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 2012  gennaio 30 Lunedì calendario

MPS. I NUOVI EQUILIBRI SENZA CALTAGIRONE

Viola, Destro e McCalebb, grazie a questi tre uomini Siena ha vissuto una settimana di entusiasmi come non le capitava da tempo. Il primo è il direttore generale del Monte dei Paschi, gli altri due, con la scritta Montepaschi sulla maglia, hanno contribuito a realizzare due imprese sportive da album dei ricordi. Mattia Destro con un gol segnato appena entrato ha portato il Siena calcio alla semifinale di Coppa Italia contro il Napoli. Bo McCalebb ha invece scritto 25 punti a referto con la Mens Sana, nella straordinaria vittoria a Madrid, sul Real, nell’Eurolega di basket. L’impresa più difficile è stata però quella di Fabrizio Viola, che appena preso il timone del terzo gruppo bancario italiano ha convinto i mercati che la più antica banca al mondo vale più di 20 centesimi per azione. E così nelle ultime cinque sedute il titolo ha messo in atto un progresso del 40 per cento.
Incroci pericolosi
Una più adeguata considerazione borsistica può fare bene al Monte dei Paschi, ma non può bastare a risolvere i problemi che ci sono. Il livello di patrimonializzazione della banca è sotto osservazione, soprattutto perché il primo azionista, la Fondazione Monte dei Paschi, specchio delle realtà amministrative locali, è gravata da un miliardo di euro di debiti. Una cifra colossale che ha spinto più d’uno a ipotizzare un intervento nel capitale addirittura dello Stato, per mano della Cassa Depositi e Prestiti attraverso il fondo infrastrutture. Un intervento delicatissimo. Al di là dei vincoli di legge, si porrebbe il principio di opportunità: perché il Monte dei Paschi sì ed altre banche no? Il fatto è che in momenti di crisi prolungata come l’attuale i vertici della Cdp sono tirati per la giacca ad ogni passo, ma la ratio degli interventi del braccio operativo del Tesoro deve essere altra. Tanto più che, anche recentemente, il nome di Franco Bassanini, presidente della Cassa depositi e prestiti e tradizionalmente vicino a Siena, è stato fatto quale possibile nuovo presidente della Fondazione senese.
Addii
Se è difficile accreditare l’intervento pubblico nel capitale del Monte dei Paschi, va considerato con attenzione anche la presenza dei privati. Perché la scorsa settimana è stata sì caratterizzata da alcuni successi di cui abbiamo detto, ma c’è stata anche la contemporanea operazione di addio del vicepresidente Francesco Gaetano Caltagirone, che prima ha venduto pacchetti importanti di azioni Mps scendendo da quasi il 5 per cento a poco più dell’uno e poi ha rinunciato alla carica dalla quale si era autosospeso lo scorso 10 novembre. Per capire cosa stia dietro a questo cambiamento di direzione, con tanto di vendita in pesante perdita dei titoli Mps, è necessario richiamare alcune vicende. In primis l’articolo 36 della legge 214 del 2011, che dice: «È vietato ai titolari di cariche negli organi gestionali, di sorveglianza e di controllo e ai funzionari di vertice di imprese o gruppi di imprese operanti nei mercati del credito, assicurativi e finanziari di assumere o esercitare analoghe cariche in imprese o gruppi di imprese concorrenti».
Svolte
Caltagirone, vicepresidente delle Assicurazioni Generali, dimettendosi ha dunque ottemperato a un obbligo di legge. L’ingegnere romano ama giocare d’anticipo, così, come si era autosospeso a novembre dopo la condanna in primo grado a 3 anni e 6 mesi nel processo Unipol-Bnl (fatti del 2005), giovedì ha preferito mantenere la poltrona a Trieste, sancendo la contemporanea rottura con Siena. Anche perché, in caso di condanna definitiva — ma l’ipotesi prevalente configura la prescrizione — il regolamento per gli amministratori di una compagnia assicurativa è leggermente meno stringente di quello che governa le banche.
Il vero nodo non è dunque la dimissione da vicepresidente, quando la cessione (in forte perdita) delle azioni, per di più per andare a investire in un’altra banca, Unicredit. Un comportamento dettato dall’incrocio di almeno due matrici: da un lato il prossimo addio alla presidenza di Banca Mps di Giuseppe Mussari, con il quale Caltagirone da anni ha identità di vedute su una serie di partite strategiche. Poi, sembra che a Caltagirone non abbia fatto per nulla piacere l’essere pubblicamente considerato — stante le difficoltà della Fondazione Mps — una sorta di acquirente di ultima istanza delle azioni che potrebbero essere messe in vendita per sanare gli errori (altrui) di gestione. Così Caltagirone lascia Siena. Terrà una quota, sotto il 2 per cento e attenderà tempi migliori.
I nodi da sciogliere
La soluzione dei problemi senesi non spetta più all’imprenditore romano. La palla è in mano alla Fondazione. La Borsa, come detto, ha salutato positivamente l’esordio alla guida di Viola, ma in Piazza del Campo i problemi restano. La Banca deve restituire 1,9 miliardi di Tremonti Bond. Per farlo nel 2011 ha realizzato un aumento di capitale da oltre 2 miliardi. L’operazione però non si è completata perché contemporaneamente è intervenuta l’Eba, l’Autorità europea di settore, chiedendo un buffer, un cuscinetto «temporaneo» di capitale. Quando l’emergenza finirà, il Monte libererà il capitale e restituirà i bond governativi, sui quali continua a pagare interessi.
La Fondazione invece deve fare i conti con i covenant. Se il titolo in Borsa tiene sopra i 30 centesimi, la gestione dei covenant sarà più agevole, altrimenti la soluzione è facilmente prospettabile. Con una simile struttura proprietaria un nuovo aumento è altamente improbabile e fortemente non voluto. Così i creditori (Credit Suisse per 300 milioni e Mediobanca per 200, su tutti) escuteranno il pegno e diverranno azionisti. Nel frattempo, finita la crisi di liquidità grazie alla manovra espansiva della Bce, la banca prova a mettere a posto il bilancio con un po’ di carry trade.
Stefano Righi