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 2012  gennaio 28 Sabato calendario

Ah questa poi! Il libertino Lucio Battisti, il licenzioso, lo scostumato. Avevamo ancora nelle orecchie l’apodittico Pierangelo Bertoli - per il quale non aveva senso discutere se Battisti fosse fascista o no, «lo era e basta» - ed ecco che salta fuori questa storia del Battisti censurato nella Spagna di Francisco Franco dove, secondo il postulato di Bertoli, lo si sarebbe dovuto cantare con rigore filologico

Ah questa poi! Il libertino Lucio Battisti, il licenzioso, lo scostumato. Avevamo ancora nelle orecchie l’apodittico Pierangelo Bertoli - per il quale non aveva senso discutere se Battisti fosse fascista o no, «lo era e basta» - ed ecco che salta fuori questa storia del Battisti censurato nella Spagna di Francisco Franco dove, secondo il postulato di Bertoli, lo si sarebbe dovuto cantare con rigore filologico. Invece no: troppo sconcio. Gli anni sono quelli, i Settanta. Il medesimo artista in Italia ha fama di gran borghese e dunque destrorso, e in Spagna si prende quella di peccatore impenitente, pornografo e inadatto alle costumatezze religiose del franchismo. Certo, da noi la questione è risolta da lustri. Le prove del fascismo di Battisti non sono nemmeno indizi. Nella Collina dei ciliegi (dall’album Il nostro caro Angelo , 1973) c’è il celebre «planando sopra boschi di braccia tese», che ricorderebbe un’adunata ginnica degli anni Trenta. Nello stranoto singolo La canzone del Sole («Le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi...») Mogol infila un «mare nero, mare nero», seguito da un esaustivo «tu eri chiara e trasparente come me»: parla di un ex fidanzata mica di difesa della razza, ma ci fu poco da fare. Tanto è vero - sempre Anni 70 - che erano diceria diffusa i milionari finanziamenti di Battisti al Msi. Che sarebbe bastato conoscere due aneddoti sulla straziante tirchieria del presunto finanziatore per accantonare ogni voce. Infine circolò una foto di Battisti col braccio destro fascisticamente rivolto al saluto, quando invece (ma le reiterate spiegazioni di Mogol volarono via come sbuffi) stava spronando il pubblico al coro di E penso a te . Gli imbarazzi spagnoli non sono più comprensibili, ma almeno hanno un minimo di solidità. La ragazza sulla copertina di Amore e non amore è effettivamente nuda. La masturbazione di Anonimo (da Anima latina del 1974) è esplicita. L’ambiguità delle babane in Supermarket (da Amore e non amore , 1971) è già più opinabile ma aperta alla malizia. E poi i testi di Mogol sono ricolmi di seni, prostitute, rapporti carnali e così via. Lui e Battisti erano a tal punto monotematici, maniacalmente dediti alle migliaia di chance del rapporto amoroso, che per le femministe erano due gran misogini. Insomma, non c’era pace. In quegli anni intrattenere tematiche stilnoviste portava un sacco di guai. Per la sinistra, specialmente extraparlamentare, era dimostrazione di dismpegno parassitario da nemici del popolo. Per la donne era dimostrazione di congenita porconeria tipica di chi ha in testa solo quello. Per la dittatura spagnola, si scopre oggi, era dimostrazione di sentimenti contrari al pubblico decoro e alla tenuta morale della famiglia. Bel destino, eh. Ma sono tutte baggianate e da sempre. Si scoprì abbastanza presto che i carcerieri di Aldo Moro conservavano nel covo di via Monte Nevoso a Milano la collezione completa dei capolavori battistiani. Un’intera generazione che di giorno occupava le facoltà universitarie, diffondeva ciclostilati e magari pianificava e metteva a segno colpi criminali, di sera si rifaceva le orecchie e il cuore con la «poesia di un amore profano», e rare femministe sfuggivano al sospiro della «paura di esser presi per mano». Tutto in gran segreto per motivi di integrità rivoluzionaria. Finché, nei primi Anni Ottanta, lo sdoganamento non assunse classici contorni arlecchineschi: in un comunicato le Brigate Rosse ricorsero alle «discese ardite e le risalite» per fare il punto sullo Stato imperialista delle multinazionali. Insomma, una vera maledizione, povero Battisti. Adesso qualcuno, in Spagna, si toglierà la soddisfazione di analizzare le eccellenze posteriori della signora sulla copertina di Amore e non amore . O di valutare lo stato del pudore soltanto quarant’anni fa, mentre il resto del mondo liberalizzava l’esultanza corporale. E spiace soltanto di non vedere la faccia di Franco se avesse ascoltato Battisti in versione Pasquale Panella ( L’Apparenza , 1988): «Cali il tuo sipario di capelli / sopra l’armamentario voluttuario». La spiegazione, a chi non colse, la diede anni dopo lo stesso Panella, fissandosi su ciò che succede «in bocca al godimento».