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 2012  gennaio 30 Lunedì calendario

Buffett, il miliardario pro-tasse è un mago nel pagarne poche – «Will Buffett Avoid the Buffett Rule?» Che sarebbe:«Buffett evite­rà la tassa Buffett?»

Buffett, il miliardario pro-tasse è un mago nel pagarne poche – «Will Buffett Avoid the Buffett Rule?» Che sarebbe:«Buffett evite­rà la tassa Buffett?». Il titolo dell’ autorevole Wall Street Journal è piuttosto significativo e assoluta­mente emblematico per racconta­re una storia americana che ha i contorni (e i limiti) della burletta da strapaese. Partiamo dall’antefatto. Da set­timane Barack Obama va in giro per gli Stati dell’Unione suonan­do lo stesso refrain: la necessità di adottare al più presto un sistema di tassazione in base a cui i milio­nari dovranno pagare almeno la stessa percentuale di tasse che sborsano i contribuenti della clas­se media. La proposta, subito astu­tamente denominata dal presi­dente «Buffett rule», dal cognome del miliardario Warren Buffett, che spesso si è lamentato del fatto che i ricchi come lui pagano una quantità inferiore di tasse rispetto ai contribuenti della classe me­dia, andrà ad aggiungersi al piano da 447 miliardi di dollari di nuove entrate fiscali che il presidente Obama sta promuovendo per co­prire le spese a breve termine. Ma se è vero come è vero che non più tardi di un mese Buffett aveva scrit­to sul New York Times che lui e i suoi amici ricchi erano «stati vizia­ti abbastanza a lungo da un Con­gresso amico dei miliardari » è an­che vero che Warren Buffett non è proprio, come dire, l’ultimo degli sprovveduti in circolazione. Ot­tantadue anni, imprenditore e fi­nanziere, soprannominato «l’ora­colo di Omaha », dalla città del Ne­braska che gli ha dato i natali, War­ren Buffett nel 2007 e nel 2008, se­condo la rivista Forbes , è stato l’uo­mo più ricco del mondo, mentre nel 2011, con un patrimonio sti­mato di 47 miliardi di dollari, giu­sto per ricordarlo, è stato il terzo uomo più ricco del mondo, dopo Bill Gates e il quarantesimo uomo più ricco di tutti i tempi. Solo che, nonostante la sua ricchezza, le sue proprietà, i suoi leggendari in­vestimenti e, buon ultimo, il suo «democratico» proclama a favore di un’equa tassazione Buffett di tasse fino ad oggi ne ha pagate po­chine e continuerà, dati alla ma­no, secondo i calcoli del Wall Stre­et Journal , a pagarle. Grazie ad un paio di solidi appi­gli: il primo è che con la sua Be­rkshire Hathaway, il secondo più grande riassicuratore mondiale (consolidatosi nel tempo dopo l’acquisizione di aziende sottova­lutate nei più variegati settori, dai servizi all’industria, dalle assicu­razioni alla biancheria, passando per società che offrono proprietà frazionata di jet privati) Buffett non ha mai, per una precisa scelta strategica, distribuito dividendi (quindi: no dividendi uguale no tasse sui dividendi). E l’altro soli­do appiglio che potrà consentire appunto a Warren Buffett di aggi­rare la «tassa Warren Buffett», co­me fa rimarcare ancora il popola­re giornale economico america­no, è la sua spiccata predisposizio­ne alla generosità. Buffett è un ge­neroso per natura ( o forse per cal­colo e convenienza). Giusto per dare un’idea nel 2006 ha donato 37 miliardi di dollari in azioni be­nefiche per le popolazioni del Ter­zo Mondo. In buona sostanza de­vol­vere in beneficenza è una gran­de strategia di pianificazione fisca­le, perché la legislazione america­na prevede che praticamente ogni donazione a organizzazioni no profit o charities, ad enti mora­li come­a organizzazioni amatoria­li offra al contribuente ( anche e so­p­rattutto al contribuente miliona­rio) la possibilità di detrarre so­stanziali somme dalla propria di­chiarazione dei redditi. Illuminante a questo proposito la ritrosia di Buffett mostrata l’an­no scorso quando la sua Berkshi­re Hathaway stava negoziando l’acquisizione della North Santa Fe Railway per salvaguardare i suoi azionisti da un eccessivo cari­co di imposte. E ancora il suo «pro­fondo dispiacere» quando Kraft Foods, controllata in parte sem­pre da Berkshire, vendendo la «di­visione pizza» alla Nestlè è ince­spicata in una tassazione di un mi­liardo di dollari. «È ammutolito ed è rimasto col broncio per gior­ni », osservarono i suoi collabora­tori. A questo punto, forse sareb­be il caso di suggerire a Obama di non chiamarla più «tassa Buffett». Gabriele Villa