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 2012  gennaio 30 Lunedì calendario

«COSTRUIREI UNA FABBRICA, MA ASPETTO I PERMESSI DA 4 ANNI» — A

un certo punto si erano messe di mezzo persino le rane. Pareva che la presenza di un nuovo stabilimento tra i colli della Brianza fosse incompatibile con la vita e l’habitat degli anfibi autoctoni. Poi s’è scoperto che no, le rane potevano dormire sonni tranquilli; e allora è cominciata la tiritera del piano occupazionale, del piano industriale, dei lavori di compensazione. Morale: quattro anni non sono bastati perché Vittore Beretta capitano dell’industria alimentare dei salumi, ottenesse l’ok all’apertura di un nuovo complesso che avrebbe creato 300 posti di lavoro.
Verrebbe da scherzare dicendo che il vento della crisi, evidentemente, non è ancora arrivato in queste zone della Lombardia. Fame di occupazione? Necessità di alleggerire il carico burocratico che pesa sulla vita dei cittadini e delle imprese? Sembra che in Brianza si possa ancora fare a meno di rispondere a domande tanto assillanti. E invece così non è perché Marco Panzeri, sindaco pd di Rovagnate e strenuo oppositore del nuovo stabilimento della Beretta, si è trovato contro l’associazione locale degli imprenditori (e vabbè) ma anche i sindacati e l’amministrazione provinciale di Lecco, tutti intorno a dirgli che di questi tempi gettare dalla finestra 300 nuovi posti di lavoro è peccato mortale, anche nella Brianza che ormai è tutta un capannone.
Come sta andando a finire? Che in questo momento la trattativa per il nuovo salumificio Beretta, 120 milioni di investimento su un’area di 150 mila metri quadrati, è su un binario morto. Se ne riparlerà, semmai, dopo le elezioni comunali di Rovagnate del giugno prossimo, alle quali Panzeri non potrà ricandidarsi perché giunto al termine del suo secondo mandato. Nel frattempo salsicce e affettati che avrebbero potuto uscire da Rovagnate verranno prodotti altrove.
«Tutto avrei pensato tranne che di questi tempi in Italia fosse così difficile creare nuovi posti di lavoro» commenta adesso Vittore Beretta, a capo di un gruppo che fattura 580 milioni l’anno e che conta già su quattro stabilimenti in Italia e altre unità produttive in Cina e negli Stati Uniti e circa 1.100 dipendenti. A questo proposito il paragone rischia di farsi impietoso: «A Nanchino le autorizzazioni per aprire la nuova fabbrica mi sono state concesse in 20 giorni, le autorità della California ci hanno messo due mesi. Ora, capisco il rispetto delle regole, nessuno pretende di fare concorrenza alla Cina anche sui 20 giorni; ma possibile che in Italia, nella mia terra, passino quattro anni senza arrivare a una conclusione?».
Certo, il gioco delle parti richiede i suoi tributi, la politica e il consenso hanno le loro esigenze, ma su cosa si è realmente incagliata la trattativa? «Su una questione di vil denaro — afferma Beretta — e su nient’altro, visto che il nuovo stabilimento sarebbe nato su terreni già destinati a quel tipo di uso: a un certo punto il Comune di Rovagnate mi dice che per avere l’ok alla costruzione della fabbrica dovrei pagare la ristrutturazione di un edificio di proprietà pubblica del ’700, Villa Sacro Cuore. Pago di tasca mia il progetto e la stima per il maquillage edilizio, salta fuori una spesa di 5 milioni di euro. Spiacente, rispondo, è un costo eccessivo visti i tempi che si avvicinano, sono disposto a finanziare solo il primo lotto di lavori. La risposta è stata picche e su questo ci siamo lasciati».
Vista dalla parte del sindaco Panzeri, la prospettiva è differente; il primo cittadino del comune brianzolo ha sempre dichiarato di aver agito nell’interesse generale della comunità: «Non c’è solo la questione di Villa Sacro Cuore. L’azienda — sono sue parole — si è sempre rifiutata di mettere per iscritto i suoi impegni: il piano industriale, il piano occupazionale. Il mio ruolo mi impone di pensare prima all’interesse dei miei cittadini, poi a quello di un imprenditore».
I sindacati, dal canto loro, il nuovo stabilimento lo aprirebbero anche domani e hanno mandato a dire al sindaco che strappare piano industriale e posti di lavoro fa parte del loro mestiere; tanto più che, proprio nei giorni in cui pareva concretizzarsi la possibilità dell’ampliamento da parte della Beretta, nel vicino comune di Santa Maria Hoè la Candy chiudeva una fabbrica lasciando a casa centinaia di lavoratori. Le rane, almeno quelle, nel frattempo erano state sistemate: la zona di Rovagnate è attraversata da un «corridoio di rispetto ecologico» ma è bastato un cambio di amministrazione alla Provincia di Lecco e le rane non hanno più rischiato lo sfratto da parte dei suini.
«Il problema in Italia — ecco la morale che ne tira Vittore Beretta — è che qualcuno all’ultimo momento può mettersi di mezzo e trovare un appiglio burocratico che blocca qualsiasi cosa. Ripeto, non contesto le regole, non faccio un dramma di quello che è accaduto; ma faccio notare che anche in altre parti d’Italia ho chiesto di aprire nuove sedi, la soluzione è stata trovata. Il mio obiettivo era di far nascere a Rovagnate il polo di riferimento del mio gruppo. Sono di queste parti, la Brianza è la mia terra. Se non potesse essere così davvero mi dispiacerebbe».
Claudio Del Frate