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 2012  gennaio 31 Martedì calendario

ASSAD STA PERDENDO LA BATTAGLIA MEDIATICA

Con la guerra civile alle porte di Damasco intorno agli eventi siriani si è intensificata la battaglia dell’informazione, forse non meno determinante della prima per le sorti del Paese. A notizie vere o verosimili se ne alternano altre dubbie o fabbricate, come la tentata fuga della moglie di Bashar Assad, Asma, insieme ai figli, alla suocera e al cognato, il cui convoglio sarebbe stato bloccato da un conflitto a fuoco sulla strada dell’aereoporto. Ma anche le informazioni false aiutano a capire lo sgretolamento di un regime che soltanto due settimane fa invitava la stampa embedded, sotto scorta, a verificare chi teneva in pugno il Paese.
La svolta, anche mediatica, è avvenuta l’11 gennaio quando a Homs è rimasto fulminato da un mortaio l’inviato di France 2 Gilles Jacquier: le autorità di Damasco che lo avevano portato insieme ad altri giornalisti dentro la roccaforte della rivolta non erano più in grado di garantire la sicurezza. Un segnale pessimo per un regime che non era riuscito neppure a oscurare Al-Jazeera, il network del Qatar che qui, come in Libia, è diventato una delle armi più potenti dei ribelli arabi a patto che non siano ostili a sovrani ed emiri assoluti del Golfo.
L’esito della guerra è incerto ma il fronte dei ribelli - che ieri hanno denunciato 60 vittime - sta vincendo la battaglia dell’informazione. Dalla sua ha i media occidentali e quelli sponsorizzati dalle monarchie sunnite del petrolio, l’invasione dei video su YouTube, la simpatia dell’opinione pubblica, mentre l’opposizione convoca la stampa più volte al giorno a Istanbul o a Parigi per commentare passo dopo passo gli eventi sul campo e le manovre diplomatiche, incentrate sul tentativo di varare una risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu che deve superare il veto di Mosca.
La Russia prende tempo. Ha proposto al Consiglio nazionale siriano (Cns) di andare a Mosca per negoziare con Assad: la risposta è no, il Cns chiede al presidente di uscire di scena. I russi vogliono esaminare il rapporto della Lega Araba prima di avviare la discussione al Consiglio di sicurezza: sulla Siria hanno tracciato una linea rossa per salvaguardare il loro ultimo alleato in Medio Oriente.
La battaglia delle notizie e delle pressioni diplomatiche avviene sullo sfondo di un altro conflitto: è la "guerra delle ombre" che si agitano dietro al clan degli Assad e nel fronte variegato dell’opposizione. Bashar appare bruciato e somiglia sempre di più al presidente Saleh in Yemen che dopo mesi di manifestazioni, sparatorie e rivolte, è decollato per gli Stati Uniti lasciando i poteri al suo vice.
La soluzione "yemenita" guadagna terreno. L’impressione è che in Siria sia in corso una sorta di golpe strisciante di settori militari e dei servizi convinti che sia finita la parabola degli Assad, esponenti della minoranza alauita. Non ci sono basi certe per affermarlo, ma si possono fare alcune considerazioni: questo regime si sta sfaldando troppo rapidamente. Le diserzioni hanno fortemente influito sul morale dell’esercito ma era difficile immaginare che i carri armati arretrassero fino alla periferia di Damasco. Dentro agli apparati di sicurezza forse si delineano due correnti: la linea dura del clan Assad e quella più realista di ufficiali e dirigenti che pensano a salvare le istituzioni prima che vengano totalmente screditate di ogni legittimità. Le Forze armate sono il nocciolo duro del potere, hanno rappresentato lo scudo contro ogni attacco allo status quo ma sono anche l’arma ideologica di un Paese che dal 1967 vede le alture del Golan occupate da Israele: tutti sono consapevoli che l’alternativa al regime non può eludere il nazionalismo, l’unico collante del mosaico etnico e settario siriano.
La stessa opposizione che continua a ribadire di non voler trattare con Bashar non ha indicato che cosa intende fare: o vince sul campo, ma a costi umani altissimi, oppure deve sedersi al tavolo per negoziare la transizione. La stessa ala politica del Cns nutre dubbi sulla capacità delle milizie di trovare una exit strategy.
Battaglia dell’informazione e diplomatica, guerra civile e delle "ombre": dalle Nazioni Unite dovrebbero venire ora indicazioni più convincenti di quante ne abbia date la fallimentare missione della Lega Araba, altrimenti la soluzione per la Siria si allontana pericolosamente.