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 2012  gennaio 29 Domenica calendario

Lavoro, ecco il piano Fornero – «SIAMO pronti. Mercoledì o giovedì torneremo a sederci al tavolo con le parti sociali

Lavoro, ecco il piano Fornero – «SIAMO pronti. Mercoledì o giovedì torneremo a sederci al tavolo con le parti sociali. Saremo prudenti, ma determinati: puntiamo ad un’intesa di alto profilo riformatore». Dopo una falsa partenza, il ministro del Welfare Elsa Fornero si preparaa riconvocare impresee sindacati, e a rilanciare la riforma del mercato del lavoro. «Ripartiamo da quattro tavoli: forme contrattuali, formazione, flessibilità e ammortizzatori sociali». CHI in queste ore ha parlato con la Fornero, la descrive determinata, anche se un po’ seccata per le polemiche interne alla squadra di governo. Non vuole alimentare i dissensi con il "collega" Corrado Passera: «Le polemiche non servono, non aiutano. Certo, siamo diversi, ma le cose tra noi vanno benissimo...». Il ministro preferisce concentrarsi sulla road map di una riforma che, dopo il decreto Salva-Italia sul rientro dal deficit e il decreto Cresci-Italia sulle liberalizzazioni, è diventata cruciale per il futuro del Paese. Una riforma «necessaria, anche in relazione ai nostri impegni con l’Europa». Ma una riforma complessa, per le resistenze che incontra, soprattutto tra Cgil, Cisl e Uil, e soprattutto su certi argomenti specifici, come la cassa integrazione straordinaria e l’articolo 18. Ma stavolta, proprio per evitare che il confronto si impantani subito su questi singoli capitoli ad altissima intensità politica, la Fornero ha concordato insieme a Monti il "metodo dello spacchettamento", cioè la divisione della trattativa in quattro "sotto-tavoli". Nessun documento "prendere o lasciare", ma una serie di proposte, un ascolto delle richieste, e poi una sintesi finale, sulla quale costruire il consenso. Ecco su quali basi si svilupperà il dialogo con le parti sociali. 2LE FORME CONTRATTUALI Si parte da una premessa di base: nella insostenibile "giungla dei 46 modelli contrattuali" attualmente in vigore, alcuni hanno dato buona prova (contratti a progetto, part time) altri hanno determinato abusi (lavoro interinale). La Fornero punta allora ad una riduzione netta del numero delle tipologie contrattuali, anche attraverso il meccanismo degli incentivi e dei disincentivi al loro utilizzo. Il "contratto unico" sul modello Boeri-Garibaldi, da questo punto di vista, è un’ipotesi sul tappeto, come lo è il modello Ichino: tutti ruotano intorno all’idea di un contratto di base, per i neo-assunti, di durata più o meno triennale e a tutele crescenti. Ma questo impianto non può esaurire le piattaforme contrattuali possibili: «Non ha senso eliminarle tutte, comprese quelle che hanno dato buoni risultati». Semmai si tratta di aggiornarle. Per i giovani che si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro, il ministro condivide la richiesta di Camusso, Bonanni e Angeletti: si parte dal contratto di apprendistato, «sul quale c’è ampia condivisione». Anche in questo caso, si possono apportare correttivi alla riforma varata dal precedente governo, per rendere quel meccanismo più flessibile. Ma su questo la Fornero è convinta di poter raggiungere un «accordo soddisfacente» con i sindacati. LA FORMAZIONE È una «questione cruciale». Una «priorità» per il governo. Qui occorre un «salto culturale», che l’intero mondo del lavoro (produttori e lavoratori) deve dimostrasi in grado di compiere. La formazione non avviene «una sola volta nella vita». La formazione è una risorsa che non si acquisisce all’inizio del ciclo produttivo, e poi basta, ma va assicurata fi3no al raggiungimento dell’anzianità. Se aumenta l’età pensionabile, deve aumentare anche la spesa che le aziende destinano a questo scopo, e che in concorso con lo Stato deve garantire anche a chi perde il lavoro in età avanzata di potersi riconvertire, e di poter rientrare nel mercato anche se ha superato i 50 anni di età. È il concetto di "formazione permanente", sul quale il governo chiede uno sforzo a tutto il sistema