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 2012  gennaio 29 Domenica calendario

IL PATERNALISMO DI STATO CHE FUNZIONA

Difficile che, in tempi di Tir e forconi, possa bastare una «spintarella gentile» ad indurre i singoli cittadini verso comportamenti virtuosi nei confronti dell’intera comunità. Eppure il teorico del nudge, il «pungolo» che ha affascinato Barack Obama e David Cameron, è convinto che questo approccio al policy-making basato sulle neuroscienze e sulla psicologia comportamentale stia dando risultati, eccome. «La nostra tesi — spiega Richard Thaler che insegna a Chicago e che, assieme a Cass Sunstein, scrisse un paio di anni fa il manifesto di questa sorta di "paternalismo libertario" — è che la gente è occupata, piena di tentazioni e non possiede le abilità cognitive di Einstein o la conoscenza economica di Warren Buffett. Il nostro obiettivo è quello di rendere più semplice realizzare i propri fini». Da quando Thaler e Sunstein sono diventati due celebrità accademiche, grazie al loro lavoro sul nudge, e cioè su come sia possibile incentivare nelle persone decisioni razionali e responsabili, le loro teorie non sono rimaste nei libri. Ma sono diventate un metodo di lavoro per l’amministrazione americana e per il governo britannico che si sono posti per primi l’interrogativo di come mettere a frutto il dibattito contemporaneo nelle scienze sociali.
Il premier inglese, ad esempio, ha costituito una squadra dedicata alla «comprensione dei comportamenti», che ha per missione l’individuazione di «modi intelligenti per incoraggiare, sostenere e mettere in condizione le persone di fare le scelte migliori per se stesse». Qualche settimana fa, questa task force (nota come il «Nudge Unit») che ha collaborato con vari ministeri, dalla sanità all’ambiente all’economia, ha presentato i suoi risultati, spesso invisibili, nella grana minuta dei provvedimenti legislativi, ma concretissimi nel loro impatto sulla vita quotidiana dei cittadini. Un progetto pilota a Bedford nell’ambito del sistema sanitario nazionale, ad esempio, ha portato ad una riduzione per oltre il 30% di appuntamenti medici mancati, semplicemente richiedendo ai pazienti di ricordare data e orario della visita, di segnarsela su un cartoncino e mandando loro un avviso che sottolineava i numeri di quante persone erano state puntuali. O ancora, da questa estate tutti coloro che fanno la domanda per avere la patente di guida devono specificare se intendano registrarsi tra i donatori di organi, altrimenti la loro richiesta risulterà incompleta. Si stima che, grazie a questo sistema, il numero dei donatori di organi raddoppierà, portando un milione di persone a iscriversi all’albo di qui a 5 anni.
«Segnalare alle persone ciò che altri hanno già fatto può rafforzare decisamente un cambiamento culturale nei comportamenti», ci spiega David Halpern, già collaboratore di Tony Blair a Downing Street e oggi a capo del Behavioural Insights Team del governo Cameron: «Siamo riusciti a ridurre i pagamenti in ritardo delle tasse ricordando alla gente che molte persone nella loro stessa area geografica avevano pagato puntualmente le loro imposte».
Una critica liberale a questo tipo di approccio al policy-making lamenta scenari da Grande Fratello tecnocratico, come se orientare le scelte dei cittadini fosse una pesante intrusione nella sfera delle decisioni individuali. Thaler rigetta qualsiasi connotazione politica delle sue teorie: «Una chiave per comprendere la nostra filosofia è che non ha nulla a che fare con destra o sinistra o con la divisione tra Stato minimo o meno. Sunstein lavora per l’amministrazione Obama, io sono un consulente della coalizione guidata da Cameron. Il nostro approccio riguarda il modo migliore di usare la scienza, e non l’ideologia». «Per troppo tempo ci siamo basati su un modello economico», osserva Matthew Taylor, anche lui un passato a Downing Street, ora alla guida di uno dei think-tank più avanzati nel campo delle neuroscienze applicate alla politica, la Royal Society of Arts: «Il comportamento umano è molto complesso, riflessivo. Dobbiamo promuovere una maggiore consapevolezza di noi stessi per comprendere le fragilità, la differenza tra ciò che le persone vogliono e ciò di cui hanno veramente bisogno». «Nell’ultimo decennio — argomenta Halpern — i mercati di consumo sono diventati molto più complicati. Ad esempio, laddove la gente prima non aveva virtualmente scelta nella fornitura della energia elettrica, oggi in Gran Bretagna si deve districare tra oltre 500 diverse tariffe. Per quanto riguarda i telefoni cellulari, stimiamo che la scelta sia tra circa 12 milioni di opzioni. In un mondo così l’architettura delle scelte diventa molto importante. Il modo in cui si presenta l’informazione e la cornice delle decisioni non riguarda più soltanto l’energia o il telefono, ma le grandi scelte della vita, dalle pensioni alla carriera».
Anche Thaler si inorgoglisce del lavoro che l’esecutivo di coalizione sta portando avanti in Inghilterra: «Stiamo facendo alcuni esperimenti su come far pagare ai contribuenti il denaro che devono dei loro conti passati. Dai primi riscontri risulta che le lettere di sollecito, rese più efficaci, hanno ottenuto un dieci per cento in più di risposte. Dal momento che scrivere una buona lettera piuttosto che una scadente costa uguale, perché allora non scriverne una buona?». Il suo sodale, Cass Sunstein, oggi dirige l’Office of Information and Regulatory Affairs, il laboratorio del policy-making della Casa Bianca. Con quali risultati? «Cass ha realizzato tantissimo, anche se non ha ricevuto tanta attenzione», racconta Thaler. Qualche esempio? «La chiamano "smart disclosure". L’idea è che si richiede alle aziende di dare ai consumatori una informazione completa sui prezzi e i dettagli dei loro prodotti, usando una specie di clausola elettronica che consenta di essere caricata con un clic su siti "terzi" e che aiuti le persone a sapere cosa stanno comprando e a fare confronti per arrivare all’affare migliore».
Nessun segreto alchemico, insomma, né «persuasori occulti», piuttosto una rivoluzione silenziosa, matura per un primo bilancio di «best practices» internazionali. Messi per una volta al posto di guida, i professori ci hanno preso gusto.
Filippo Sensi