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 2012  gennaio 28 Sabato calendario

Affari e guai di famiglia del vescovo Viganò – Due sacerdoti, per di più fratelli, che si fanno la guerra

Affari e guai di famiglia del vescovo Viganò – Due sacerdoti, per di più fratelli, che si fanno la guerra. Senza esclusio­ne di colpi. Denunce pesantissime da una parte e dall’altra. Accuse quasi in­credibili che hanno spaccato in due una solidissima e ricchissima famiglia dell’alta borghesia milanese.È una sto­ria cupa quella che affiora dalla carte depositate al tribunale di Milano. Una vicenda ancora più sconvolgente per­c­hé al centro dell’intrigo sembra esser­ci un personaggio di altissimo spesso­re: il vescovo Carlo Maria Viganò, l’ex segretario del Governatorato che papa Ratzinger con un gesto discusso ha ri­mosso, spostandolo però ad un altro in­carico di primissimo ordine: quello di nunzio a Washington. Viganò, a legge­re i documenti nella disponibilità del Giornale , avrebbe manovrato addirit­tura per dimostrare che il fratello Lo­renzo, sacerdote e biblista di fama, era una persona debole di intelletto, or­mai nelle mani di familiari rapaci co­me avvoltoi. Così negli atti di questo doppio dramma in tonaca si trova una denuncia firmata dal vescovo per cir­convenzione di incapace. Ma nella de­nuncia di Lorenzo si scopre che sareb­be stato il vescovo e solo lui a gestire gli ingenti beni che la coppia aveva in co­mune e sarebbe stato sempre lui a dar­gli molto, molto meno di quello che gli spettava. Il monsignore - come si rica­va dall’archiviazione del suo esposto ­avrebbe fabbricato l’immagine distor­ta di un fratello dalla mente oscurata e facilmente raggirabile. Tutto falso. Tanto che in questa fai­da familiare arriva l’immancabile col­po di scena: Lorenzo, descritto dal ve­scovo come un figura facilmente sug­gestionabile se non un povero mente­catto, si presenta a palazzo di giustizia, si fa interrogare, tiene testa al pm che sbalordito gli pone le domande, co­stringe la procura a correre verso l’ar­chiviazione della penosa vicenda. Insomma, anche se il quadro non è ancora completo e il finale di questa in­­tricata vicenda deve ancora essere scritto, quel che affiora alimenta qual­che dubbio sulla trasparenza assoluta della figura di monsignor Viganò, oggi al centro di un clamoroso caso mediati­co c­he nulla ha a che fare con la faida fa­miliare. È stato infatti nei giorni scorsi il programma di La7 «Gli intoccabili» a far esplodere il caso e a portare alla lu­ce la lettera che Viganò aveva scritto al papa il 27 marzo 2011. Allora il monsi­g­nore era ancora segretario del Gover­natorato vaticano e in quella missiva chiedeva di non essere rimosso. Viga­nò aveva tagliato e risanato i bilanci del Governatorato(da un deficit di 7,8 mi­lioni a un utile di 34,4 milioni) e per que­sto, per il suo coraggio, si sarebbe fatto molti nemici in Vaticano. Ieri il Fatto quotidiano ha rincarato la dose e Mar­co-Lillo ha svelato un’altra lettera di Vi­ganò, questa volta al segretario di Stato Tarcisio Bertone, in cui il vescovo se la prende con i suoi nemici interni alla Chiesa, si difende con le unghie e con i denti, chiama in causa perfino il Gior­nale accusandolo di aver messo in cir­colazione notizie false sul suo conto. La battaglia di monsignor Viganò s’in­frange contro la decisione del Papa che ad ottobre, tre mesi fa, lo toglie dal Vaticano e lo sposta negli Usa. Viganò è sconfitto, ma ottiene un posto di gran­de prestigio. Quel che nessuno conosce è però la battaglia furibonda che si combatte fra le mura di casa. Una grande casa bor­ghese, quella dei Viganò, famiglia stori­ca di industriali che hanno fatto le loro fortune nel mondo della siderurgia. So­no otto fratelli e sorelle, i Viganò. Due di loro però sviluppano un legame spe­ciale: sono don Carlo Maria, classe 1941, e don Lorenzo che invece è del ’38. I due hanno scelto in gioventù la strada del Signore e hanno stabilito di mettere in comune le rispettive quote del patrimonio familiare. Si tratta di be­ni per un valore di almeno trenta milio­ni di euro, ma la stima sarebbe per difet­to. Solo che Carlo Maria e Lorenzo han­no anche profili e temperamenti assai diversi: il primo è un personaggio cari­smatico, autorevole, capace di muo­versi fra i Sacri Palazzi con il piglio del manager. Lorenzo è invece uno studio­so