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 2012  gennaio 29 Domenica calendario

PUÒ UN CRISTIANO LASCIAR UCCIDERE GLI ANIMALI

Illustrissimo cardinal Gianfranco Ravasi,
desidero sottoporre alla Sua alta competenza, una questione etica che mi inquieta da tempo, e che attiene la mia quotidiana sfera professionale.
Sono un funzionario del Servizio veterinario di una Asl della Lombardia; mi occupo con particolare attenzione, degli alimenti di origine animale e tutto quanto si snoda attraverso la suddetta filiera, attraverso tutte le varie fasi della produzione.
«Dalla stalla al piatto», come è d’uso dire oggi. Effettuo campionamenti di alimenti o materie prime, e compio sopralluoghi e ispezioni in tutte le strutture deputate alla produzione e al consumo di carne, latte, pesce, uova, miele e quant’altro. Assisto spesso anche alla macellazione degli animali, dove poi, anche attraverso le competenze della mia professione, esprimo giudizi in merito.
E qui vengo, reverendissimo padre, al nocciolo della questione. È ormai universalmente riconosciuto e documentato anche attraverso numerose e infinite ricerche effettuate in tutto il mondo, che gli animali sono considerati esseri senzienti, dotati di capacità di dolore, di sentimento e di coscienza. Ancora di più, la Chiesa attraverso due suoi santi padri, ha riconosciuto agli animali un’anima.
Nel gennaio 1990 infatti, Papa Wojtyla – Giovanni Paolo II – ha affermato: «Non solo l’uomo, ma anche gli animali hanno il soffio-spirito di Dio», dedicando loro poi, anche un passaggio nella sua enciclica Sollicitudo rei socialis. E Papa Montini – Paolo VI – parecchi anni prima, aveva affermato: «Gli animali sono la parte più piccola della creazione divina, ma noi un giorno li rivedremo nel mistero di Cristo». Nel Libro di Isaia infine, si parla di animali che pasceranno in pace tra di loro, e che vivranno a fianco degli uomini.
Mi viene naturalmente da pensare: in quale luogo potrebbe accadere questo, se non in Paradiso? E qui vengo allora alla domanda per lei, di cui in apertura.
Per quanto critico, e perennemente alla ricerca di risposte, mi dico cristiano. Ed allora, come mi debbo porre io cristiano, di fronte all’uccisione (perché di questo si tratta) di altri esseri viventi anch’essi dotati di coscienza e di anima? Non sono un ingenuo, e voglio subito togliere qualsiasi velo di ipocrisia alla cosa: un conto è l’uomo fatto a immagine di Dio, e un altro sono gli animali, ovviamente e certamente; questo è chiaro.
Nella fattispecie però, trattasi sempre di esseri coscienti e appunto, con un’anima. Tecnicamente la legislazione italiana consente, previo stordimento ed insensibilizzazione, l’uccisione di animali ai fini alimentari, ma è chiaro che il mio problema non è di questo tipo; il mio è un problema di natura etico-morale.
Sono sempre più in crisi di fronte a queste uccisioni, e mi pongo spesso di fronte al dubbio: io avvallo e acconsento l’uccisione di esseri viventi dotati di anima.
Il suo illuminato e competente parere sarebbe per me di fondamentale importanza.
La ringrazio per la sua risposta, e che il Signore sia sempre con lei.
F.M. - Bergamo

La questione sollevata dal nostro lettore è molto più complessa di quanto appaia a prima vista. Potremo, perciò, affrontare solo qualche aspetto in modo semplificato, ignorando molti profili contestuali e di interpretazione generale dei testi sacri. Procederemo schematicamente, quasi per asserti, rimanendo all’interno della tradizione ebraico-cristiana (diversa, ad esempio, da quella "panteista" indiana).
eLa Bibbia riconosce che gli umani e gli animali hanno un identico "spirito" (rûah) vitale che ha come espressione il «soffio-respiro» e il «sangue», segni della vita.
rL’umanità, però, ha un’ulteriore componente esclusiva con Dio, chiamata in ebraico nishmat-hajjîm (Genesi 2,7) di solito resa con «alito di vita», ma in realtà da ricondurre alla «coscienza» perché essa è così definita nel libro biblico dei Proverbi: «Lampada del Signore è la nishmat dell’uomo: essa scruta fin nell’intimo delle viscere», cioè nell’interiorità personale (20,27). Inoltre, solo dell’uomo e della donna si dichiara che sono "immagine" di Dio (Genesi 1,27) e che sono creature libere e morali («l’albero della conoscenza del bene e del male»).
tIl rapporto umano con gli animali è, perciò, di solidarietà vitale, ma è anche di profonda differenza qualitativa, tant’è vero che l’uomo è chiamato ad essere una sorta di viceré nel creato: è il famoso imperativo "dominate" (Genesi 1,28) che il Creatore gli rivolge (e il verbo è quello del dominio regale). Purtroppo, l’essere umano, con la sua libertà, trasforma nella storia questa investitura in tirannide che devasta la natura (Genesi 3,17-18).
uNel progetto ideale divino, il "dominio" umano esclude la macellazione dell’animale a fini commestibili. La dieta è vegetariana: «Ecco, io vi do erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero fruttifero: saranno il vostro cibo» (Genesi 1,29). È solo dopo il diluvio, ossia nella storia concreta e "pesante" in cui siamo immersi, che si passa al regime carnivoro, ammesso da Dio: «Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà da cibo, come le verdi erbe» (9,3). Anche Gesù si ciba di pesce e persino lo cuoce per i suoi discepoli (Giovanni 21,9-13). È, quindi, uno stato quasi di "necessità" storica, in cui però si esclude il "sangue" dell’animale, affermando così una sorta di rispetto di principio nei confronti della vita e, quindi, di condanna di ogni violenza gratuita verso i viventi.
iIn questa luce si comprende perché nella pienezza della redenzione dal male, la cosiddetta "escatologia", animali e umani vivano in gioiosa armonia, come canta il profeta Isaia in una celebre pagina messianica (11,6-7) che può essere considerata la base per ipotizzare una nuova creazione alla quale partecipino tutti insieme uomini, donne e animali (si veda Romani 8,19-22).