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 2011  ottobre 04 Martedì calendario

La storia dimenticata dei patrioti in tonaca - Alla mole immane dei saggi sul Risorgimento e sull’Unità s’ag­gi­ungono adesso quattro volu­metti - edizioni del Capricor­no, euro 8,90- che Aldo A

La storia dimenticata dei patrioti in tonaca - Alla mole immane dei saggi sul Risorgimento e sull’Unità s’ag­gi­ungono adesso quattro volu­metti - edizioni del Capricor­no, euro 8,90- che Aldo A. Mola ha dedica­to a «un Paese speciale»: ossia all’Italia di­venuta Stato. Aldo A. Mola, noto e apprez­zato come cultore di studi sul suo conter­raneo Giovanni Giolitti, è un risorgimen­talista convinto. Ma sbaglierebbe di gros­so chi ritenesse che questi saggi di Mola appartengano a una certa bibliografia en­comiastica, senza riserve, degli avveni­menti d’un secolo e mezzo fa: oppure ad una bibliografia impegnata ad asservirli, quegli avvenimenti,alle polemiche d’og­gi. Sulle polemiche Mola interviene, ma a modo suo. Monarchico e moderato, sta con Vitto­rio Emanuele II e con Cavour, rispetta Mazzini. Ma, rispettosissimo anche della Chiesa, inneggia addirittura a Pio IX: che «grande Papa e grande italiano, invocò che Dio conservasse sempre al Paese il dono preziosissimo fra tutti, la fede». In verità invocò anche il ritorno del potere temporale, e scomunicò senza fare scon­t­i chiunque avesse contribuito alla sua fi­ne. Forse Mola eccede in indulgenza ver­so alcuni estremismi ed estremisti cleri­cali. Riconosce doti di cultura a padre An­tonio Bresciani, autore di libri popolaris­simi imb­evuti di antisemitismo e di accu­se al complotto massonico contro la Chie­sa. L’opera più famosa del padre s’intito­lò L’ebreo di Verona , e fu pubblicata a puntate sulla rivista dei gesuiti, Civiltà Cattolica . Sottolinea Mola che L’ebreo di Verona ebbe decine di edizioni. «Ne ven­nero vendute cento volte più copie dei Promessi Sposi , e centomila più delle poe­sie di Giosuè Carducci il cui editore, Zani­chelli, per invogliarne l’acquisto, le pro­pose con un’inserzione dei rimedi con­tro le infezioni vaginali». Tutto questo dimostra sia lo scrupolo di Mola come narratore sia la sua atten­zione non pregiudizialmente ostile nei confronti del mondo cattolico. Anche se certi nomi ci sono rimasti in mente dai banchi di scuola e anche se qualche vicen­da la ricordiamo, bisogna riconoscere- al­meno per quanto mi riguarda io lo ricono­sco - che in questa nostra età diffidente e dissacratoria i patrioti con la tonaca non godono di molto favore. La duplice dam­natio della loro memoria - da partre dei clericali e da parte dei laici-è tipica d’una cultura e d’una società che mirano alla contrapposizione netta tra la luce e le te­nebre, tra il bene e il male. Ma meritano incondizionata ammirazione quei prela­ti animosi che che furono eletti nelle as­semblee del 1848- 1849 o che- non nel mo­mento eroico delle battaglie, ma nel cor­so della lunga lotta tra lo Stato e la Santa Sede- si schierarono con lo Stato. Come il teologo Carlo Passaglia che lanciò una «petizione a Pio TX e ai vescovi», sotto­scritta da novemila sacerdoti, (in gran parte del basso clero meridionale) «per conciliare la Chiesa con il regno de’ Ita­lia ». Tra le annotazioni di Mola sul clero cito quella riguardante don Luigi Tosti, abate napoleano, che affidò a Pio IX una sua Storia della Lega Lombarda accom­pagnandola con parole palpitanti: «Con questo volume nelle mani, padre beatissi­mo, addimandate se siamo figli di quei lombardi che, ammogliato il romano pontefice alla libertà della Patria, seppe­ro con immacolato sangue difenderlo». Il ripercorrere il Risorgimento suscita insieme malinconia- per le sue pochezze e meschinità- e orgoglio, per le sue indub­bie grandezze. Lo volle una esigua mino­­ranza d’italiani, nell’ordinamento cavou­riano votava l’ 8 per cento dei cittadini ma­schi. I neoborbonici ne traggono motivo per rivendicare la legittimazione popola­re e i meriti del Regno del sud. L’Italia emersa dal censimento del 1871 contava un 69 per cento di analfabeti. Che tutta­via in Lombardia e in Veneto erano poco più del 40 per cento, mentre nella massi­ma parte del prospero Regno delle due Si­cilie erano all’incirca il novanta per cen­to. Mi pare dimostrato che l’ancién régi­me aveva forse le casse gonfie d’oro, ma non giovava molto all’istruzione.