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 2012  gennaio 29 Domenica calendario

L’ELEGANZA DELLA SOBRIETÀ

Da sine ebrius, ubriaco, a sôphrôn, sano di mente, savio, sono varie le ipotesi sull’etimologia del termine. La Treccani suggerisce «temperante nel bere e nel mangiare e in generale ne’ piaceri». Certo la sobrietà è uno stile che si basa sulla rinuncia al lusso e alla vistosità. Ma rimane pur sempre uno stile che, come ogni altro, ha bisogno di investimenti che potrebbero contribuire a rilanciare l’economia. Difficile infatti ritenere sobrio chi si presentasse sempre con lo stesso vestito griffato.
In Eugénie Grandet, Balzac racconta la storia di un dandy parigino che, dopo il fallimento del padre, decide di fare fortuna all’estero. Prima di partire, vende i suoi lussuosi abiti e gli oggetti preziosi, per adottare una programmatica redingote nera di stoffa grossolana.
I colori scuri sono importanti per la sobrietà perché sono adatti anche ai momenti più gravi. Nell’assemblea degli Stati Generali, prima della rivoluzione francese, bastava, per intuire la situazione, limitarsi ai colori degli abiti. Il nero della borghesia contrastava minacciosamente con le tinte vivaci dell’aristocrazia e il rosso dell’alto clero.
Certo non bisogna esagerare, come il giovane Tolstoj che, in un accesso di odio per la frivolezza cittadina si era ritirato in campagna. Per inaugurare la nuova vita si era fatto fare un pesante pastrano di tela grezza, con falde così lunghe che poteva avvolgervisi per dormire la notte o per sonnecchiare in giardino, usando un dizionario per cuscino. «La vera ragione», sostiene Giono, «rifugge da ogni estremismo, e bisogna essere saggi con sobrietà».
La sobrietà non esclude l’eleganza. Dopo la crisi del ’29, Scott Fitzgerald aveva abdicato ai costosi completi su misura dei Brooks Brothers per sommesse giacche sportive. Graham Greene poteva portare con stile una vecchia giacca di tweed con un rammendo ben visibile e i polsi rinforzati da una striscia di cuoio.
La pulizia è un elemento essenziale della sobrietà. Chi ha ridotto il numero degli oggetti indispensabili deve tenerli con cura. Il piccolo cottage, arredato con la massima semplicità da D.H. Lawrence, era sempre pulitissimo. L’autore di Lady Chatterley viveva parcamente e diceva che, anche se fosse diventato ricco, avrebbe continuato a vivere così.
Non sempre questa delicata virtù sopravvive alle passioni. Prima di incontrare Lola Montez, re Ludwig di Baviera era amato dai sudditi per la sua oculatezza. Pur avendo un ombrello nuovo, continuava a usarne uno vecchio e spelacchiato. Poi aveva cominciato a spendere senza freni.
Benjamin Franklin pensava, come Plutarco, che la sobrietà fosse la medicina dell’umanità. Provò per esperimento a vivere di pane e acqua senza diminuire il ritmo di lavoro. La madre, irritata, spiegava agli amici perplessi: «Il fatto è che ha letto un filosofo pazzo, un certo Plutarco». La frugalità però non mortifica il gusto, si limita a raffinarlo. Epicuro, scrive Epitteto, raccomandava di mangiare sempre cibi poveri come l’orzo per poi potere gustare pienamente le prelibatezze delle tavole cui si viene invitati. La povertà non sempre è una garanzia di sobrietà. Il bohémien non è e non vuole essere sobrio. Il Nipote di Rameau di Diderot era insofferente all’austerità fiscale allora vigente in Francia e culminata in una dura patrimoniale: «Bastoneremo sulla schiena e sulla pancia tutti i piccoli Catoni come voi, che ci disprezzano per invidia, nei quali la modestia è solo una maschera dell’orgoglio e la sobrietà soltanto la legge del bisogno».
Nei difficili anni Trenta, Freud aveva smesso di farsi fare vestiti nuovi nei solidi tessuti inglesi, che prediligeva per la loro resistenza. Ancora più parco, Nietzsche portava abiti lisi e fuori moda, ma scrupolosamente puliti e in ordine. Però quando gli era arrivato il commento di un’aristocratica, stupita dalla sua generosità in una colletta – «Il professore avrebbe fatto meglio a comprarsi una giacca più moderna!» – si era infuriato: «Non permetto che le signore si occupino delle mie faccende private». Tuttavia qualche tempo dopo, a Torino, i freni inibitori si erano allentati e aveva acquistato un abito «elegante, che cade alla perfezione». Come se non bastasse, aveva ringraziato la madre per la «gioia irrefrenabile» suscitata da un suo regalo: «Il lusso della cravatta supera tutto quello che ho visto a Torino».