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 2012  gennaio 28 Sabato calendario

SBLOCCATI I CONTRIBUTI A UNA VENTINA DI TESTATE

Arriva una boccata d’ossigeno per una ventina di quotidiani non profit, politici, di società cooperative, di minoranze linguistiche, delle comunità italiane all’estero e per una decina di periodici gestiti da cooperative. I contributi sospesi in attesa di definizione di accertamenti amministrativi sono stati in gran parte finalmente sbloccati dopo le ultime verifiche”. Il primo incontro tra il segretario della Fnsi, Franco Siddi, e il nuovo sottosegretario all’editoria, Paolo Peluffo, viene definito “incoraggiante” nella nota diffusa ieri sera dal sindacato dei giornalisti per raccontare come procede la vicenda dei fondi per l’editoria. Il taglio alle risorse stabilito dal governo Berlusconi per il 2011 era stato confermato da Monti, con l’aggiunta di uno stop totale ai finanziamenti futuri, salvo ridefinizione dei criteri distributivi. Nel frattempo, un centinaio di testate restava col fiato sospeso attendendo ancora la distribuzione 2010. Già a dicembre l’allora responsabile, Carlo Malinconico, aveva distribuito una parte dei 150 milioni stanziati per l’anno scorso. Ieri sul tavolo sono state messe molte situazioni di giornali pressoché sconosciuti al grande pubblico, che garantiscono comunque diverse centinaia di posti di lavoro. Molte quelle che sono riuscite a veder sbloccato il contributo, dal “Corriere di Forlì” al “Giornale” di Calabria, da “Bari Sera” al “Dolomiten”, dalla “Voce di Romagna” al “Puglia”. Restano bloccate le pratiche di “Libero” e “Riformista” così come il “Foglio”. Preso in considerazione “l’Avanti” di Valter Lavitola, che s’è visto opporre uno stop: indagini in corso, niente soldi. Happy end invece per “L’Opinione”, il giornale diretto da Arturo Diaconale con sede in via del Corso 117, proprio dove c’è “l’Avanti”: la Guardia di Finanza ha certificato la netta distinzione delle due strutture. Via libera anche per altre testate storiche come il “Roma” e il “Secolo d’Italia”. Niente da fare per il “Giornale di Toscana”, edito da Denis Verdini: su di lui pende l’accusa di aver ottenuto indebitamente 17 milioni di euro in contributi all’editoria.
ch.p. - RCS, RIVOLTA DEI GIORNALISTI, SOLDI PUBBLICI PER PAGARE SPRECHI - La Spagna non lascia dormire sogni tranquilli a manager e azionisti della Rcs. Con un nuovo, durissimo, comunicato nell’edizione di ieri, i giornalisti e i dipendenti del gruppo editoriale del Corriere della Sera insistono sul flop dell’acquisizione spagnola Recoletos e alzano il tiro su amministratori e azionisti. Arrivano anche le prime sfiducie ai direttori.
Proprio mentre vengono chiuse testate come il free press City ricorrendo alla cassa integrazione o ai prepensionamenti, con “un aggravio straordinario per gli enti di previdenza”, secondo i giornalisti di via Solferino “una casta (questa sì) di intoccabili non paga neppure il minimo pegno per le scelte scellerate in termini di politica aziendale , di investimenti (l’acquisizione della Recoletos spagnola è l’esempio più eclatante) che, ben oltre la crisi congiunturale, hanno portato al disastro”.
Il primo a fare le spese di una protesta sempre più agguerrita è stato ieri il direttore della Gazzetta dello Sport, Andrea Monti, che è stato sfiduciato ad ampia maggioranza dai suoi redattori.