produttivo, partendo dal presupposto che i fondi da attingere al bilancio pubblico sono limitati. LA FLESSIBILITÀ È il nodo più spinoso, come dimostrano i fatti di questi ultimi quindici anni, da quando il governo del primo Ulivo tentò 4di discutere con la Cgil di revisione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Ma anche su questo, la Fornero non è pessimista. Flessibilità in entrata e in uscita non vuol dire necessariamente abolire l’obbligo di reintegro peri lavoratori licenziati senza giusta causa né giustificato motivo. Il ministro lo ripete da giorni, con tutti gli interlocutori possibili: «Dobbiamo depurare la questione dal suo valore ideologico: il governo sulla flessibilità non ha né uno spirito di rivincita, né la voglia di imporre un suo diktat. Cerchiamo solo di risolvere un problema, senza traumi né conflitti». Qual è il problema, lo ha spiegato la stessa Fornero, nel suo intervento in un convegno a Milano: «Oggi esiste un legame eccessivo tra il singolo lavoratore e il suo posto di lavoro. Un legame che si tende a far "resistere", molto spesso, anche quando l’azienda che fornisce quel posto di lavoro non è più in grado di assicurarlo. Questo problema va risolto». Come, lo dirà la trattativa al tavolo con le parti sociali. Alla Fornero stanno a cuore due cose. La prima è far capire alle imprese che il ricorso ad una maggiore flessibilità del lavoro deve avere comunque un costo elevato. La seconda è far capire ai sindacati che «nessuno, nel governo, si sogna di mettere a repentaglio i diritti, perché i diritti sono la base del patto sociale». GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI Questo è l’ultimo tavolo, in termini di scansione temporale. Perché come sostiene da sempre il ministro, «nessuno può pensare che tutto cambi da domani mattina: c’è un’emergenza, che va affrontata subito, e c’è un disegno di più lungo respiro», che riguarda appunto il sistema di Welfare. Gli ammortizzatori sociali sono il cuore della riforma che verrà. Ma il compito è improbo. Si tratta di spostare risorse da una voce all’altra, per rafforzare l’assistenza anche con strumenti come il salario minimo. Si tratta di trovarne di nuove, per sostituire strumenti «non più adeguati ai tempi che stiamo vivendo». Ma al Tesoro di fondi da dedicare a questo capitolo di spesa, al momento, praticamente non ce ne sono, come Piero Giarda e Vittorio Grilli hanno ripetuto al presidente del Consiglio l’altro ieri. Per questo si interviene su quello che c’è. La cassa integrazione, sulla quale lunedì scorso si è innescata una reazione durissima dei sindacati e delle imprese, è uno dei fronti più caldi. Chi le ha parlato riferisce che il ministro considera la Cig uno strumento «sub-ottimale». Chi ci sta dentro se la vuole tenere, e non la vuole cambiare. Ma secondo il ministro quella "coperta" non può durare in eterno. C’è una «comprensibile paura», ad abbandonare una forma di tutela che dura da decenni. Ma «bisogna cambiare, per migliorare». La Fornero vuole trovare, insieme alle parti sociali, soluzioni più efficaci e moderne, ma non meno sicure. «Nessuno sarà abbandonato al suo destino». Questaè dunque la strategia, che il ministro del Welfare ha messo a punto insieme al premier, in vista dell’ennesima "settimana cruciale" per i destini del Paese. Domani il vertice europeo, e tra mercoledì e giovedì il nuovo round con imprese e sindacati. Questa volta non si può sbagliare. Ce lo chiede l’Europa, ce lo chiedono le multinazionali straniere, che spesso sono restie ad investire in Italia proprio per la farraginosità del nostro mercato del lavoro. La Fornero, dopo aver fatto una riforma dolorosa ma strutturale come le pensioni, si gioca tutte le sue carte. Concertazione o no, confida «nel senso di responsabilità delle parti». Sa di avere il sostegno, prezioso, del presidente della Repubblica Napolitano. Ripete a tutti che il governo «non vuole abbattere totem». Che occorre «discutere di tutto, laicamente e pragmaticamente». Ricorda, ancora una volta, «la lezione di Luciano Lama». Spera che la ricordino anche i suoi "successori".