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 2012  gennaio 30 Lunedì calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 30 GENNAIO 2012

Primo “sciame sismico” tra la notte di martedì a Verona (mezzanotte e 54 minuti, magnitudo 4,2, epicentro fra i comuni di Negrar, Marano di Valpolicella, Grezzano e San Pietro in Cariano, ipocentro a 10,3 km di profondità) e la mattina di mercoledì in provincia di Reggio Emilia (9.06, magnitudo 4,9, epicentro nel reggiano fra i comuni di Poviglio, Brescello e Castelnovo di Sotto, ipocentro a 33,2 km di profondità), alle 15.53 dì venerdì la terra ha tremato per quindici secondi in tutto il Nord Italia: magnitudo 5,4 che ne fa il terremoto più violento dopo quello dell’Aquila (6,4, 6 aprile 2009), epicentro sull’appennino parmense tra i comuni di Corniglio e Berceto, «stavolta l’urlo del sisma è salito dalle viscere della terra: a 60.8 chilometri di profondità, e meno male, perché, spiegano gli esperti, “se fosse stato più in superficie, gli effetti sarebbero stati ben peggiori”». [1]

Le «scosse registrate a distanza di pochi giorni non hanno relazione tra loro, originano da aree sismiche distinte», ha spiegato Demetrio Egidi, responsabile della Protezione civile dell’Emilia-Romagna. [2] Giampaolo Cavinato, ricercatore all’istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Cnr: «Sono sicuramente simili, ma probabilmente non esiste un collegamento fra di loro: è difficile che si sia attivata la medesima struttura geologica, dato che in Italia non sono conosciute faglie della lunghezza di 80-90 chilometri, come per esempio in Giappone». [3] Domenico Giardini, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv): «È dall’estate scorsa che la terra trema in continuazione su tutto il Nord anche se a livelli meno intensi rispetto a quelli degli ultimi giorni». [4]

Il 17 luglio ci fu un terremoto di intensità pari a 4.7 gradi della scala Richter tra Bologna e Verona; il 27 luglio 4.3 a ovest di Torino; il 29 ottobre 4.2 nel veronese. L’origine del tutto è lo scontro in atto tra la placca africana, di cui la Val Padana è l’estremo lembo settentrionale, e la placca euroasiatica. Giovanni Caprara: «Di conseguenza abbiamo gli Appennini che spingono incessantemente a Nord schiacciandosi verso le Alpi e caricando il suolo di energia che prima o poi si libera facendo tremare il suolo più o meno con violenza. Per gli esperti la situazione rientra in una normalità geologica con qualche punto di domanda». Giardini: «I terremoti dovrebbero manifestarsi ai bordi più estremi delle placche mentre invece notiamo un’eccezione perché alcuni si sono generati anche al centro». [4]

Dal 1600 a oggi nella zona si sono registrati oltre 21 terremoti di rilievo. Mario Tozzi, geologo all’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Cnr: «L’ultimo nel 1996, quando alla Ipercoop di Reggio Emilia caddero al suolo decine di apparecchi televisivi nuovi di zecca frantumandosi in mille pezzi. Quella volta la terra tremò per 55 secondi proprio nella stessa zona dei “terremoti carbonari” del 1831 e 1832». [6] Il sisma di venerdì è stato generato da una rottura della faglia di 5 chilometri, spostamento di 4-5 centimetri in un secondo e mezzo. In superficie la scossa è durata 15 secondi per l’effetto “tamburo” della pianura Padana che, composta da sedimenti soffici, si è messa a vibrare. [6]

In una mappa ufficiale usata sia dalla Protezione Civile sia dagli ingegneri incaricati di costruire edifici antisismici, si parla di rischio “medio-basso” sia in Pianura Padana che nelle Prealpi Venete. Alessandro Amato (Ingv): «Sono più rari, ma i terremoti entro la magnitudo 5 possono colpire ovunque. Pianura Padana e Veneto in passato hanno sperimentato sismi molto forti pur essendo considerati luoghi relativamente sicuri». Nel 1117, quando la terra tremò causando distruzione a Verona e Venezia, la magnitudo era a quota 6,5, secondo quanto stimato oggi dall’Ingv. [7]

Tutta l’Italia è zona sismica, con l’eccezione del sud della Puglia e della Sardegna. [8] Tozzi: «Nessuno è in grado di escludere che i risentimenti delle regioni geologicamente più attive si percepiscano a Roma e Napoli piuttosto che a Milano, Torino o Genova. È già successo in passato, soprattutto per i terremoti parmensi e reggiani che interessano l’Italia settentrionale fino dalla notte dei tempi. Sappiamo poi quali sono le energie attese in quelle zone, che difficilmente superano magnitudo 6 Richter, e sappiamo che tipo di danni potrebbero eventualmente causare. Quello che non sappiamo è quando avverrà il prossimo terremoto o se ci sarà una seconda scossa più forte della prima». [5]

Guardare solo al passato, spulciando archivi storici che nel migliore dei casi non vanno oltre il Medioevo, è un metodo poco adatto a tracciare mappe del rischio efficaci. Alessandro Martelli, ingegnere sismico e direttore del centro Enea di Bologna: «Dal 2001 a oggi nel mondo si sono verificati undici terremoti catastrofici. E in nove casi il pericolo era stato nettamente sottostimato. Prima del terremoto dell’Irpinia il 25% del territorio italiano era considerato a rischio, e quindi doveva adottare determinate misure antisismiche. Questo valore fu portato poi al 70% e innalzato all’80% dopo la strage di San Giuliano di Puglia. Con il risultato che il 70% degli edifici italiani sono costruiti con criteri insufficienti per lo stato di rischio attuale». [7]