DOPO IL DRASTICO comunicato di martedì, firmato dai rappresentanti sindacali di Gazzetta dello Sport, Corsera e poligrafici, ieri sono tornati alla carica i giornalisti del quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli. Questi ultimi hanno scelto la formula della lettera ai lettori per tenere alta l’attenzione sul braccio di ferro in corso con l’azienda che, per salvare il salvabile, ha deciso di puntare sulla cessione dell’immobile di via Solferino trasferendo la Gazzetta alla periferia di Milano insieme a tutti i poligrafici. Smembrando, quindi, la redazione del Corriere che si troverebbe a dover “comporre un giornale «bionico», le cui parti vengono costruite in luoghi diversi e poi assemblate con escamotage informatici”. Non solo. Nei disegni della dirigenza ci sarebbe anche la separazione del corpo redazionale dello stesso Corsera, con il trasferimento in via Rizzoli anche di alcuni giornalisti della testata. Una scelta che secondo il sindacato chiama in causa direttamente i lettori proprio perché avrebbe un effetto negativo sulla qualità del giornale. Il tutto per costruire l’ennesima pezza che il management vorrebbe piazzare per sistemare i conti con il passato.
Ossia, appunto, la disastrosa acquisizione del gruppo editoriale spagnolo Recoletos effettuata all’inizio del 2007 per la ragguardevole cifra di 1,1 miliardi dall’attuale amministratore delegato di Rcs, Antonello Perricone, affiancato tra gli altri dai consulenti di Mediobanca, primo socio del gruppo. Allora si stimava che l’acquisizione avrebbe portato al gruppo italiano valore economico per 127 milioni. A distanza di cinque anni, invece, Rcs che all’epoca era in sostanziale equilibrio finanziario, si ritrova con un indebitamento di 981,7 milioni e una partecipazione che, secondo i sindacati, ha un valore contabile “che supera di poco la metà dell’investimento iniziale”. E se la stima dovesse venire certificata in bilancio con una pesante svalutazione, gli stessi soci, già in agitazione per i passaggi di mano di alcune quote di rilievo e le variazioni in corso nei pesi della finanza italiana, potrebbero trovarsi davanti alla necessità di aprire il portafoglio per ricapitalizzare la società, pena perdere la presa sul salotto buono lasciando spazio a chi vorrebbe crescere. Naturale, quindi, che il management le stia studiando tutte per evitare scelte estreme. Anche perché in questi anni è stato lautamente retribuito: complessivamente tra il 2007 e il 2010 amministratori e sindaci sono costati alla Rcs 22,6 milioni. La fetta più importante è andata a Perricone che nel quadriennio ha incassato 5,21 milioni, uno dei quali riferibile a un bonus datato proprio 2007, anno in cui ai soci andò un dividendo di oltre 80 milioni.
HANNO QUINDI avuto gioco facile i giornalisti del Corriere nel “denunciare il depauperamento qualitativo oltre che economico, l’attenzione continua a interessi esterni all’impresa editoriale a danno del prodotto, del marchio, dei suoi lavoratori e dei lettori”. Una denuncia fatta puntando il dito contro un’azienda che con una mano “negli ultimi due anni ha chiesto (e chiede) soldi pubblici tramite stati di crisi e ristrutturazione subentranti, con l’altra assegna a azionisti e vertici manageriali ricchi dividendi e premi quasi milionari”. Giovanna Lantini – IL FOGLIO LA DURA VITA DI FERRARA SENZA BERLUSCONI - Giuliano Ferrara, è noto, ha un umore oscillante, si entusiasma e si spegne con la stessa rapidità. L’andamento del suo giornale in questa fase non giova al suo morale: il Foglio è tornato al suo formato originario, quando non c’è la pubblicità della Monda-dori, è proprio un foglio solo, quattro pagine . Con lo stato di crisi sono scattati i tagli agli stipendi e il blocco dei collaboratori. L’azienda ha fatto la sua parte: addio alla sciccosa carta ruvida che tanto piaceva al direttore, si passa a un modello più economico. E, decisione più preoccupante per i giornalisti, non si stampa più in Sicilia e Sardegna. Decisione questa singolare, soprattutto perché uno degli azionisti storici del giornale è il costruttore Sergio Zuncheddu che in passato ha molto sostenuto il Foglio. Sulle vendite c’è grande incertezza, bisognerà aspettare il bilancio del 2011 per conoscere i numeri veri. Il clima di unità nazionale non è congeniale per la vis polemica dell’Elefantino. Le polemiche sulla Bce non appassionano il lettorato fogliante quanto quelle sulla magistratura o sugli scontri di civiltà.