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 2012  gennaio 30 Lunedì calendario

SUI LICENZIAMENTI TANTE TERAPIE

Molto si discute in questi giorni sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, cioè della norma che stabilisce le conseguenze in caso di accertamento dell’inefficacia o dell’invalidità di un licenziamento.
La sanzione è la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e la condanna del datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria pari alla retribuzione dalla data del licenziamento a quella della effettiva reintegrazione, con un minimo di cinque mensilità. È il lavoratore e non il datore di lavoro che può scegliere di ricevere un’indennità pari a quindici mensilità in alternativa alla reintegrazione, oltre al risarcimento dei danni. La norma non ha applicazione generale ma riguarda solo datori di lavoro che occupano più di 15 dipendenti nell’unità produttiva o nello stesso comune o più di 60 dipendenti in totale. Al di sotto di queste soglie occupazionali scatta un altro regime sanzionatorio che prevede la riassunzione del lavoratore o, a scelta del datore di lavoro, il pagamento di un’indennità da 2,5 a 6 mesi.
La misura massima di questa indennità può essere elevata sino a 14 mesi per lavoratori con anzianità superiore a venti anni, occupati presso un datore di lavoro con più di quindici dipendenti complessivamente. Questo secondo tipo di tutela che prevede un risarcimento quale alternativa alla riassunzione o alla ricostituzione del rapporto è il più diffuso nel l’Unione europea.
Il confronto
Come emerge dal confronto realizzato da Allenza Iuslaboris (da cui sono tratte le schede a fianco), ciascun paese ha una propria legislazione nazionale caratterizzata da profonde peculiarità.
In tutti i Paesi dell’Unione un licenziamento deve essere sorretto da ragioni o di carattere soggettivo, legate cioè a un comportamento del lavoratore, che non necessariamente deve costituire un inadempimento, o da ragioni di carattere economico o produttivo che riguardino l’organizzazione dell’impresa e il suo miglior funzionamento.
La valutazione della serietà delle ragioni del recesso viene demandata al giudice che tuttavia potrà valutare se il licenziameno è semplicemente "ragionevole", nel Regno Unito o l’unico rimedio possibile, in Germania.
Le sanzioni
Non c’è uniformità di principi nelle sanzioni previste nei singoli ordinamenti. Il risarcimento di carattere economico è il rimedio che viene principalmente utilizzato nei paesi del l’Unione anche se poi la misura dell’indennità varia profondamente nei diversi ordinamenti e può arrivare sino a 42 mesi in Spagna o a 32 mesi in Svezia. Nel Regno Unito il risarcimento non può superare un ammontare che viene aggiornato ogni anno e che attualmente è pari a circa 85 mila euro: nessuna limitazione al risarcimento per i casi di licenziamento discriminatorio.
La reintegrazione, invece, è prevista in altri Paesi quali, ad esempio, Germania, Francia (solo per licenziamenti discriminatori), Slovenia, Repubblica Ceca, ma costituisce l’unica decisione del giudice in Italia, Portogallo, e Austria. In Germania sia il datore di lavoro che il lavoratore possono in alcune circostanze chiedere al giudice una pronuncia che disponga la risoluzione del rapporto qualora la sua prosecuzione non sia più tollerabile a fronte del riconoscimento di un’indennità pari al 50% di una mensilità per ciascun anno di servizio.
In alcuni Paesi il lavoratore ha poi l’onere di contestare il licenziamento e avviare un giudizio in tempi brevi: due settimane in Austria, tre settimane in Germania, 60 giorni in Italia, con l’obbligo per il lavoratore di instaurare una causa giudiziale nei 270 giorni successivi.
Il requisito dell’anzianità
È presente in molti Paesi la previsione di un’anzianità di servizio minima necessaria per beneficiare delle tutele previste dalla legge: in Francia un dipendente con meno di due anni di servizio o occupato presso un datore di lavoro con meno di 11 dipendenti deve dimostrare di avere subito uno specifico pregiudizio per ottenere un risarcimento del danno. In Germania la soglia di tutela scatta dopo sei mesi e per datori di lavoro con più di 5 o 10 dipendenti, a seconda della data del contratto di lavoro. Tuttavia, anche al di sotto di queste soglie il licenziamento non è libero ma deve essere comunque intimato nel rispetto dei principi generali contenuti sia nel Codice civile che nella Costituzione tedesca che sanciscono il diritto di avere e mantenere il proprio posto di lavoro. Quindi anche al di fuori dell’ambito di applicazione delle regole generali il licenziamento non può mai essere arbitrario o meramente pretestuoso. Nel Regno Unito la tutela scatta dopo un anno di servizio anche se tale termine sarà esteso a due anni dal 6 aprile 2012 (ma solo per i lavoratori che saranno assunti dopo tale data).
Insomma il quadro della legislazione in Europa è assai variegato ma sicuramente può fornire spunti di riflessione al fine di un auspicabile avvicinamento delle diverse legislazioni anche su questa materia.