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 2011  ottobre 04 Martedì calendario

3 articoli – UN MONDO DA (RI)COSTRUIRE - Secondo Oriol Bohigas, l’ architetto e urbanista catalano (nato a Barcellona il 20 dicembre 1925), sembra non esserci alcuna ombra di dubbio: il «futuro della città» (perché, sempre secondo Bohigas, di «città del futuro» non è davvero il caso di parlare) è sicuramente molto, ma molto complicato, anche per un grande teorico e storico dell’ architettura come lui, che «da sempre si è contraddistinto per la sua decisa volontà di rinnovamento della cultura progettuale moderna»

3 articoli – UN MONDO DA (RI)COSTRUIRE - Secondo Oriol Bohigas, l’ architetto e urbanista catalano (nato a Barcellona il 20 dicembre 1925), sembra non esserci alcuna ombra di dubbio: il «futuro della città» (perché, sempre secondo Bohigas, di «città del futuro» non è davvero il caso di parlare) è sicuramente molto, ma molto complicato, anche per un grande teorico e storico dell’ architettura come lui, che «da sempre si è contraddistinto per la sua decisa volontà di rinnovamento della cultura progettuale moderna». Una complicazione che in qualche modo si aggrava quando questo futuro riguarda una realtà urbana «forte» e «impregnata di storia», come quella delle nostre città (italiane, spagnole, del vecchio Continente in genere), spesso create secondo le auree regole (estetiche e filosofiche) del Medioevo e del Rinascimento. Anche per Bohigas è così difficile confrontarsi con modelli «impareggiabili e inimitabili» come Firenze o Roma. Ma c’ è una possibilità: «Ogni nuovo insediamento deve prendere origine non per motivi economici, ma potremmo dire etici. La città deve pensare prima di tutto all’ uomo che l’ abiterà, trovare il proprio senso non nelle lottizzazioni o nel guadagno, ma in quello che può offrire ad ogni individuo». Fondatore nel 1951 del Gruppo R, creatore della Scuola di Barcellona, di cui sarà poi teorico e promotore; anima di quello studio MBM che ha firmato numerosi progetti per abitazioni nella sua Barcellona (i complessi di via Escorial, via Pallars, via Roger de Flor, la Scuola Thau); responsabile del coordinamento per il nuovo assetto urbanistico della città designata nel 1986 sede dei Giochi olimpici del 1992 ( Ricostruire Barcellona è anche il titolo del saggio pubblicato in Italia nel 1993 da Etas), Bohigas attualmente sta lavorando al progetto della nuova stazione ferroviaria di Parma (continuando su una strada che l’ ha spesso portato a misurarsi con la pubblica amministrazione): «Sarà una piazza piena di verde, una piazza che correrà non solo in superficie ma anche sotto i binari della ferrovia e che potrebbe essere pronta entro un anno se tutto va bene». E al nuovo museo del Design di Barcellona: «Stessi tempi di Parma, trentamila metri quadrati di spazi per le collezioni di ceramiche, oggetti, abiti, graphic design». Il «futuro delle città» è sicuramente un argomento importante nel percorso professionale dell’ architetto che proprio a questo tema dedicherà la sua lectio a margine del Saie di Bologna (venerdì 7 ottobre, alle 17.30). Anche perché «oggi è assolutamente necessario ripensare i nostri modelli» chiarisce Bohigas a suo tempo insignito della medaglia d’ oro del Royal Institute of British Architects. «Ma perché questi modelli siano davvero praticabili è necessario impostare ogni progetto secondo tre principi che considero fondamentali perché il lavoro di un architetto abbia oggi senso: la polifunzionalità; la complessità, la leggibilità». Ad una prima impressione sembrerebbero solo elementi di un discorso estetico urbano («Lavorare in Italia mi è sempre piaciuto, perché mi piace l’ Italia e mi piacciono gli Italiani - ha detto Bohigas in più occasioni -, ma una struttura gestionale della città e del territorio come quella italiana crea difficoltà che non dovrebbero esistere»). Ma non è così perché il professor Bohigas è da sempre abituato a confrontarsi con la realtà: in qualche modo lo dimostrano gli oltre cinquecento progetti da lui realizzati in collaborazione con MBM Arquitectes con Joseph Martorell, David Mckay, Oriol Capdevilla, Francesc Gual. Tre cardini Ecco dunque l’ idea di una città «polifunzionale»: «Perché non deve essere organizzata e divisa, ad esempio nei suoi quartieri, in modo rigido. E quindi quartieri che cambiano in continuazione abitanti, per mantenersi vivi» (Quasi un elogio della Città che sale alla Boccioni). E ancora una città complessa: «Perché densa, non tanto per il numero degli abitanti, ma per la varietà e la differenza di razze, reddito e bisogni». E infine «una città leggibile»: in quanto facilmente comprensibile nella sua organizzazione anche per i non addetti ai lavori, «senza, ad esempio, edifici sorprendenti che facciano notizia, ma di cui non sia stata ben definita la concreta destinazione». Altra questione fondamentale per Bohigas è poi quella