Il fatto che la faglia si sia rotta a Frignano non esclude il rischio di avere un altro evento in futuro, oggi come fra 50 anni, di ben altra intensità sulla faglia dell’Appennino. Si sa dove (nelle zone sopra le faglie dove più spingono le placche sottostanti) ma non quando, nemmeno dopo una sequenza di eventi come questa: i cosiddetti “precursori”, fenomeni fisici osservati in occasione di sismi (l’emissione anomala di onde radio e infrarosse, l’aumento del gas radon, la variazione della conducibilità elettrica delle rocce) non consentono alcuna previsione. Per proteggere il 40 per cento della popolazione che vive in zone ad alto rischio sismico in abitazioni troppo vecchie e non adeguate alle recenti norme sismiche (il 60 per cento degli 11,6 milioni di edifici italiani è stato costruito prima del 1971) c’è solo la prevenzione: verifica delle strutture, piani di emergenza ecc. [9]

Dopo la scossa di mercoledì, il sindaco di Verona Flavio Tosi ha parlato di «falsi allarmi, mitomani, gente un pò sprovveduta che ha preso decisioni avventate». [10] Franco Gabrielli, capo della Protezione civile, è stato molto più cauto: «Gli sciami sono imprevedibili: può esserci un evento come all’Aquila o il nulla...». [11] Guido Bertolaso, predecessore di Gabrielli, è sotto inchiesta per omicidio colposo plurimo e disastro colposo: martedì la procura dell’Aquila lo ha iscritto nel registro degli indagati in un inchiesta parallela a quella che ha portato al processo dei vertici della Commissione Grandi rischi per la morte delle 309 vittime del terremoto del 6 aprile 2009. Chiamati a giudizio, con l’accusa di omicidio colposo plurimo e lesioni, molti dei maggiori esperti italiani del settore: Franco Barberi, Bernardo De Bernardinis, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Gian Michele Calvi, Claudio Eva, Mauro Dolce. [12]

Bertolaso era atteso l’8 febbraio come testimone: sebbene non fosse presente alla riunione in cui la commissione avrebbe fornito (secondo l’accusa) troppe rassicurazioni sullo sciame sismico, convincendo molti a rimanere in casa la notte del 6 aprile 2009 dopo la prima scossa (perdendo la possibilità di salvarsi), l’ex capo della Protezione Civile dovrà difendersi «per il fatto stesso di avere convocato quella che lui stesso in un colloquio intercettato con l’assessore Daniela Stati, definiva “un’operazione mediatica”. Affermando che la riunione non era convocata “perché siamo spaventati o preoccupati, ma perché vogliamo tranquillizzare la gente”». Virginia Piccolillo: «“Bisogna zittire qualsiasi imbecille, placare illazioni, preoccupazioni”, aveva detto organizzando la riunione che si tenne 5 giorni prima del terremoto, spiato dalla Procura di Firenze che indagava sugli appalti del G8». [13]

«Ho sbagliato perché nessuno mi obbligava a fare quella riunione e far parlare gli scienziati, l’ho fatto per riguardo nei confronti di quelli che oggi mi vogliono denunciare per omicidio colposo e non avevo nessun obbligo» ha commentato Bertolaso. [13] Secondo la Procura dell’Aquila, che valuta se riunire i due procedimenti, la strage causata dal terremoto si sarebbe potuta ridurre se la Commissione non si fosse macchiata di «negligenza, imperizia e imprudenza». Giuseppe Caporale: «Commise un errore macroscopico - secondo il sostituto procuratore Fabio Picuti – davanti ad elementi evidenti come uno sciame sismico con quattrocento scosse in tre mesi, a decine di studi scientifici sulla vulnerabilità del patrimonio edilizio, e alla storia sismica dell’Aquila». [12]

Secondo l’imputazione la Grandi rischi fornì a istituzioni e cittadinanza «informazioni incomplete, imprecise e contraddittorie sulla natura, sulle cause, sulla pericolosità e sui futuri sviluppi del’attività sismica in esame, vanificando le finalità di tutela della vita, dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente da calamità naturali, da catastrofi, e da altri grandi eventi che determinano situazioni di grave rischio». Caporale: «Alla base dell’accusa di Picuti, anche la relazione del professor Luis Decanini, che nella sua consulenza afferma che “il terremoto del 6 aprile rientra perfettamente nel quadro della sismicità di quest´area e non rappresenta pertanto un caso eccezionale”. L’Aquila era una città fragile, lo sapevano tutti. Gli imputati - sostiene la procura - avrebbero dovuto tenere conto di questo dato, reperibile già nel censimento di vulnerabilità dell’Abruzzo del 1999». Resta da vedere se parlare di sciami «imprevedibili» è sufficiente per cautelarsi dalle accuse. [12]

Note: [1] La Stampa, 28/1; Francesco Alberti, Corriere della Sera 28/1; [2] Luigi Spezia, la Repubblica 28/1; [3] Franco Sarcina, Il Sole 24 Ore 28/1; [4] Giovanni Caprara, Corriere della Sera 28/1; [5] Mario Tozzi, La Stampa 26/1; [6] la Repubblica 28/1; [7] Elena Dusi, la Repubblica” 26/1; [8] f. s., Il Sole 24 Ore 28/1; [9] Fabio Tonacci, la Repubblica 28/1; [10] Anna Sandri, La Stampa 26/1; [11] Francesco Alberti, Corriere della Sera 28/1; [12] Giuseppe Caporale, la Repubblica 26/5/2011; [13] Virginia Piccolillo, Corriere della Sera 25/1.