo internazionale (“atto aggiuntivo” di quello del 2001).
L’accordo di ieri ufficializza le decisioni prese nei mesi scorsi in seno alla Conferenza Intergovernativa Italia-Francia (Cig). Rispetto all’intera “Parte comune italo-francese”, 112 km tra Montmélian a Chiusa San Michele (costo stimato: 10,5 miliardi di euro), sarà realizzata in una prima fase, solo la “sezione transfrontaliera”: il tunnel di base da 57 km da Saint Jean de Maurienne a Susa, più 1,5 km di connessione con la linea esistente, da Susa a Bussoleno. Il tunnel dell’Orsiera da Susa a Chiusa San Michele, viene rinviato a tempo indeterminato.
La parte sbloccata ieri costerà 8,2 miliardi. La Commissione europea si è dichiarata disponibile ad alzare il finanziamento dal 30 al 40% («La cifra è nella bozza di bilancio Ue», spiega il Commissario straordinario Mario Virano). Ciaccia e Mariani si sono detti convinti che Bruxelles confermerà questa quota, pari a 3.280 milioni.
Il trattato di ieri conferma che al netto degli aiuti europei la quota italiana scende dal 63% (accordo 2004) al 57,9%, pari a 2.848 milioni, e la quota francese sale dal 37 al 42,1% (2.072 milioni). «I 2,8 miliardi che l’Italia deve coprire con propri fondi – ha detto ieri Caccia – sono una cifra ampiamente sopportabile sui dieci anni di realizzazione dell’opera».
La progettazione definitiva è stata avviata il 9 gennaio scorso, per un tempo contrattuale previsto in 12 mesi. Poi il progetto deve essere approvato da conferenza di servizi e Cipe (parte italiana) e i lavori – hanno detto Ciaccia e Mariani – «partiranno nel 2013, per concludersi nel 2023, secondo quanto concordato con la Commissione Ue». Ancora incerta la parte tutta italiana dell’opera. Virano spiega che si sta lavorando a un progetto a basso impatto, che utilizzi la linea storica da Bussoleno a Torino, con la sola nuova tratta della bretella di Orbassano, per 2,2 miliardi (rispetto al progetto tutto in variante da 4,4 miliardi).
Dopo tre anni di attesa il Governo è pronto a erogare la prima parte del finanziamento di circa 300 milioni, promesso nel 2009 alla Valle di Susa per compensare l’arrivo della Torino-Lione. I soldi, 100 milioni a carico della Regione e 202 dallo Stato, sono destinati a finanziare le sette stazioni del sistema ferroviario metropolitano di Torino. «Il viceministro – spiega l’assessore ai Trasporti piemontese, Barbara Bonino – ha garantito che nel prossimo Cipe approverà un primo stanziamento». Venti milioni in tutto (a cui la Regione ne aggiungerà 10 da risorse Fas).
Non si spengono le polemiche con la popolazione della Val di Susa. «La tratta transfrontaliera – afferma – riguarda in modo diretto solo il territorio di Susa e Chiomonte, dove le rispettive amministrazioni sono aperte al dialogo. Saranno poi toccati, ma solo in modo marginale, i territori di Giaglione, Venaus e Mompantero». Alla marcia nazionale annunciata per il 25 febbraio in Valsusa, potrebbero aderire più una ventina di rappresentanti delle istituzioni locali. Alessandro Arona, Maria Chiara Voci • PROMOSSA SOLO LA MILANO-ROMA - A poco più di sei anni dall’inaugurazione della prima tratta ferroviaria ad alta velocità – la Roma-Napoli – arriva un primo tentativo di valutazione economica a posteriori del complesso di investimenti degli ultimi 20 anni sulle linee Av. Lo studio di Paolo Beria e Raffaele Grimaldi, del Politecnico di Milano («An early evaluation of italian high-speed projects») dà una prima valutazione ex post dei progetti realizzati, sottolineandone «i successi e le potenzialità ancora inespresse – dicono gli autori – ma anche le significative criticità». Un tentativo importante visto che «l’investimento nella rete Av, interamente a carico dello Stato, è stato affrontato sulla base di valutazioni estremamente deboli e senza stime pubbliche e dettagliate della domanda attesa».
