Roberta Scorranese, Corriere della Sera 05/10/2011, 5 ottobre 2011
«IO, INGEGNERE NEI CANTIERI VERDI. COSI’ E’ CAMBIATO IL NOSTRO LAVORO»
Le gigantesche fioriere che puntellano il grattacielo sembrano snobbare persino il pensiero di delicati tulipani: conterranno alberi alti fino a diversi metri, tronchi più o meno possenti e fronde pesanti. No, le vasche del «Bosco verticale», il progetto dello studio Boeri per il cantiere di Porta Nuova Isola, a Milano, sono fatte di uno speciale cemento ad altissima resistenza, qui impiegato per la prima volta in un progetto civile. E i solai sono post tesi: il calcestruzzo viene compresso con dei cavi d’acciaio «strizzati» all’interno. «Oggi metodi e materiali cambiano in fretta — spiega Michele Masnaghetti, ingegnere nonché direttore dei lavori al progetto — e cambia anche il nostro lavoro».
Cambia perché cambiano i progetti, cambiano i profili professionali, come anche l’attenzione all’ambiente, un elemento ormai radicato nel tessuto genetico di numerose imprese e lo testimoniano le tante ditte improntate all’ecosostenibilità presenti a Made Expo. Per dire: anche l’Italia comincia a chiedere la certificazione LEED, Leadership in energy and environmental design: parametri rigorosi, come l’approvvigionamento dei materiali «a chilometro zero», molto vicini al cantiere. O l’incentivo all’uso della bici eliminando il box auto. Criteri che cambiano il lavoro. Di architetti, ingegneri, operai.
La formazione degli operatori diventa essenziale: devono avere dimestichezza con malte ecologiche, intercapedini sottili, sistemi anti rumore. E, visitando il cantiere del Bosco Verticale, si nota che molti operai parlano tedesco: arrivano dal Sud Tirolo e dall’Alto Adige, provincia capofila da anni in questi nuovi sistemi (si pensi alla bolzanina certificazione CasaClima, che valuta la sostenibilità e l’efficienza energetica di un edificio). Ma intanto, dalle parti di Porta Nuova Isola, il pensiero corre alla linea della metropolitana che passerà nelle immediate vicinanze delle case. E l’innovazione arriva sottoforma di speciali ammortizzatori nelle fondamenta (quasi dei cubi gommosi) per attutire gli effetti.
«È evidente quindi — continua Masnaghetti — come cambiano anche i criteri della progettazione in questo ambito». Se prima lo schema era quello classico, con fondamenta, muri e rivestimenti, adesso si cerca di risparmiare tempo nelle operazioni base e se ne impiega di più nelle «rifiniture ambientali». Esempio: grazie ai cosiddetti casseri rampanti (speciali ponteggi che non hanno bisogno di essere smontati e rimontati ogni volta) si risparmia il cinquanta per cento del tempo rispetto a un lavoro tradizionale. Così non solo si procede più spediti, ma anche le condizioni dei lavoratori migliorano. Ma la vera grande scommessa è l’ecosostenibilità ed è quella, a detta degli esperti, che presto farà la vera differenza. Per esempio: alcuni palazzi utilizzeranno l’acqua di falda (di cui Milano è molto ricca) attraverso una pompa con cui produrre caldo e freddo. Così i progettisti non ragionano più in termini di caldaia classica, ma con occhi nuovi.
Ci sono i sistemi di irrigazione del verde con riuso dell’acqua piovana e gli operai dovranno fare i conti con questi impianti, non nuovissimi ma nemmeno canonici nell’edilizia tradizionale. Ci sono i pannelli fotovoltaici e si richiedono le competenze adatte per il montaggio e la manutenzione. «Certo — dice l’ingegnere — la formazione abbraccia campi sempre più diversi». Si cercano figure che sappiano lavorare in squadre sempre più allargate e diversificate, muratori che collaborino con altri artigiani. Gli architetti pensano non più solo in termini di efficienza energetica ma anche di «dialogo» tra casa e città, casa e quartiere. Come dice l’eco-attivista Jeremy Rifkin: «Il futuro è condivisione».
Roberta Scorranese