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 2012  gennaio 29 Domenica calendario

I PAPERONI CHE DANNO SOLDI ALLE BANCHE


Non sempre sono gli imprenditori che dipendono dalle banche. Qualche volta è il contrario. A condire il successo dell’aumento di capitale di Unicredit ha contribuito, infatti, l’intervento di una pattuglia di “grandi firme” dell’industria. Diego Della Valle che dovrebbe avere una quota del 2% (valore di Borsa 400 milioni) Leonardo Del Vecchio che ha raddoppiato la partecipazione all’1%. E poi il gruppo De Agostini che ha investito 12,5 milioni per acquistare le azioni collegate alle obbligazioni convertibili (“cashes”) già in portafoglio. Una quota dello 0.11% che salirà allo 0,17% con l’esercizio dei bond. Infine Francesco Gaetano Caltagirone che dopo essere uscito da Mps (con una perdita stimata fra 150 e 200 milioni) si è spostato su Unicredit con un investimento di circa 100 milioni.
In realtà la passione degli imprenditori italiani per le banche non è proprio nuovissima. E non c’è nemmeno bisogno di risalire ai primi decenni del secolo scorso quando i fratelli Perrone (Ansaldo), dopo aver acquistato la Banca di Sconto, tentarono la scalata alla Banca Commerciale. Più di recente era stato Enrico Cuccia che, venticinque anni fa, aveva lanciato Gemina alla conquista di quello che allora si chiamava Nuovo Banco Ambrosiano e oggi Banca Intesa. Nell’azionariato di Gemina c’era il salotto buono: Fiat, Montedison, Pirelli, il gruppo Orlando di Firenze (oggi Kme con un’altra proprietà). Il tentativo fallì ma Cuccia non si arrese. Organizzando le privatizzazioni di Comit e Credit ancora una volta chiamò un po’ di imprenditori nel “nocciolo duro”. Risalgono ad allora le presenze in Unicredit di Del Vecchio e Maramotti (Max Mara). Della Valle, invece si è spostato da Piazza della Scala (Comit) e Piazza Cordusio (Unicredit). Insomma gli industriali italiani, quando hanno risorse a disposizione,non si sottraggono alla voglia di mettere un piede in banca. Sono, solo, cambiati i protagonisti. L’ultimo arrivato è Vittorio Malacalza che, dopo la dismissione della sua azienda dovrebbe disporre di una liquidità di 400 milioni. È entrato in Pirelli, ha tentato con l’ospedale San Raffaele, e ora ha messo un piede in Unicredit. Un biglietto d’ingresso a Piazza Cordusio era stato offerto anche a Mario Moretti Polegato, patron della Geox che però l’ha rifiutato. Preferisce spendere il suo tesoretto da 350 milioni altrove. Nutre un amore profondo per banche e assicurazioni Francesco Gaetano Caltagirone. Anche in questo caso si parla di una disponibilità immediata di 400 milioni utilizzata per investire nelle banche e in Generali. Il colosso triestino, però, non ha portato fortuna a Marco Drago, gran capo del gruppo De Agostini. Nel 2007 aveva speso quasi tutto il ricavato (900 milioni su un miliardo) della vendita di Toro a Generali per acquistare azioni del Leone. A luglio dell’anno scorso ha contabilizzato una perdita di 500 milioni perché nel frattempo le azioni erano scese da 25 a 14 euro. Chi, invece, non ha paura delle svalutazioni è Giuseppe Rotelli, re della sanità privata in Lombardia con 18 cliniche e quasi quattromila posti letto. Sull’11% del Corriere della Sera perde 250 milioni. Tuttavia è pronto a salire ancora. Nel frattempo si è aggiudicato il controllo del San Raffaele con un investimento complessivo di 725 milioni fra valore d’acquisto (405 milioni) e accollo di debito (320). Uno sforzo notevole. Ma sostenuto da un conto in banca stimato ottocento milioni grazie al robusto cash flow garantito dalle cliniche: 130 milioni l’anno.

Nino Sunseri