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 2012  gennaio 30 Lunedì calendario

“Rino”, il ragazzo di Novara che non voleva entrare in politica – «Pronto? Sono Scalfaro...»

“Rino”, il ragazzo di Novara che non voleva entrare in politica – «Pronto? Sono Scalfaro...». Pomeriggio del 26 maggio 1992. Mancano pochi minuti all’ultima votazione e a Montecitorio i giochi sembrano ormai fatti: sarà il presidente della Camera, Scalfaro, il nuovo Capo dello Stato. E lui, il novarese Oscar Luigi, per gli amici «Rino», chiama la sua città, anzi il prefetto Vittorio Jannelli: «Mi spiace informarla che molto probabilmente il 3 giugno non potrò essere al ricevimento che lei ha organizzato per la festa della Repubblica, perché sarò detenuto a Roma...». Un novarese al Colle? Impensabile. In quella giornata afosa nella mente del futuro Presidente si accavallano i pensieri, ma uno l’attraversa su tutti: gli «scherzi» del destino. Lui, l’uomo di fede, il magistrato scrupoloso e combattuto dai conflitti interni quando fu chiamato a giudicare di vita e morte in uno dei momenti più drammatici della storia d’Italia, una certezza l’aveva avuta sin dall’inizio: quella di non entrare mai in politica. E’ il 1946 quando due sacerdoti, padre Fasola, futuro vescovo di Agrigento, e don Angelo Stoppa, lo incitano a scendere in campo. Lui, 27 anni, vedovo di Mariannuzza Inzitari, una figlia da crescere (Marianna), risponde quasi con riluttanza: «Non se ne parla nemmeno». Ma non riuscirà a dire «no» a monsignor Leone Ossola, ieratico, autorevole vescovo della Liberazione di Novara, che lo chiama e gli dice: «Oggi sacrifichiamo uno dei nostri giovani migliori, d’altra parte ora la prima linea è lì, nella politica». E Scalfaro si tuffa in quella avventura che alla fine lo porterà al Quirinale, senza mai recidere il cordone ombelicale che lo tiene legato alla terra d’origine. Tanto da dividersi tra Roma e la sua Novara, bacino e punto di partenza per i consensi elettorali, approdo rinfrancante nei momenti di difficoltà. Manterrà residenza in via Campagnoli, anche durante il settennato al Colle. Un mese dopo l’elezione, Scalfaro torna a Novara per tributare l’omaggio alla città e parlando della sua candidatura all’Assemblea Costituente dirà: «Credetti di essere ingaggiato per un anno e sono ancora qui. Non sempre le prognosi riescono esatte anche a quelli che non sono medici...». Gli impegni istituzionali a Roma, il cuore a Novara. Dove rientra appena può, perché qui sono rimasti gli affetti più veri, il ricordo più sconvolgente, la morte della sua sposa 17 giorni dopo aver dato alla luce Gianna Rosa, nome poi cambiato in Marianna per omaggiare la vedova Mariannuzza. E sarà proprio la «signorina Marianna» a vivergli accanto, premurosa e discreta collaboratrice sino a diventare la «first lady» al Quirinale. Allevata da zia Concetta, sorella di Scalfaro, erudita dalle suore del Sacro Cuore, laurea in psicologia alla Cattolica, appena può raggiunge il padre nella capitale. Sovente rientrano entrambi nel «buen retiro» di Novara, anche in occasione della festa patronale dedicata a San Gaudenzio. Per recarsi a deporre un fiore sulla tomba della moglie e della madre (che Marianna non ha mai conosciuto), nel cimitero di Cameri, alle porte della città. E’ qui che Oscar Luigi Scalfaro riposerà da domani, accanto alla sua Mariannuzza, di origine calabrese come lui, figlia di un impiegato delle Poste come i genitori del futuro Presidente. Aveva poco più di 19 anni e il marito 26, quando la vide spegnersi, forse per un embolia post-parto. Un dolore sconvolgente, che lo ha segnato per sempre, ma forse gli ha rafforzato anche la fede che lo accompagnerà per tutta la vita. Di quel tragico evento dirà molto tempo dopo: «Non siamo nati per capire tutto, ma per amare sempre».