Lo studio analizza in primo luogo offerta e domanda dei servizi Av: la prima è rappresentata dai servizi di Trenitalia (le varie Frecce); la domanda viene stimata sui dati disponibili forniti dalla stessa Trenitalia (su base aggregata), applicando poi a questi un modello "gravitazionale" (basato principalmente sulle popolazioni dei centri toccati) per ripartirli fra le varie tratte. Per un’analisi costi/benefici vengono poi esaminati i costi di costruzione e di gestione, meno il valore finale atteso dell’infrastruttura; i guadagni sono dati dai minori tempi di collegamento e dal risparmio sui costi operativi delle linee tradizionali. Tra i benefici indiretti (non considerati nella valutazione costi/benefici) gli autori citano il possibile spostamento di utenza da altri mezzi di trasporto al treno e la maggiore disponibilità di tracce per altri tipi di servizi sulle vecchie linee, anche se per questo ultimo aspetto «i maggiori problemi di capacità sono nei nodi urbani, e le linee Av non li hanno risolti».
Vediamo i saldi stimati tra costi e benefici: nel caso migliore – quello della Milano-Bologna – la domanda necessaria a giustificare l’investimento sarebbe di 8,9 milioni di passeggeri l’anno, contro una stima degli autori della domanda 2010 tra 5,9 e 7,2 milioni; nel caso peggiore, quello della Milano-Torino, per pareggiare i conti servirebbero 14,2 milioni di passeggeri a fronte degli 1,2-1,5 stimati per il 2010.
La conclusione degli autori è che «i risparmi di costo e di tempi di trasporto non giustificano l’investimento per nessuna delle tratte considerate (Torino-Milano, Milano-Bologna, Bologna-Firenze e Roma-Napoli) tranne, nel caso più ottimistico, la Milano-Bologna». Questa tratta e la Bologna-Firenze, secondo gli autori, «potrebbero raggiungere un saldo positivo considerando i benefici economici indiretti». Di conseguenza – e tenendo conto anche della tratta preesistente Firenze-Roma – non è complessivamente negativo il giudizio sull’intera tratta Milano-Roma. Il saldo sembra invece «negativo» per la Roma-Napoli e «molto negativo» per la Milano-Torino.
Per quanto riguarda quest’ultima linea, gli autori ipotizzano che (costi di costruzione a parte) la linea avrebbe potuto essere più sfruttata se costruita con standard non-Av, ovvero quelli simili alla "vecchia" direttissima Roma-Firenze, permettendo anche un utilizzo per servizi intermedi fra le due città. Tra Roma e Napoli invece pesa secondo Beria e Grimaldi l’estensione delle due metropoli, che per le relazioni tra due punti qualsiasi delle due aree urbane vanifica in parte i guadagni di tempo ottenuti con l’Av. Il debutto dell’operatore privato Ntv, previsto per quest’anno, aumenterà l’offerta e potrebbe avere un effetto positivo anche sulla domanda.
Lo studio si conclude con una valutazione – con la stessa metodologia – delle future estensioni della rete Av. Gli autori ricordano che il programma delle infrastrutture strategiche «non fa alcun riferimento alla domanda attuale o prevista e manca di considerazioni costi/benefici».
Le linee considerate sono Treviglio-Padova (parte della Milano-Venezia), tunnel del Brennero, Torino-Lione, Terzo valico dei Giovi, Napoli-Bari e Venezia-Trieste. «Per tutte le linee – scrivono Beria e Grimaldi – sono previsti pesanti incrementi della domanda, spesso pari al raddoppio del traffico passeggeri e il quintuplicamento del traffico merci. Presi non loro complesso, questi trend appaiono molto ottimistici e in contrasto con la stabilità degli andamenti pre-crisi».
La linea Napoli-Bari appare debole da ogni punto di vista: pochi passeggeri, poche merci, risparmi di tempo limitati; gli autori suggeriscono che un raddoppio e modernizzazione della linea attuale sia più appropriato.
Il tunnel Torino-Lione è quello per cui le previsioni sono più ottimistiche: «Difficile da giustificare, dato il calo continuo dei traffici negli ultimi 10 anni». «Se il nostro vicino fosse stata la Gran Bretagna e non la Francia – dice Beria – il nuovo tunnel non verrebbe mai fatto» poiché gli inglesi sono molto più attenti all’analisi dei costi e benefici dei progetti. La domanda attesa è «realisticamente elevata» per la Milano-Venezia, ma attenzione, ricordano gli autori: «Traendo lezione dagli errori commessi per la Milano-Torino, la Milano-Venezia dovrebbe essere costruita con maggiore attenzione ai collegamenti a medio raggio, con un modello tedesco o svizzero, senza necessariamente puntare alla massima velocità». Andrea Malan