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 2012  gennaio 29 Domenica calendario

L’ombra dopo Silvio Gli ex ministri in cerca di rivincita – Si abbandonano sui divani del Transatlantico come fossero quelli dell’analista

L’ombra dopo Silvio Gli ex ministri in cerca di rivincita – Si abbandonano sui divani del Transatlantico come fossero quelli dell’analista. Elaborano il lutto, gli ex ministri, con risultati che i colleghi parlamentari valutano così: «Guardateli, sono in piena astinenza da auto blu, da lampeggiante, da segretaria, da ufficio di trecento metri quadrati». Soltanto Renato Brunetta ne ha avuto uno e di prestigiosissimo indirizzo: via del Plebiscito, Palazzo Grazioli. Da lì Brunetta lavora con la frenesia ministeriale per cui alla Funzione Pubblica si tenevano briefing alle otto di mattina, e un burocrate con quarti di nobiltà come Filippo Patroni Griffi (suo capo del legislativo) non poté reggere a lungo. Ora Brunetta compila e diffonde dossier in powerpoint gonfi di slide, e la cosa detta così fa molta impressione, ma sono mail elefantesche o quaranta pagine infilate nella cassetta della posta dei deputati. La latitanza da oltraggiato di Giulio Tremonti - secondo stretti amici si terrà in disparte per altri nove mesi, al termine dei quali partorirà una propria nuova dimensione; e intanto si cura la frattura da caduta dalla sedia - ha convinto il pugnace Brunetta che sarà lui il prossimo ministro dell’Economia, poiché ci sarà un prossimo gabinetto di centrodestra. E’ questo l’incarico al quale lavora dall’alba. Non è l’unica gestazione. Anch’egli, come Tremonti, calcola in nove mesi il tempo della rigenerazione a cui però si applica con l’adorata moglie Titti, quasi ogni sera. Era un governo, quello di Berlusconi, dagli ormoni esplosivi. Adesso è proprio amore. Oltre a Brunetta - dicono i migliori pettegoli su piazza - pure Mara Carfagna si sta dedicando alla gratificante attività di dare un erede al casato. Detto così, sembra un mondo di velluto. Per esempio fra quelli che più hanno sofferto il declassamento c’è Franco Frattini che va spesso a sciare con la fidanzata golfista Stella Campo. Dormono nelle baite dell’Alto Adige. Si amano senza ansie governative. Ma nessun desiderio è sopito, nemmeno quello di comandare: la Carfagna, che esordì con le timidezze di chi ha soltanto da imparare, si sente sufficientemente strutturata da competere alla guida della pericolosissima Campania, ora che è stata lasciata dal detestato Nicola Cosentino. E Frattini medita di organizzare cene per sondare la solidità delle sue ambizioni di leadership, interpella colleghi, saggia la loro disponibilità, spesso non meno schietta di quella della signora Campo. Dedicarsi agli affetti e intanto mettere su tavolate di rilievo politico e tecnico sono consuetudini diffuse: Maria Vittoria Brambilla si cura di cani, gatti e cavalli e intanto raduna autorevoli commensali al Principe di Savoia di piazza della Repubblica a Milano. Che cosa sta succedendo è già sufficientemente chiaro, no? Qui l’unico che non mente (pensa tu) sulla gioia del disimpegno è Silvio Berlusconi. «Ho ricominciato a vivere», dice agli interlocutori più cari. Il processo Mills sta andando in prescrizione. Di escort e di olgettine non si parla che in trafiletti. E’ stato in Sardegna e non se l’è filato un fotografo. Le dicerie di palazzo sostengono che la voce del padrone passa attraverso i commenti, specie quelli antitremontiani, che Sandro Bondi diffonde da Novi Ligure, dove vive attaccato al computer. Un po’ poco. In realtà la fine dell’antiberlusconismo coincide con la fine del berlusconismo e si trascina i berlusconiani: le invettive e le chiamate alle armi di Daniela Santanché sono eloquentemente sterili. In un partito carismatico, se il capo si eclissa gli altri cercano di salvarsi la pelle recintando un angoletto di potere o di influenza o di semplice residenza politica. Mariastella Gelmini si interroga su quali trasmissioni facciano al caso suo se intende conservare una visibilità, ma si compiace di aver trovato una buona scuola d’infanzia a Trinità dei Monti per la piccola Emma. Ignazio La Russa frequenta la più disparata convegnistica ai margini della quale interviene su questo e quello, e nel frattempo si prepara alle tradizionali esultanze notturne. Giorgia Meloni, perduto il ministero della Gioventù, cerca di non perdere le imberbi truppe, specialmente quelle di area An, che sarebbero tecnicamente passate sotto il controllo della gazzellosa Annagrazia Calabria, responsabile nazionale del movimento giovanile del Pdl in recente e grande sintonia con Angelino Alfano. Le guerre intestine come attività interlocutoria sono poi plateali nella Lega e contribuiscono a tenere lontana la malinconia in uno come Maroni, per esempio. I problemi veri nascono a proposito degli apolidi, a proposito di uno come Giancarlo Galan che lasciò la presidenza del Veneto per prendersi la Cultura, e così adesso non ha un ufficetto romano in cui riparare, resta a casa a progettare la sua fondazione e a piangere sull’indigenza che lo porterà (esagerato!) a vendere la barca. Ecco, questa è la vita degli ex ministri al tempo del governo tecnico. Proposte di legge? Idee scenografiche? Vampate parlamentari? Niente di niente. Claudio Scajola era tutto felice che Patroni Griffi disponesse di una vista Colosseo discutibile quasi quanto la sua, e chiamava gli amici per avere conforto sull’opportunità di distribuire tre righe sul malcomune, per fortuna sconsigliatissime. Stefania Prestigiacomo, così poco sugli scudi, telefona un giorno sì e uno no a Micciché: «Gianfranco, che si fa?». Roberto Calderoli coordina le scalmane dei senatori leghisti. Chi si aspettava un governo ombra, al massimo riconosce un’ombra di governo. Questa sì, nel segno della continuità.