puro, passa le sue giornate chino sui libri, da molti anni si è trasferito negli Stati Uniti e conduce un’esistenza ap­partata e discreta. Nel 1996 però il sa­cerdote viene colpito da un ictus che lo inchioda su una sedia a rotelle. La men­te per fortuna resta integra e il prete continua a studiare e a sfornare libri. I soldi però non gli bastano più: ha biso­gno di risorse economiche più impor­tanti per vivere dignitosamente ora che è menomato nel fisico. Per questo si rivolge a Carlo Maria che tiene i cor­doni della borsa dall’altra parte del­l’oceano. È l’incipit di questa storia. Il resto lo racconta don Lorenzo nel­la denuncia presentata alla procura di Milano il 7 aprile dell’anno scorso: «Tutte le somme e frutti della comunio­ne sono sempre stati versati sui conti correnti intestati al solo Carlo Maria Vi­ganò, anche perché io mi accontenta­vo di prelevare dal conto corrente a lui intestato gli importi di cui necessita­vo... attraverso una carta di credito». Poi la musica cambia: «Ho chiesto a mio fratello di avere autonome dispo­nibilità liquide senza dover fare a lui di volta in volta la questua per disporre delle somme che, nella misura del 50 per cento, erano e sono anche mie». Iniziano lunghe e accese discussio­ni. Finalmente il 13 ottobre 2008 sul conto di don Lorenzo viene accredita­ta la somma di un milione di euro. Ma l’incertezza continua: di lì a poco il gruzzolo gli viene tolto, «con la compli­cità di una banca (forse fin tropo com­piacente) e con la collaborazione» di un altro fratello. La famiglia è irrime­diabilmente divisa, la faglia corre e se­para gli uni dagli altri come nelle saghe amare di tante dinastie. Don Lorenzo ormai non crede più alla buona fede del fratello, gli revoca la procura, cerca di sapere che fine abbia fatto la sua par­te del patrimonio. Ma è una discesa in un antro buio che non si riesce a illumi­nare: «Carlo Maria non si è mai degna­t­o di fornire alcun chiarimento e gli uni­ci contatti di quest’ultimo e di taluni miei fratelli sono stati improntati, da un lato, a cercare di spaventarmi con subdoli e fantomatici avvertimenti mi­nacciosi, poi ad invitarmi a sottoscrive­re una divisione completamente ini­qua ». Tutti i tentativi di avere notizie sull’ammontare del tesoro di famiglia vanno a vuoto. In contemporanea in procura ha bussato anche il vescovo. Che firma una denuncia contro ignoti:ma nel mi­rino c’è la sorella Rossana che avrebbe sfruttato la malattia del fratello per mettere le mani sul famoso milione. In sostanza, nell’atto il vescovo si consi­dera vittima insieme al fratello sacer­dote della perfidia di Rossana, di fatto sospettata di circonvenzione di inca­pace. Il pm fa di tutto: interrogatori, ac­quisizione di carte, perfino intercetta­zioni. Ma non trova nulla che possa confermare il terribile sospetto. Anzi, Rossana dà tutta un’altra versione: il milione le era stato prestato dal fratel­lo per comprare una farmacia; d’altra parte Rossana spiega che don Lorenzo è nel pieno possesso delle sue facoltà intellettuali, porta in procura alcuni suoi libri recenti, insomma non può aver approfittato di lui. Il pm continua a scavare, ma non trova appigli alla sua tesi. Anzi, il 22 giugno scorso ecco che davanti a lui si siede il presunto infer­mo, arrivato da Chicago. Il pm lo ascol­ta, poi chiede l’archiviazione: «Deve escludersi la sussistenza nel Lorenzo Viganò di uno stato di infermità o defi­cienza psichica, anche nella forma di una incisiva menomazione delle facol­tà di discernimento, di determinazio­ne volitiva e capacità di giudizio, su cui si è innestato un intervento suggestivo da parte degli indagati..Lo stesso con­fermava inoltre di aver spontaneamen­te deciso di effettuare un prestito alla sorella... Chiariva altresì le origini e le ragioni dei dissidi esistenti con il fratel­lo Carlo Maria». Il 12 dicembre scorso il gip archivia. La circonvenzione d’in­capace non c’è stata. Don Lorenzo ha smentito il fratello vescovo e ha confer­mato il racconto della sorella Rossana. Ai misteri del Vaticano si aggiungono le torbide trame di casa Viganò. Ora è la querela di don Lorenzo ad andare avanti. Lui, con toni apocalittici, affer­ma: «Non ritengo più umanamente possibile continuare a sopportare le angherie di soggetti che fanno finta di indossare le pelli di agnelli dissimulan­do la loro vera natura di lupi».