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 2012  gennaio 28 Sabato calendario

ACCELERA LA CRESCITA NEGLI USA

Gli Stati Uniti hanno accelerato il passo sul finire dell’anno scorso, ma non abbastanza da scacciare lo spettro di un’espansione debole e di una disoccupazione elevata.
L’economia americana è cresciuta del 2,8%, il dato più solido in oltre un anno e mezzo e nettamente migliore dell’1,8% nel terzo trimestre e dell’1,3% nel secondo. Ma gli Stati Uniti sembrano ancora in affanno: per l’intero anno scorso, il Pil non è riuscito ad andare oltre un passo dell’1,7%, poco più della metà del 3% messo a segno nel 2010. Segni incoraggianti sono giunti dai consumi, che rappresentano due terzi del Pil, dalla ricostituzione delle scorte da parte di aziende un po’ più ottimiste sul futuro e dalle esportazioni, rese competitive dal dollaro debole. Hanno invece pesato battute d’arresto negli investimenti - segno che la Corporate America resta comunque cauta - e tagli alla spesa pubblica.
La stessa crescita del quarto trimestre è stata in realtà al di sotto delle attese del mercato, che si attendeva il 3% e ha risposto con una flessione in Borsa. Davanti all’elevata probabilità di un continuo regime di austerity nel Paese, del Governo come delle imprese, e a tensioni internazionali in agguato a partire dall’Europa, pochi scommettono che la ripresa sia avviata su un cammino sicuro e senza ricadute. La fragilità della ripresa rimane al centro della campagna elettorale presidenziale. E nei giorni scorsi la Federal reserve ha diagnosticato un’economia ancora in preda al malessere, allungando di un anno e mezzo fino a tutto il 2014 la promessa di mantenere tassi di interesse vicini allo zero. Né la Banca centrale ha escluso ulteriori manovre di stimolo quale potrebbe essere un nuovo programma di quantitative easing, di acquisto di obbligazioni per tenere bassi i tassi a lunga e incoraggiare investimenti più aggressivi.
L’inflazione sicuramente non dà segni di risveglio che potrebbero consigliare prudenza negli aiuti alla crescita, anzi. Nell’ultimo trimestre l’indice dei prezzi legato ai consumi personali, del quale tiene conto la Fed, è salito solo dello 0,7%, ben lontano dal 2,2% del terzo trimestre e dal 2% ormai esplicitamente considerato ideale dal governatore Ben Bernanke per la salute di lungo periodo dell’economia.
«La ripresa - ha detto Nigel Gault di IHS Global Insight - è in corso. Il cammino è però molto lungo e lento, anche se gli Stati Uniti sono una delle poche regioni al mondo dove la crescita nel 2012 appare destinata a superare il 2011». Più in dettaglio, nell’ultimo trimestre l’export ha marciato al rialzo del 4,7 per cento. Uno sprint che potrebbe tuttavia essere nei prossimi mesi messo in dubbio da una recessione europea. La spesa al consumo degli americani è lievitata del 2%, più dei due trimestri precedenti, e le aziende hanno ricostituito le loro scorte di magazzino al ritmo di 56 miliardi di dollari su base annua, portando in dote 1,9 punti percentuali alla crescita. Un altro dato ha ieri mostrato la continua riscossa dei consumatori: l’indice della fiducia misurato dell’Università del Michigan a fine gennaio è lievitato da quota 69,9 a 75, il livello massimo da quasi un anno.
Ma anche qui non mancano le preoccupazioni: la fiducia, sostenuta lo scorso trimestre anche dai rialzi di Wall Street, è un barometro volatile. E le famiglie hanno finora attinto ai risparmi per spendere, non a maggiori guadagni, una tendenza che non può durare. Il tasso di risparmio è scivolato al 3,7%, il livello più basso dal 2007. La disoccupazione, per quanto scesa di recente, rimane inoltre alta all’8,5%, tenendo sotto pressione redditi e consumi. Le aziende risentono a loro volta ancora di pressioni: se gli investimenti di business, senza le scorte, hanno continuato a crescere, hanno frenato bruscamente all’1,7% contro il 15,7% del terzo trimestre e l’oltre 10% del secondo. L’intera crescita tra ottobre e dicembre, escludendo le scorte, è stata limitata allo 0,8 per cento. La spesa governativa, compresi stati e località, è diminuita nel trimestre del 4,6% e dovrebbe continuare a contrarsi per rispettare l’obiettivo di ridurre deficit e debito accumulati dagli Stati Uniti nel combattere, tra il 2008 e il 2009, la fase più acuta di una crisi finanziaria che ha lasciato ferite profonde e tuttora difficili da curare.