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 2011  ottobre 05 Mercoledì calendario

La principessa che torturava gli oppositori - Fino ad un po’ di tempo fa era famosa per le sue imprese di eroi­na dell’anti narcotici

La principessa che torturava gli oppositori - Fino ad un po’ di tempo fa era famosa per le sue imprese di eroi­na dell’anti narcotici. I giornali arabi facevano a gara a pubblica­re le confidenze di quella trenten­ne principess­a del Bahrein trasfor­matasi in agente speciale sotto co­pertura per dar la caccia ai traffi­canti di droga. Ora ha smesso di far fremere d’emozioni i suoi sud­diti. Ora preferisce farli tremare di paura. Lei si chiama Sheikha Noo­ra Ibrahim al- Khalifa ed è una del­le cugine di Sabika bint Ibrahim al- Khalifa, ovvero sua altezza la regi­na del Bahrein. Nonostante il non indifferente lignaggio la spregiu­dicata e nobile cuginetta rischia di venir ricordata come «Noora la principessa della tortura». Tutto colpa delle accuse di un gruppo di medici sbattuti in gale­ra­e condannati a pesante pene de­tentive per aver prestato soccorso ai dimostranti feriti durante gli scontri dello scorso febbraio. Se­co­ndo le testimonianze dei medi­ci Sheika li avrebbe non solo inter­rogati, ma anche malmenati e sevi­ziati. «Ha incominciato prenden­domi a schiaffi e chiamandomi “scrofa sciita”, ha continuato infi­landomi un cavo elettrico in boc­ca e ordinando una serie di scari­che elettriche», racconta Nada Dahif arrestata lo scorso marzo e condannata a 15 anni di galera as­sieme ad altri medici e infermieri. La storia dei medici seviziati e di Noora la Torturatrice inizia lo scorso febbraio quando anche in Bahrein esplode la cosiddetta pri­mavera araba. Lì, a differenza di al­tre nazioni mediorientali, la prote­sta è nelle mani della maggioran­za sciita in rivolta contro il potere dei Khalifa, una dinastia di fede sunnita appoggiata solo dalla mi­noranza dell’emirato. Nonostan­te lo scarso consenso i Khalifa non vanno per il sottile: prima ordina­no ai dimostranti di tornarsene a casa, poi mitragliano la folla riuni­ta in una rotonda della capitale Manama uccidendo 38 persone. Chi arriva vivo all’ospedale fini­sce con il mettere nei guai anche i medici. Le forze di sicurezza, do­p­o aver setacciato l’ospedale e de­portato i feriti, sospendono dal la­vo­ro tutto il personale medico sor­preso a prestar soccorso ai dimo­stranti. Subito dopo medici e infer­mieri vengono arrestati e inquisi­ti. Una settimana fa, infine, un tri­bunale militare infligge loro con­danne dai cinque ai quindici an­ni. La mobilitazione di alcuni mili­tanti dei diritti civili fa però emer­gere il ruolo della principessa Sheika Noora negli interrogatori precedenti la sentenza. Un ruolo svolto, a dar retta alle testimonianze, con la stessa pas­sion­e ed energia dedicata in prece­denza alla lotta ai trafficanti di dro­ga. Fatima Haji racconta che “sheika”, come la chiamavano le altre guardie, incomincia a colpir­la­dopo aver trovato nel suo telefo­nino una mail indirizzata a Hu­man Rights Watch in cui spiega di esser stata sospesa dal lavoro. «Pri­ma urla “come osi distruggere l’immagine del mio Paese”, subi­to dopo mi colpisce in faccia. M’in­fila un cavo elettrico in bocca e in­comincia a far andare l’elettrici­tà ». Poi, dopo averla lasciata sve­nuta sul pavimento, “ sheika”l’ab­bandona alle molestie sessuali de­gli agenti maschi della sua squa­dra. Secondo le organizzazioni per la difesa dei diritti umani la vit­tima più famosa dela “torturatri­ce” è Ayat al Qurmuzi, una poetes­sa vent­enne arrestata per aver let­to in piazza una poesia in cui criti­cava il sovrano dell’emirato. «Da­vanti a quelli che mi colpivano con bastoni e manganelli di gom­ma c’era sempre una donna in bor­ghese. È stata lei a ferirmi alla te­sta... poi mi han detto che era un funzionario della sicurezza e face­va parte della casa reale. Ogni vol­ta che mettevo piede nel suo uffi­cio erano botte. Ogni volta ripete­va la stessa frase: «Dovresti esser orgogliosa della dinastia dei Khali­fa. Loro non abbandoneranno mai il Bahrein, perché il Bahrein è il nostro Paese».