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 2012  gennaio 29 Domenica calendario

Bye bye Wozniacki, au-revoir Serena e Masha, addio Kim Clijsters, a Melbourne è iniziata una nuova era del tennis rosa

Bye bye Wozniacki, au-revoir Serena e Masha, addio Kim Clijsters, a Melbourne è iniziata una nuova era del tennis rosa. Rifilando a Maria Sharapova una sonorissima sconfitta (6-3 6-0) Victoria Feodorvna Azarenka è riuscita nello stesso giorno a vincere il suo primo Slam e a diventare n. 1 del mondo. Gli ultimi 5 major sono stati vinti da 5 giocatrici diverse, Kim Clijsters, Na Li, Petra Kvitova, Sam Stosur e ora l’ Azarenka, ma sono Victoria e Petra che hanno il futuro addosso. Più che una finale, quella di ieri dopo l’ingannevole 2-0 iniziale per Maria è stata una mattanza, 12 game a 1 per la Azarenka. O se preferite un film splatter montato da un regista folle: scenografia alla Hitchcock (i gabbiani minacciosamente addensati sui tralicci della Rod Laver Arena), colonna sonora scippata a Rocco Siffredi («aa-aahh.. uh-uhhh»), titolo felliniano: la Dolce Vika. Che sarebbe poi il soprannome della Azarenka, anni 22, nata a Minsk come Max Myrni e Natasha Zvereva (quella che nell’88 scoppiò in lacrime dopo il 6-0 6-0 in 28’ con la Graf nella finale di Parigi) ed emigrata 14enne a Phoenix, Arizona, dove a foraggiare le sue ambizioni è stato Nikolai Khabibulin, grande portiere di hockey su ghiaccio nella Nhl e amico di mamma Azarenka. «In Bielorussia non tutti hanno i soldi per fare una vita da atleta, Nikolai mi ha aiutato molto», spiega lei. «Ma per me è anche un maestro di vita, la persona con cui posso parlare di tutto». Negli States Vika ha imparato ad amare gli orologi (il cagnolino si chiama Rolex), la moda, l’hip-hop, le macchine da sciuri (guida una Mercedes). E a picchiare la palla - di dritto e ancora meglio di rovescio - come un’altra emigrata di successo, la sua avversaria di ieri, di cui tennisticamente è un clone evoluto e più atletico. Entrambe hanno un moroso sportivo: la Sharapova il cestista Vujacic, la Azarenka il tennista Serghei Bubka junior, figlio proprio di quel Bubka lì. Che Vika fosse una predestinata lo si era capito da tempo. I dubbi riguardavano la psiche, incline a squagliarsi nei momenti cruciali. In campo parla e straparla – con se stessa, i giudici, i fan - e quando colpisce emette gemiti da 95 decibel, «come una che provi piacere a essere sculacciata» (lo ha scritto una donna). La Sharapova con i decibel arriva addirittura a 105, 5 meno di un aeroplano che atterra, le emissioni di Vika però durano di più: 1,72 secondi di media secondo il “Whoometer”, il misura-rantoli in dotazione alla tv australiana Channel 7. Un’abitudine che le ha creato problemi con il pubblico - anche a Melbourne è stata fischiata -, con Wimbledon e con la Wta che sta pensando di prendere provvedimenti. «Da piccola ero gracile e mi aiutavo urlando – si giustifica ormai non cambio più». Rispetto a un paio di anni fa Vika invece è cambiata dentro e fuori grazie al nuovo coach Sam Sumyk, bretone maieuta che le ha vietato la cioccolata, imposto la palestra e insegnato «a essere me stessa, perché io sono diversa da come appaio in campo. Se ti apri e mostri i tuoi veri sentimenti, allora impari anche a riconoscere i tuoi errori». Morale: adesso che si è sciolta dentro, in campo la dolce Vika non si squaglia più.