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 2012  gennaio 28 Sabato calendario

LO STATO PAGA I DEBITI CON I SOLDI DEGLI ALTRI


Una partita di giro, solo una partita di giro. È in gran parte un bluff la decisione del governo di Mario Monti di iniziare a pagare i fornitori della pubblica amministrazione – che vantano crediti arretrati per almeno 70 miliardi di euro – con una prima tranche da circa 5 miliardi di euro inserita nel decreto legge sulle liberalizzazioni. Più di metà di quella somma infatti è prelevata dal capitolo di spesa 1778 del ministero dell’Economia intitolato “Agenzia delle Entrate – Fondi di bilancio”. In tutto 2,7 miliardi di euro saranno presi da lì e riassegnati all’entrata per effettuare i pagamenti alle imprese fornitrici, che li attendono in qualche caso da più di un triennio. Per altri 2 miliardi di euro invece potranno essere emessi titoli di Stato con una procedura contabile piuttosto articolata. Ma il fondo da cui vengono prelevati quei 2,7 miliardi aveva già una destinazione: quella del rimborso dei crediti di imposta ai contribuenti che ne avevano diritto. In qualche caso grottescamente quindi le stesse imprese che attendono i pagamenti con una mano se li vedranno erogare dopo molto tempo e senza interessi, e con l’altra rischiano di vederseli togliere rinviando la restituzione dei crediti di imposta dovuti. Nella maggioranza dei casi saranno i singoli contribuenti italiani a pagare quei 2,7 miliardi di euro che lo Stato deve alle imprese, attraverso un rinvio dei pagamenti loro dovuti dei crediti di imposta. Per lo Stato si tratta di una semplice partita di giro, che con più onestà i tecnici avrebbero dovuto spiegare nel dettaglio lo stesso giorno del varo del provvedimento. Visto che dal premier Monti al ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, questo pagamento (dovuto e in ritardo) dei fornitori è stato sbandierato come un fiore all’occhiello sia in conferenza stampa che nei salotti televisivi, la soluzione trovata per reperire i fondi ha davvero il sapore della beffa.
Per onestà di cronaca bisogna dire che questa sostanziale presa in giro dei cittadini non è invenzione dell’ultimo minuto del governo tecnico. Nell’ultimo biennio la stessa scelta aveva compiuto l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, in due occasioni: nel mille proroghe (500 milioni di euro) e in un decreto legge di correzione dei conti pubblici (per 93 milioni di euro). In entrambi i casi però aveva sollevato eccezione il servizio Bilancio dei due rami del Parlamento. «Si evidenzia», avevano avvisato i tecnici della Camera, «che l’utilizzo di tali risorse per una finalità diversa rispetto a quella dei rimborsi e delle compensazioni di crediti di imposta potrebbe determinare un differimento nel tempo dei suddetti». Quasi identico il parere dei tecnici del Senato: «l’utilizzo a valere su una quota delle risorse iscritte presso la contabilità speciale 1778 relative a rimborsi e compensazioni di crediti di imposta appare chiaramente suscettibile di determinare un rinvio dei pagamenti che sarebbero stati effettuati in favore dei contribuenti, con conseguenti riflessi perlomeno in termini di maggiori interessi legali da corrispondere per il più lungo decorso del tempo dei rimborsi e delle compensazioni dei crediti di imposta». In un caso la copertura fu variata, nell’altro mantenuta a spese dei contribuenti, ma la cifra era sensibilmente inferiore alla partita di giro che si è messa in moto ora. Oltretutto è indubbio che il danno così si infligga al soggetto più debole (il singolo contribuente), rispetto a quello che ha comunque spalle più larghe (l’impresa fornitrice): è una sorta di misura Robin Hood a rovescia, che toglie ai poveri per dare ai ricchi…

Franco Bechis