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 2012  gennaio 29 Domenica calendario

I tribunali del nostro Paese tra gli ultimi al mondo: siamo peggio del Vietnam – I record di efficienza della giustizia in Italia sono tutti negati­vi

I tribunali del nostro Paese tra gli ultimi al mondo: siamo peggio del Vietnam – I record di efficienza della giustizia in Italia sono tutti negati­vi. Meglio funziona la macchina giudiziaria del Vietnam, ancor di più quelle di Gambia e Mongolia, dice il rapporto «Doing Business 2012» della Banca Mondiale. Che mette l’Italia agli ultimi posti in Eu­ropa e nel mondo: è la numero 158 su 183 Paesi. Mentre l’anno giudiziario s’inaugura nelle Corti d’Appello di tutt’Italia con grida d’allarme delle toghe e proteste degli avvo­cati «imbavagliati», i dati e le sti­me più recenti disegnano ancora una volta un quadro sconfortan­te. Le analisi di Confindustria, Con­fartigianato, Banca d’Italia e Ban­ca Mondiale parlano del peso schiacciante sulla nostra econo­mia dei 9 milioni di cause arretra­te che ci costano, solo per il civile, 96 miliardi in mancata ricchezza. Un peso che intacca nel profondo la fiducia dei cittadini per la giusti­zia con la «G» maiuscola. Alle aspre polemiche contro la riforma «epocale» annunciata dal governo Berlusconi succede la di­stensione dei toni della magistra­tura, ma sono gli avvocati adesso ad insorgere contro le liberalizza­zioni del governo Monti. Alla cerimonia di Catania il mi­nistro della Giustizia, Paola Seve­rino, afferma che la sfida che atten­de l’Italia è quella di «rendere la giustizia efficiente». E, cautamen­te, i leader politici riaprono il capi­tolo delle riforme, sondando il ter­reno per capire quali settori non appaiono minati. Ma il quadro è sempre quello di un Paese agli ultimi posti nel mon­do per la lentezza dei processi che frena la crescita per cittadini, im­prese e investimenti esteri, con co­sti enormi per il Paese. E sul Sud Italia pesa la maggior parte dell’ar­retrato, più di metà del totale na­zionale. Secondo l’ultima stima di Con­findustria, abbattere il 10 per cento dei tempi della giustizia ci­vile porterebbe un incremento dello 0,8 per cento del Pil. Il Cen­tro per la prevenzione e risolu­zione dei conflitti (Cprc)ha cal­colato che questa percentuale corrisponde in termini econo­mici a un milione di cause civili pendenti. E il «modello Torino» dimostra che l’impresa non è im­possibile. Vuol dire che se riuscissimo ad azzerare l’arretrato civile potre­m­mo guadagnare il 4,8 per cento del Prodotto interno lordo: poco me­no di 96 miliardi. Gli imprenditori chiedono un intervento del governo per recu­perare competitività: la giustizia­lumaca sottrae loro risorse per 2,2 miliardi di euro, secondo l’Ufficio studi di Confartigianato. Senza calcolare i mancati introiti per la fuga degli investitori esteri, spa­ventati dai nostri ritmi giudiziari. Perché in Italia servono 1.210 giorni per tutelare un contratto, contro 394 in Germania, 389 in Gran Bretagna e 331 in Francia? Ri­spetto alla media di 518 dei Paesi Ocse, si tratta di 692 giorni in più, cioè 1 anno 10 mesi e 27 giorni. All’estero le aziende incassano i danni in 12 mesi, in Italia bisogna aspettare in media oltre 3 anni o accettare accordi al ribasso, men­tre nel frattempo si chiedono pre­stiti per sopravvivere. I fallimenti durano più di 10 anni in media e non funziona affatto meglio la giu­stizia tributaria. Una parte della colpa ce l’ha si­curamente la nostra estrema liti­giosità: facciamo causa più del doppio rispetto alla media Ue, da 10 a 20 volte in più degli scandina­vi. Ecco come si spiega il fatto che continui a crescere il popolo degli avvocati, circa 260mila. In provin­cia di Milano ci sono tanti legali quanti nell’intera Francia. E le ta­riffe premiano chi firma più atti, non chi accorcia i tempi o evita i processi scegliendo la conciliazio­ne. Di rinvii in rinvii per i tre gradi di giudizio ogni processo dura un’eternità.E con costi legali mol­to alti. La quota in termini di assi­stenza legale e spese processuali, rispetto al valore complessivo del­la causa, è circa il 30 per cento, con­tro il 14,4 della Germania e il 9,9 della Norvegia. La Commissione europea sul­l’efficienza della giustizia calcola che lo Stato italiano spende per la giustizia 70 euro per abitante, mentre sono 58 in Francia dove la durata media di un processo civi­le è la metà. La spesa pubblica complessiva per tribunali e procu­re supera i 7,5 miliardi di euro ed è la seconda più alta in termini pro­capite in Europa, dopo la Germa­nia. I costi della legge Pinto, per i ri­sarcimenti dovuti ai processi trop­po lunghi, aumenta poi il deficit. Come è stato denunciato da più voci all’inaugurazione dell’anno giudiziario, il trend è in aumento vertiginoso. Nel 2008 il danno per le casse dello Stato è stato di 81,3 milioni di euro, l’anno successivo è salito a 267 e nel 2010 ha supera­to i 300 milioni. Anna Maria Greco