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 2011  ottobre 27 Giovedì calendario

SORPRESA: UN PROGRAMMA LIBERALE


La sorpresa vera della lettera inviata da Silvio Berlusconi alla Ue si trova poco oltre la metà del testo. È lì che l’Italia propone per uscire dalla crisi finanziaria lo stesso identico strumento che ha fatto precipitare bella crisi prima gli Stati Uniti e poi il resto del mondo: i mutui casa concessi anche a chi non ha le risorse per pagarli. Solo che Berlusconi invece che garantire quei mutui con la finanza derivata, ha un’idea geniale: dare alle banche il Colosseo. Naturalmente si tratta di una esagerazione, ma non troppo, perché alla Ue viene scritto che «è in corso di predisposizione una garanzia reale dello Stato (attraverso i propri beni immobili, e non solo di natura finanziaria) per i mutui prima casa di giovani coppie, prive di contratto di lavoro a tempo indeterminato. Questo garantirà un nuovo impulso al mercato immobiliare e alle nuove famiglie».
Idea forse fantasiosa e un po’ spiazzante. Ma è una delle chiavi della lettera, perché in più passaggi di quelle quindici pagine si ritrova il Berlusconi e soprattutto il centro destra di un tempo. Quello che quasi mai ha realizzato i propri principi economici, e che ora li sa resuscitare all’improvviso mentre il governo è messo spalle al muro in una lettera che tutto è fuorché banale e scontata. Eccone un altro passaggio che già agita l’opposizione: «entro maggio 2012 l’esecutivo approverà una riforma della legislazione del lavoro funzionale alla maggiore propensione ad assumere e alle esigenze di efficienza dell’impresa anche attraverso una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici nei contratti di lavoro a tempo indeterminato». Si faciliterà dunque l’ingresso nel mercato del lavoro senza per questo costruire gabbie invalicabili per le imprese che assumono. In linea con quello che chiedeva Mario Draghi nella celebre lettera della Bce al governo italiano. Novità non da poco anche nel pubblico impiego: «Oltre al vigente blocco del turnover del personale», scrive Berlusconi, «renderemo effettivi con meccanismi cogenti/ sanzionatori: la mobilità obbligatoria del personale; la messa a disposizione (Cassa Integrazione Guadagni) con conseguente riduzione salariale e del personale; e il superamento delle dotazioni organiche».
Non sono pochi gli interventi citati in tema di liberalizzazione del commercio e delle professioni, e di privatizzazione dei servizi pubblici locali, in parte già contenuti in disegni e decreti legge approvati nell’ultimo anno, in parte da rifinire con decreti legislativi annunciati e con una legge quadro sulla concorrenza che darà più poteri all’Autorità antitrust. Anche questo tema tipico delle politiche economiche liberali e del centrodestra italiano.
L’unica cosa che si può contestare a molti punti è solo la scarsa probabilità di realizzazione. Si fissano obiettivi a 6, 12 e 18 mesi che magari in Europa fanno un certo effetto, ma una volta tornati in Italia si devono confrontare con la reale condizione del governo e della sua maggioranza. Sembra assai improbabile che l’esecutivo abbia tanta benzina per potere navigare ancora quel tempo. Ma il buon proposito resta tale.
La lettera non prova nemmeno a dire qualche pietosa bugia sulle pensioni. Dice che sulla base della normativa vigente quelle di anzianità proseguiranno con gli scalini previsti nel 2013 e quelle di vecchiaia arriveranno per tutti – uomini e donne – a 67 anni nel 2026 «grazie al meccanismo di aggancio dell’età pensionabile alla speranza di vita introdotto nel 2010». Il dato è vero, e quindi dice che nulla verrà fatto per accelerare l’aumento della età pensionabile perché già con le regole attuali si andrà in pensione come accade negli altri principali paesi europei. In effetti la legge italiana già oggi dice che maturi il diritto alla pensione di vecchiaia a 65 anni se sei uomo, e dal 2012 anche se sei donna dipendente del settore pubblico. Maturare il diritto però non significa andare in pensione: questo avverrà 12 mesi esatti dopo. Quindi già oggi l’età per la pensione di vecchiaia è di 66 anni. Dal primo gennaio 2013 aumenterà di ulteriori 3 mesi proprio per la norma citata, che più o meno farà innalzare l’età pensionabile di 3 mesi ogni tre anni. Con questo meccanismo nel 2026 tutti gli uomini e le donne del settore pubblico andranno in pensione a 67 anni e 3 mesi. Per le donne del settore privato il meccanismo è invece previsto dalla manovrona di agosto. Nel 2026 andranno in pensione effettiva a 66 anni e 9 mesi. Senza nulla fare, ma banalmente spiegando, quindi si accontenta Bossi e un poco la Ue. Certo, il vero contrasto era sulle pensioni di anzianità, che non vengono sfiorate. Però chissà se lo noteranno in mezzo a tanto diluvio di parole…

Franco Bechis