delle periferie: «Il problema è sostanziale soprattutto per le città classiche, ad esempio quelle europee, italiane e spagnole comprese. Sono nella maggior parte città equilibrate, ragionate, ma dove le nuove periferie sono quasi sempre un vero disastro». Bohigas boccia così il contorno urbano di città d’ autore come Firenze o Milano, promuovendo invece quello di Salerno, di cui (non va dimenticato) lo stesso Bohigas ha curato il piano regolatore («Una elaborazione riuscita», la definisce). Giudizi che nascono anche dall’ esperienza di progetto di recupero di aree periferiche come quella dell’ area della seconda stazione ferroviaria di Pescara o del riassetto urbanistico di Mola di Bari e della costa tirrenica tra Mortelle e Tono. Forse anche per questa sua passione per il lato etico del progetto, l’ invito che Bohigas costantemente ribadisce (oltre alla valorizzazione delle periferie) è quello di recuperare gli stessi spazi abbandonati (più o meno antichi) all’ interno dei nostri nuclei urbani, «rendendoli vivi con nuove funzioni, ravvivando così lo stesso tessuto urbano». Torna così il sogno di un’ architettura finalmente morale: «I nuovi edifici non possono nascere solo da necessità economica o speculazione». Perchè, «proprio come nel Rinascimento, tutto deve cominciare dall’ uomo, non dal denaro». Stefano Bucci GREEN BUILDING E TECNOLOGIE. IL CANTIERE E’ RESPONSABILITA’ - Tecnologie funzionali, servizi e materiali innovativi, il futuro delle costruzioni è sempre più segnato da un’efficienza che conduce a una grande architettura di responsabilità civile. A cui si devono allacciare imperativi come sostenibilità, green building, integrazione perfetta tra edificio e produzione di energia, nuovi materiali di costruzione, riqualificazione urbana e recupero. Pilastri su cui ha puntato molto il Saie di Bologna, il grande Salone internazionale dell’industrializzazione edilizia che si avvicina a compiere cinquant’anni e che da domani a sabato offrirà un momento in più per ragionare sul futuro del settore. Non solo con i suoi oltre mille espositori sparsi per oltre 70 mila metri quadri, ma anche con il convegno di venerdì mattina «Una nuova politica edilizia per la città e il territorio. Riqualificazione urbana e sostenibilità», a cui parteciperanno il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Altero Matteoli, il presidente dell’Ance Paolo Buzzetti, il presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani, l’assessore regionale alle Attività produttive Gian Carlo Muzzarelli e Virginio Merola, Massimo Cialente e Piero Fassino, rispettivamente sindaci di Bologna, L’Aquila e Torino. Alla conferenza verranno affiancate le illustrazioni sul rilancio urbano di Rio de Janeiro e Plan Bâtiment Grenelle e la lectio magistralis dell’architetto spagnolo Oriol Bohigas. La nuova età della pietra Tre le macroaree in cui si suddivide questa quarantasettesima edizione del Saie — energia e sostenibilità, cantiere e produzione, Saieservizi per progettare e costruire — che si coniugano con diversi approfondimenti. Ci saranno appuntamenti per apprendere i cambiamenti monitorati dall’Osservatorio nazionale sui regolamenti edilizi, corsi di formazione sul fotovoltaico, una serie di seminari con delegazioni estere su macchine per la prefabbricazione in un’ottica di riduzione dei costi. Verrà riproposta «Saie new stone age design», che mira ad aprire il settore della pietra naturale e del marmo ai nuovi mercati, mentre la ceramica e i laterizi avranno un loro stand informativo di mille metri quadri. Tra le tante novità un intenso programma di incontri professionali dedicati agli amministratori condominali con «Saiecondominio» e domani il primo «Construction equipment day», un’intera giornata di dibattiti e tavole rotonde dedicata al settore degli strumenti e delle attrezzature per costruzioni. Giovani premiati È invece giunto al terzo anno il concorso «SaieSelection 2011. Innovare, Integrare, Costruire — Soluzioni innovative sostenibili», che domani premierà gli otto vincitori selezionati dalla giuria presieduta da Mario Cucinella e composta fra gli altri dal professor Brian Ford e dagli architetti Françoise Hélène Jourda e Matteo Thun (oltre 160 i progetti arrivati). A ricevere l’onorificenza nel corso del forum «L’architettura delle nuove generazioni» saranno Nicola Bettini, HArquitectes + dataAE, LAN Architects — Umberto Napolitano, CAFèARCHITETTURA — Devis Busato per la categoria progettisti under 40; Silvia Finco, Rosan Qubti-Samer Hakim, Gloria Gerbaudo, Anna Maccario, Tim Nørlund Jensen per la categoria studenti. E ancora sul tema sostenibilità saranno protagonisti altri studenti: quelli dell’Università Roma Tre e del Laboratorio di Disegno Industriale della Sapienza con la loro «Med in Italy», una casa autosufficiente che parteciperà al concorso internazionale Solar Decathlon 2012 di Madrid. Il progetto, in mostra