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 2011  ottobre 05 Mercoledì calendario

«IO, INGEGNERE NEI CANTIERI VERDI. COSI’ E’ CAMBIATO IL NOSTRO LAVORO»

Le gigantesche fioriere che puntellano il grattacielo sembrano snobbare persino il pensiero di delicati tulipani: conterranno alberi alti fino a diversi metri, tronchi più o meno possenti e fronde pesanti. No, le vasche del «Bosco verticale», il progetto dello studio Boeri per il cantiere di Porta Nuova Isola, a Milano, sono fatte di uno speciale cemento ad altissima resistenza, qui impiegato per la prima volta in un progetto civile. E i solai sono post tesi: il calcestruzzo viene compresso con dei cavi d’acciaio «strizzati» all’interno. «Oggi metodi e materiali cambiano in fretta — spiega Michele Masnaghetti, ingegnere nonché direttore dei lavori al progetto — e cambia anche il nostro lavoro».

Cambia perché cambiano i progetti, cambiano i profili professionali, come anche l’attenzione all’ambiente, un elemento ormai radicato nel tessuto genetico di numerose imprese e lo testimoniano le tante ditte improntate all’ecosostenibilità presenti a Made Expo. Per dire: anche l’Italia comincia a chiedere la certificazione LEED, Leadership in energy and environmental design: parametri rigorosi, come l’approvvigionamento dei materiali «a chilometro zero», molto vicini al cantiere. O l’incentivo all’uso della bici eliminando il box auto. Criteri che cambiano il lavoro. Di architetti, ingegneri, operai.

La formazione degli operatori diventa essenziale: devono avere dimestichezza con malte ecologiche, intercapedini sottili, sistemi anti rumore. E, visitando il cantiere del Bosco Verticale, si nota che molti operai parlano tedesco: arrivano dal Sud Tirolo e dall’Alto Adige, provincia capofila da anni in questi nuovi sistemi (si pensi alla bolzanina certificazione CasaClima, che valuta la sostenibilità e l’efficienza energetica di un edificio). Ma intanto, dalle parti di Porta Nuova Isola, il pensiero corre alla linea della metropolitana che passerà nelle immediate vicinanze delle case. E l’innovazione arriva sottoforma di speciali ammortizzatori nelle fondamenta (quasi dei cubi gommosi) per attutire gli effetti.

«È evidente quindi — continua Masnaghetti — come cambiano anche i criteri della progettazione in questo ambito». Se prima lo schema era quello classico, con fondamenta, muri e rivestimenti, adesso si cerca di risparmiare tempo nelle operazioni base e se ne impiega di più nelle «rifiniture ambientali». Esempio: grazie ai cosiddetti casseri rampanti (speciali ponteggi che non hanno bisogno di essere smontati e rimontati ogni volta) si risparmia il cinquanta per cento del tempo rispetto a un lavoro tradizionale. Così non solo si procede più spediti, ma anche le condizioni dei lavoratori migliorano. Ma la vera grande scommessa è l’ecosostenibilità ed è quella, a detta degli esperti, che presto farà la vera differenza. Per esempio: alcuni palazzi utilizzeranno l’acqua di falda (di cui Milano è molto ricca) attraverso una pompa con cui produrre caldo e freddo. Così i progettisti non ragionano più in termini di caldaia classica, ma con occhi nuovi.

Ci sono i sistemi di irrigazione del verde con riuso dell’acqua piovana e gli operai dovranno fare i conti con questi impianti, non nuovissimi ma nemmeno canonici nell’edilizia tradizionale. Ci sono i pannelli fotovoltaici e si richiedono le competenze adatte per il montaggio e la manutenzione. «Certo — dice l’ingegnere — la formazione abbraccia campi sempre più diversi». Si cercano figure che sappiano lavorare in squadre sempre più allargate e diversificate, muratori che collaborino con altri artigiani. Gli architetti pensano non più solo in termini di efficienza energetica ma anche di «dialogo» tra casa e città, casa e quartiere. Come dice l’eco-attivista Jeremy Rifkin: «Il futuro è condivisione».
Roberta Scorranese