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 2012  gennaio 28 Sabato calendario

BANCHE PRONTE AI GRANDI BUY-BACK

Il tempismo non ha fatto certo difetto a UniCredit. Con l’offerta di riacquisto sui propri bond subordinati per 3 miliardi, lanciata mercoledì scorso, l’istituto di Piazza Cordusio ha aperto la stagione dei buy-back che altre banche italiane inevitabilmente avvieranno nei prossimi giorni. UniCredit dovrebbe realizzare plusvalenze per 490 milioni e un aumento del Core Tier 1 di 10,9 punti-base, a patto però di fare il pieno di adesioni. Ora tocca agli altri e in fondo il mercato se l’attende: in uno studio pubblicato da Banca Akros a metà gennaio si stimava l’impatto (positivo) sui profitti e sul capitale che il riacquisto di bond ibridi può avere sui principali istituti. Intesa Sanpaolo potrebbe avvantaggiarsi da un’operazione analoga. La banca ha sul mercato titoli perpetui per 3,75 miliardi. Il loro riacquisto porterebbe nelle casse di Intesa, ai prezzi di ieri, un capital gain potenziale di 700 miloni con un effetto positivo sui coefficienti patrimoniali per 21 punti base. Mps dal canto suo guadagnerebbe 218 milioni sui 570 milioni di valore dei suoi due bond perpetui. Anche Ubi banca potrebbe realizzare pluvalenze per 121 milioni sul parco dei suoi bond ibridi. Ma l’istituto che in assoluto avrebbe i benefici maggiori è il Banco Popolare. Sul mercato ha titoli lunghissimi del valore nominale di 1,3 miliardi. Ai prezzi di ieri il loro riacquisto garantirebbe plusvalenze per oltre 540 milioni e un apporto patrimoniale per 58 punti base. E questa è la situazione ai prezzi attuali. Solo all’inizio di gennaio le plusvalenze per le banche sarebbero state assai più alte. Il mercato infatti ha fiutato le possibili mosse delle banche e i prezzi sono immediatamente saliti. A questo punto occorrerà fare in fretta. Ma perchè le banche farebbero più che bene a ricomprarsi i propri titoli? Oltre ad assicurare utili c’è un fatto tecnico. Spiega Luigi Tramontana, analista di Banca Akros: «Da gennaio 2013 i bond ibridi non verranno più conteggiati come capitale dalle norme di Basilea 3. Inoltre costano cari, dato che si pagano cedole nell’ordine dell’8-9% e non daranno più benefici patrimoniali. Tenerli sul mercato oggi non ha più senso». Già, ma con quali soldi le banche possono ricomprarsi le loro obbligazioni? La risposta è semplice: le iniezioni di liquidità della Bce permettono alle banche italiane di tornare a fare «carry trade», e non solo. Ci si indebita all’1% e si impegna in parte il denaro nell’acquisto di titoli pubblici su scadenze medio-brevi che comunque offrono rendimenti vicini al 3%. Oppure si ricomprano i propri titoli lunghi, ibridi e subordinati in genere che pagano alte cedole (e quindi onerose per la banca) approfittando dei prezzi ancora sacrificati. Un modo come un altro per fare guadagni sul trading finanziario e compensare le future perdite, attese nel 2012, sul fronte dei crediti deteriorati che continuano a salire nei bilanci delle banche italiane. E anche per racimolare qualche punto base in più di Core Tier 1 che tanto serve a raggiungere entro giugno il 9% indicato dall’European Banking Authority.