nella piazza centrale del Saie, lavora sul concetto di «Mediterraneità» intesa come patrimonio storico delle conoscenze costruttive tradizionali e perciò si compone di un tetto fotovoltaico, sistema idrico a riciclaggio e muri con casseforme riempite di sabbia per affrontare il clima caldo delle estati del Mare nostrum. Come poi va di moda da qualche anno per buona parte delle kermesse ospitate dalla Fiera di Bologna, anche il Saie avrà i suoi eventi off, quest’anno per la prima volta. La città dunque si animerà già da oggi con dibattiti, il Festival di Cinemarchitettura alla Cineteca, mostre fotografiche, spettacoli di danza all’Arena del Sole e studi privati aperti eccezionalmente al pubblico. Andrea Rinaldi URBANISTICA&CO: LA COMMUNITY CHIACCHIERA SU SKYSCRAPERCITY - Non si vive di sola teoria, ma anche sporcandosi le scarpe nei cantieri, consapevoli di essere quelli che meglio di ogni altro possono capire quando un’idea è realizzabile. Perché hanno l’occhio dell’architetto e la testa di un ingegnere. Alessandro Bombaci ha 39 anni. È al terzo anno di università al Politecnico di Milano quando nel suo corso di laurea in Ingegneria si apre una finestra sul mondo che amava fin da piccolo. Quando la mamma lo portava in giro facendogli notare i dettagli architettonici di case e palazzi. Il corso di laurea in Ingegneria Edile — Architettura è un ibrido che ha conquistato tanti futuri ingegneri under 40. Un’evoluzione dalla figura dell’architetto di interni a quello più tecnico e pratico. «Studiavo per costruire metropolitane: appena è stato possibile sono stato tra i primi a virare», racconta Bombaci. «Un riversamento di massa: tanti ci invidiavano perché era l’unico corso di Ingegneria con qualche ragazza, ma finimmo in mezzo alle critiche di entrambe le categorie professionali». Gli ingegneri tradizionalisti la videro come una svolta di carriera verso il basso, gli architetti non gradirono che qualcun altro andasse a rompere le uova nel loro paniere. Non a caso, per molti l’approccio lavorativo fu complicato. Il rischio di non essere né carne né pesce fu superato con le prime visite in cantiere. «Spiegavo gli schizzi degli architetti agli operai», spiega Bombaci. «Un ruolo sempre più utile per raddrizzare il tiro alla prova dei fatti». Dal 2005 Bombaci è un «architetto di campo» in uno studio a Milano. «Non sarò mai visionario come Zaha Hadid, ma in tempi di crisi restare con i piedi nella terra dei cantieri aiuta molto». Come tutti i colleghi Bombaci ogni giorno rimane aggiornato sfogliando le riviste di architettura. Come solo quelli più giovani cerca i lavori più innovativi sulla Rete. A un anno dal crollo delle Torri Gemelle, un olandese di Rotterdam di nome Jan Klerks fondò uno dei forum più seguiti al mondo. Pochi sanno qualcosa di lui, se non che la sua creatura oggi corre da sola. SkyscraperCity è un immenso contenitore di parole e immagini, progetti compiuti o ipotesi su quel che sarà delle forme di domani. Più di 500 mila iscritti, 47 mila post contenuti nelle varie sezioni di ogni Paese. Si parla di urbanistica, di architettura legata al territorio, eppure in alcuni paesi è tra i siti più cliccati ogni giorno. In Polonia e Brasile in particolare non teme confronti nemmeno con l’industria del porno gratuito sul Web. L’11 settembre del 2002 è partito per continuare a parlare di grattacieli dopo le Twin Towers. Oggi è un riferimento assoluto per la gente del settore. Marco Montella, 36 anni, è uno dei quattro moderatori della versione italiana di SkyscraperCity, che vanta migliaia di utenti ogni giorno. «È discutendo che nascono gli spunti migliori» racconta, lui che dirige l’orchestra facendo da filtro ai contributi meno ortodossi. «La credibilità di un forum dipende dalla cultura di chi lo frequenta, fin dall’inizio». A differenza di un blog, qui sono tutti sullo stesso piano. Chiunque può mettere un’idea sul tavolo virtuale, per condividerla e magari correggerla. C’è l’architetto famoso nascosto dietro al velo di un nickname, come il cittadino qualunque che aprendo la finestra «posta» la sua visuale di un cantiere. Una comunità di appassionati che spesso esce dai confini della Rete per finire insieme a cena e parlare di progetti, come di vita comune. Montella, che nella vita fa il commercialista, continua a coltivare la sua passione per l’architettura così. Proprio con tre forumer conosciuti su SkyscraperCity, tre anni fa, ha formato Urbanfile, una sorta di Wikipedia dell’architettura. Chi si iscrive carica materiale. «Al caos delle discussioni abbiamo deciso di affiancare schede più leggibili», spiega. Partito come realtà italiana, presto avrà le prime sezioni estere e domani ha organizzato in Galleria a Milano una tavola rotonda sul tema: «L’architettura è felicità, l’architettura vista dal Web». Settimana scorsa, probabilmente non a caso, ha tagliato il traguardo di due milioni di visite. Stefano Landi